TESTAMENT

Testament, prepotentemente Testament: il thrash metal della Bay Area, California, passa inevitabilmente da loro, dagli assoli contorcenti di Eric Peterson e Alex Skolnik, dalla voce graffiante e possente del mastodontico Chuck Billy, nativo americano con un cuore enorme ed una tenacia guerriera. Che lo ha fatto combattere sempre, prima per difendere la causa dei suoi indios, e poi per battere un tumore alle corde vocali che a inizio millennio sembrava la fine di tutto. I testament arrivano cronologicamente dopo i quattro pilastri classici del thrash e si collocano stilisticamente a metà tra Metallica e Slayer: più cattivi dei primi ma più melodici e dal ritornello esaltante dei secondi, in un mix esplosivo di energia che corre a velocità estrema sulle rullate indiavolate e i riff seghettati. Thrash metal al mille per cento è quello seminale degli album d’esordio, l’inarrivabile ‘The Legacy’ (ex moniker della band) e l’altrettanto valido ‘The New Order’: due cazzotti in faccia. Cresciuti e maturati tecnicamente, i Testament hanno allargato la loro gamma melodica col thrash meno violento di ‘Pratice What You Preach’ e ‘Souls Of Black’. ‘The Ritual’ (1992) è il loro esperimento commerciale, il loro album più debole. Gli anni ’90 sono segnati da numerosi cambi di formazione. Il sound torna spesso e grezzo con ‘Low’ e soprattutto ‘Demonic’, quest’ultimo un vero e proprio balzo nel death metal con tanto di cantato grawl di Chuck Billy. Nel 1999 esce ‘The Gathering’, che si colloca assieme ai primi due album tra i masterpieces imprescindibili del combo americano: thrash metal devastante, tellurico, crudele e ultra melodico. Rischiato lo scioglimento a causa della malattia del vocalist, i Testament rinascono dalle proprie ceneri e tornano nel 2007 con ‘The Formation Of Damnation’, un altro capitolo roccioso e tremendamente assassino in una discografia quasi senza punti deboli.

LA DISCOGRAFIA AI RAGGI X

THE LEGACY (1987): Il debutto dei Testament è un album fondamentale grazie alla freschezza ed alla dinamicità delle nove canzoni proposte, che ad oggi sono quasi tutte considerate come alcuni dei grandi classici. Thrash metal puro e rovente direttamente dalla Bay Area! THE NEW ORDER (1988): The New Order è il secondo album dei Testament. Mentre il primo disco era molto ispirato al sound degli Slayer, questo lavoro si presenta più melodico, più tecnico e più curato nei suoni. PRATICE WHAT YOU PREACH (1989): Practice What You Preach brilla per un thrash Bay Area tecnico e maturo. Il passaggio dalla furia dei primi due album al sound più morbido degli anni '90. SOULS OF BLACK (1990): Sempre più padri di uno thrash style personale e apprezzato, i Testament concludono la prima parte della loro carriera con un altro ottimo disco, premiato per la musicalità e per il livello tecnico maturato dal quintetto. THE RITUAL (1992): Accantonata la rabbia omicida e colpiti dalla 'Black Album mania', i Testament (come tanti gruppi thrash) pubblicano nel 1992 un album più commerciale. LOW (1994): La caratteristica più evidente è una potenza e un'aggressività disarmanti, assolutamente il contrario del thrash tecnico e melodico ascoltato negli ultimi album: qui domina la cattiveria, la furia, la velocità. DEMONIC (1997): Musicalmente senza compromessi l'album è la non del tutto naturale continuazione di quanto il gruppo aveva fatto con il precedente 'Low'. Prosegue, estremizzandolo, l'avvicinamento alle sonorità Death Metal accennate in quel lavoro, appesantendo ulteriormente il sound per creare un impenetrabile muro sonoro. THE GATHERING (1999): L’album è intriso in molti dei suoi punti di un’atmosfera quasi horror che contribuisce ulteriormente a definire la bellezza di questa proposta musicale, evidentemente tesa al thrash metal duro e puro ma che lascia spazio alla costruzione di situazioni melodiche forti e originali. n cinque parole: un futuro classico del genere. THE FORMATION OF DAMNATION (2007): Che siano i Testament si sente, il sound è il loro ed è impossibile non riconoscerlo, ma rispetto ai precedenti lavori si nota una maggiore maturità, un sound più moderno ed una certa ricercatezza che invece mancava totalmente nel sound furioso e violento dei lavori precedenti.

INTERVISTA A VIC ZINO (HCSS)
WILD BOYS OF ROCK'N ROLL

DA 'METALITALIA.IT'. Spinti sempre più in alto da una freschezza compositiva non comune e dai loro coinvolgentissimi live show, gli Hardcore Superstar sono oggi una delle formazioni più brillanti in quello che da loro stessi è stato definito come street metal. Uno sleaze rock dai marcati connotati metal che ha il grande vantaggio di risultare appetibile sia a chi ascolta hard rock che agli amanti di sonorità più pesanti. Loro riescono a muoversi in questo genere con disinvoltura e un taglio moderno tale che stanno a poco a poco guadagnando fan anche tra i ragazzi più giovani. L'Italia è certamente uno degli stati dove il quartetto svedese è più seguito e Metalitalia.com ha avuto il piacere di scambiare due chiacchiere via telefono con un telegrafico Vic Zino, il loro nuovo chitarrista.

Bene Vic, parliamo del nuovo disco: puoi parlarcene paragonandolo ai precedenti? “Sì, direi che il nuovo 'Beg For It' è un mix tra 'Hardcore Superstar' e 'Dreamin' In a Casket'. Può essere visto come qualcosa che sta esattamente nel mezzo”. Direi che è più rock 'n' roll del precedente. Non che non sia heavy, intendiamoci, ma credo che abbia un taglio un po' più rock”.

Su quali temi si basano i testi? "Mmm... direi la follia umana e infatti alcuni titoli sono 'Nervous Breakdown', 'Illegal Fun', 'Into Debauchery".

Sentivate pressione dopo due dischi ben accolti da stampa e fans? “Assolutamente sì, io poi ero nuovo e sentivo di dover dare il meglio di me stesso. Ho sentito la pressione ma credo che fosse una pressione positiva, senza la quale non saremmo riusciti ad ottenere un risultato così buono”.

Comem sono andate le sessioni di registrazione? Avete utilizzato un approccio live? “No, questa volta non abbiamo registrato nulla con un approccio live. Per dare comunque un taglio live ai pezzi, abbiamo registrato le parti base di chitarra, basso e batteria nel garage di Adde, ma poi abbiamo registrato tutte le parti definitive separatamente”.

Come ci si sente ad essee parte di questa band? “Ovviamente è grandioso. In realtà sono nel gruppo da un anno e mezzo e devo dire che mi trovo molto bene. La band, la crew, i fan, è tutto fantastico e credo che non potrebbe andare meglio!”.

Vuoi raccontarci in che modo sei entrato a far parte del gruppo? “Successe quando ancora suonavo nei Crazy Lixx e facevamo da supporto agli Hardcore Superstar in tour inglese di sette date. Ricordo che l'ultimo giorno a Londra, Thomas (Silver, l'ex-chitarrista degli Hardcore Superstar, ndR) disse agli altri membri della band che non avrebbe più voluto suonare. Loro stavano discutendo nel piano inferiore del tourbus mentre io mi stavo esercitando al piano superiore. Salirono e mi chiesero se potevo scendere perchè dovevano parlarmi. Io scesi e mi chiesero se potevo suonare con loro per il resto del tour mondiale come sostituto temporaneo. Non mi tirai indietro e le cose andarono talmente bene che mi chiesero se volevo entrare nella band come membro definitivo. Ovviamente accettai”.

Sai dirci erchè Silver decise di lasciare la band? “Credo che non ci fosse un motivo particolare, non c'era nessun problema tra lui e la band. Credo che fosse solo stanco di fare tour, di stare lontano da casa per tanto tempo; insomma, era stanco della vita on the road”.

Registrerete un dvd live per le date di supporto a Beg For It? “Non so, ne dobbiamo ancora parlare. Non so se lo faremo in questo tour e credo se ne riparlerà forse tra un po'”.

In Svezia avete raggiunto un buon livello di notorietà, ma come vanno le cose all'estero? “Sì, come hai detto tu in Svezia per noi le cose vanno alla grande e anche in Italia e Spagna. In Giappone poi è assolutamente fantastico. Abbiamo bisogno di fare qualcosa in più in Europa”.

E Negli Stati Uniti? “Andremo negli Stati Uniti in agosto per suonare al Rock Gone Wild Festival e magari faremo anche un paio di date extra, ma al momento non abbiamo ancora definito”.

E' il vostro primo disco con la Nuclear Blast: siete soddisfatti? Cosa vi aspettate dalla nuova etichetta? “Sì, ci aspettiamo di guadagnare terreno con la Nuclear Blast, come l'America del Nord e del Sud, il resto d'Europa. Contiamo che l'etichetta porti gli Hardcore Superstar ad un livello superiore”.

Se dovessi scegliere un album da consigliare ad un lettore che ancora non vi conosce quale sceglieresti? “'Beg For It'!!! (risate, ndR)”.

Ok, ok, ma a parte questo? “Vediamo... direi 'Dreamin' in a Casket'”.

Com'é la vostra vita quotidiana? Date un'immagine tipicamente sex, drugs & r'n'r. “Mmm... niente droga”.

Quindi solo sesso e rock'n'roll. “(ride, ndR) Sì, rock 'n' roll, del buon rock 'n' roll; niente sesso, ognuno di noi ha la propria ragazza a casa”.

Chi é il più pazzo nella band? “Adde... sicuramente!”.

Qual'è la cosa piu ridico a che ti è successa in uno show? “Nell'ultimo tour eravamo in Spagna ed era il compleanno di Jocke. Ci eravamo preparati delle torte e ad un certo punto gliele tirammo. C'era talmente tanta torta sulle assi del palco che mentre camminavo da una parte all'altra caddi e presi una gran botta in testa. La gente se ne ando' (ride, ndR)”.

Per quale band più di ogni altra ti piacerebbe fare da spalla in tour? “Purtroppo non potrebbe mai accadere perchè il chitarrista (Dimebag Darrell, ndR) è stato ucciso sul palco, ma direi proprio i Pantera. Una vera tragedia che sia scomparso”.

E' Darrell il tuo idolo come chitarrista? “Sicuramente Dimebag, e Slash”.

Esprimi un giudizio sui seguenti album hardrock: Chinese Democracy (Guns n' Roses): “Lo adoro!”. Saints Of Los Angeles (Motley Crue): “Non è male, ma preferisco 'Chinese Democracy'”. Black Ice (AC/DC): “Ottimo disco anche questo, mi piace parecchio”.

OK Vic, grazie mille, a te un ultimo messaggio per i lettori. “Ciao ragazzi, ci vediamo in tour. Spero che compriate il nostro nuovo disco e che vi piaccia almeno tanto quanto è piaciuto a noi registrarlo! Ciao!”.
CHUCK BILLY

CHUCK BILLY (23 giugno 1962) è un cantante statunitense, membro del gruppo thrash metal Testament dal 1986. Nativo americano proveniente dal nord della California, assieme al chitarrista e leader del gruppo Eric Peterson, è l'unico membro originario rimasto, dall'uscita del primo disco, The Legacy (1987). Dotato di una voce molto potente ed aggressiva, il suo stile ha subito un radicale cambiamento negli anni. Negli anni '80 (considerati "epoca d'oro" dei Testament) aveva una voce rauca ma più incentrata sugli acuti e anche una timbrica pulita (specie in brani come The Legacy e Return To Serenity). Col passare degli anni (a partire da Low, album pubblicato nel 1994) la band ha incorporato elementi Death Metal nel suo stile e Chuck ha diversificato il suo canto con toni growl. Chuck ha sempre sostenuto la causa dell'integrazione degli indiani d'America nella società ed è fiero delle sue origini nativo-americane (due brani dei Testament, Trail of Tears e Allegiance, sono un tributo di Chuck al suo popolo). Prima di far parte dei Testament ha militato in diversi gruppi heavy metal della bassa California. Colpito da una rara forma di tumore alla gola alla fine del 2000, sembra esserne guarito completamente. Oltre ai Testament, Chuck ha cantanto dei brani nei due album solisti del chitarrista James Murphy e ha partecipato ad un tour recente con gli Exodus. Ha un fratello, Eddie, che suonò il basso nella thrash metal band (ormai sciolta) dei Vio-Lence. Con questo, e con il cugino Andy Billy, Chuck nel 2007 ha inciso un disco con i Dublin Death Patrol, che ha la particolarità di avere come cantante oltre al già citato Chuck, il primo cantante dei Testament] e poi più noto come singer degli Exodus Steve 'Zetro' Souza.

METALLICA LIVE AT MILANO: 22.06.09
HORSEMEN LIVE IN ITALY


MILANO (Datch Forum, 22 giugno 2009)- Undici mesi dopo l’assalto all’Arena Parco Nord di Bologna, i Metallica tornano in Italia e lo fanno, ancora una volta, in forma smagliante. Il 2008 era stata l’occasione buona per tramortire i fan con una ricca mitragliata di classicissimi d’annata (una scaletta da sogno, pressoché perfetta per i seguaci dei Quattro Cavalieri in salsa ottantiana), tanto per farsi la bocca in vista della parata pro-Death Magnetic che va in scena al Datch Forum di Assago, nel bel mezzo del tour mondiale del nuovo disco. Chi ha pogato a Bologna ed era anche a Milano ha vissuto sulla propria pelle una dose di emozioni difficili da dimenticare. L’attesa per l’entrata sul gigantesco palco della band californiana è stata mitigata dalla presenza di due spalle non da poco: mezz’oretta di Mastodon è bastata a scorporare il sound complesso e progressista di una band forse un po’ fredda ma comunque di professionalità estrema. I Lamb Of God hanno messo un po’ di sale –leggasi: furia thrasheggiante- alla serata, scaldando la folla prima del momento più atteso. Luci basse, ‘The Ecstasy Of Gold’ che preannuncia l’ingresso dei Metallica, la roboante ‘That Was Just Your Life’ che apre la notte dei brividi. Riuscitissimo il primo pezzo, così come la successiva ‘The End Of The Line’, altro brano nuovo. L’unica cosa che ha penalizzato l’esibizione è stata, forse, la scelta di tenere le luci spente fino al termine della seconda traccia, annacquando l’adrenalina di chi aveva ancora il fiato sospeso nell’attesa di vedere i propri beniamini.

Chi ha seguito tutte le scalette del tour sapeva che la terza canzone sarebbe stato un classico: infatti la band estrae dal cilindro nientemeno che ‘Disposable Heroes’, un megalitico assalto a briglia sciolta che è, secondo molti, uno dei pezzi migliori dell’intera discografia Metallica. Pogo e sudore hanno ormai già preso piede largamente nel palazzetto, che riesce a scaldarsi anche per la minore ‘The Memory Remains’, unico estratto del periodo 1996-2003: i cori del pubblico unanime, piazzati in luogo dei rantoli di Marianne Faithfull, danno tutta un’altra cera a un pezzo comunque discreto. Dopodiché è ripartito il ‘Death Magnetic show’: la terremotate ‘My Apocalypse’, che ricorda ‘Damage Inc’, ha scatenato una furia degna dei pezzi storici sotto al palco; la stessa ‘All Nightmare Long’ ha agitato il Datch Forum, dalla platea alla tribuna.

James Hetfield è sembrato in grandissima forma, sia dal punto di vista vocale che di carisma e presenza scenica, interloquendo col pubblico come sempre e scaldandolo come solo lui sa fare. Anche gli altri componenti della band si sono presentati molto bene, discorso che tocca in maniera significativa Lars Ulrich: il batterista sembrava molto concentrato e si è dato un gran da fare per smentire chi lo accusa di imprecisione e bassi mezzi tecnici. Fortunatamente la band ha evitato di suonare ‘Cyanide’, unico brano riempitivo dell’ultimo disco. La semiballad ‘The Day That Never Comes’, iniziata con Hetfield seduto su un amplificatore, nel buio, ha messo i brividi ai presenti. La sua ascendente diretta, ‘One’, ha suscitato sensazioni ancora più vibranti.

Sugli spalti, naturalmente, abbondavano fans non metallari, presunti poser e ragazzini imberbi: gente che si è esaltata durante le hit del Black Album (in particolare ‘Sad But True’), presenze purtroppo fisse per accontentare chi ama i Metallica dal momento del loro ingresso nel mondo del mainstream. Triste dover annotare l’assenza di leggende come ‘For Whom The Bell Tolls’, o dell’opener classica ‘Creeping Death’. Del resto, con una scaletta infarcita dei pezzi nuovi, non si poteva nemmeno sperare in qualcosa di più vintage. Per i fans di vecchia data è stato però preparato un trittico imponente, in modo da accontentare proprio tutti. Assolutamente straordinaria, probabilmente il miglior pezzo di serata, la velocissima ‘Fight Fire With Fire’: un tuffo nel passato a ritmi folli. Gli headbangers più genuini l’hanno vissuta con energia ancor maggiore, vista la nonchanalche con cui l’hanno seguita molti ‘poseurs’ dalle tribune, gli stessi ‘figli del Black Album’ visti in delirio per i pezzi più patinati. Immancabile e imprescindibile, ‘Master Of Puppets’: se ‘FFWF’ è stato il brano più azzeccato e sorprendente, la titletrack dell’omonimo capolavoro del 1986 ha rappresentato –come da tradizione- un momento topico, in cui la violenza selvaggia si è fusa alla perfezione con le dolci emozioni della parte centrale, in una splendida cornice che ha visto l’intero Datch Forum cantarla a squarciagola. Defenders e poseurs, ragazzini e quarantenni, thrashers incazzati e dark lady ammiccanti. Il terzo pezzo proveniente dalla storia è una chicca particolare, quella ‘Trapped Under Ice’ suonata pochissimo dal vivo ma che, pur senza essere un capolavoro, ha riportato alla memoria i fasti di ‘Ride The Lightning’.

Le cover sono state ‘Turn The Page’ e ‘Die Die My Darling’ dei Misfits, anche se molti si aspettavano qualcosa dei Motorhead o la celebre ‘Am I Evil?’. Immancabilmente la serata è evaporata in un lampo, lasciando ai metalhead tricolori l’ennesimo ricordo indelebile. Lo spettacolo è stato ottimo anche dal punto di vista climatico, visto che la canicola di fine giugno non è riuscita a penetrare nel fresco Datch Forum. La conclusione è affidata come sempre a ‘Seek & Destroy’, un rito solenne ed eterno che scatena gli ultimi focolai, quando sai di essere agli sgoccioli e il tuo cuore pompa gli ultimi residui di energia, sangue e dedizione alla causa del metallo. Centinaia di grandi palloncini neri rimbalzano nell’arena, intuizione riuscita per salutare la folla con un sorriso e senza nostalgia. I quattro cavalieri rimontano sui loro destrieri di cuoio per proteggere quello che siamo, e si dileguano nella notte galoppando alla volta di Roma, mentre eccheggiano nell’aria le ultime urla martellanti degli ambulanti, accampati in numero massiccio nei dintorni del palazzetto, con le loro birre, le magliette e i gadgets. Arrivederci alla prossima, leggendari Four Horsemen! LA RECENSIONE DI METALITALIA.COM