ROB HALFORD, LA LEGGENDA DEL METALGOD
CHROME MASTER, STEEL WARRIOR
DI RINO GISSI, TRATTO DA 'METALLIZED.IT'
ROB HALFORD. Venti neri e apocalittici soffiano dirompenti sul piccolo atomo del male chiamato Terra. Attraverso i decenni, attraverso le epoche, armate di ragazzi affrontano le ruvidezze dell’essere muniti di chiodo e aggrappati al sound della Bestia. Potrebbe essere il desolante scenario di un film ambientato in un mondo lacerato dalla falsità, dalla corruzione, dal trionfo dell’apparire a discapito dell’essere, e allora il cacciatore del male arriverebbe in sella alla sua rombante Harley, del tutto cuoioborchiato, per ergersi a paladino delle truppe di acciaio e metallo. Dall’alto dell’Olimpo infernale s’innalza l’aurea leggendaria del Metal God, Rob Halford, il leader dei Judas Priest, lo screamer per antonomasia, il simbolo di un’epoca, il pioniere di un genere, l’artefice di un modo di essere e di vivere: padre di tutti i metallari vestiti di pelle nere e catene, Rob Halford è un personaggio di importanza seminale nella storia dell'heavy metal, che incarna quasi da solo l’origine del tutto. Grazie alla sua voce lacerante e potente sono state aperte nuove strade stilistiche, inaugurando l’epoca dell’heavy metal ‘moderno’. Grazie al suo ricercato estremismo visivo, tanto spettacolare nel coprirsi di pelle, borchie, frustini e manette, è stato generato il prototipo base del look metallico per eccellenza: prima c’erano solo camice a fiori e pantaloni a zampa. Una vera divinità avvolta dal rispetto riverente di intere generazioni, un uomo di grande personalità, di polso, cuore e cervello; un guerriero valoroso capace di ragionare e sfruttare la potenza dell’heavy metal per comunicare messaggi forti ed importanti, senza mai scadere nell’essere una band ‘schierata’ o apertamente moralista. Un uomo contro a prescindere, capace di affrontare la realtà a testa alta sin dall’inizio, per mettere a tacere perbenismimi, conformismi, tabù e ogni sorta di ignoranza umana. Pressochè irresistibile col suo screaming travolgente, il cantante inglese ha riempito le pagine di storia del metallo settantiano ed ottantiano, proiettandosi nella leggenda con album epocali e canzoni immortali, sostenuto dalla musica scintillante ed esplosiva della sua band.
GLI INIZI. Birmingham è ancora profondamente segnata dalle lacerazioni belliche e dalla povertà quando Rob viene alla luce tra ciminiere e acciaierie di una squallida periferia. Non un posto felice dove nascere, Birmingham: l’infanzia e l’adolescenza del ragazzo corrono via veloci, tra banchi di scuola che tremano a causa del poderoso trambusto proveniente dalle vicine fabbriche metalmeccaniche, mentre altrove i suoi coetanei potevano covare ben più rosei sogni hippy. Non c’era spazio per fiori e speranze, nella grigia e fuligginosa cittadina di Birmingham: solo lacrime e tanto sudore per sudarsi la pagnotta. Le condizioni disagiate che portarono alla nascita di una piccola band hardrock, inizialmente chiamata Polka Tulk Blues Band e poi divenuta Black Sabbath, furono le medesime che portarono alla nascita di un altro gruppo dalle timbriche rockeggianti: i Judas Priest. Nel frattempo il giovane Halford si era cimentato nel canto in band come gli Hiroshima, I Lord Lucifer e gli Abraxas: quando i Priest si separarono dal loro vocalist Al Atkins nel 1973, la band puntò tutto sulla voce acuta e poliedrica di Halford, la cui sorella Susan altro non era che la ragazza del bassista fondatore dei Priest, Ian Hill. Fu l’inizio di una leggenda. Inizialmente i Judas Priest suonavano un progressive rock apparentemente innocuo, ma già dal secondo album Sad Wings Of Destiny il loro sound andò evolvendosi, maturando in epica e potenza che permisero alla band di essere accostata all’heavy metal. Con Sin After Sin e il successivo Stained Class la band ereditò lo scettro dei Black Sabbath, declinanti, sul trono di maggior esponente del genere metal: e, assieme ai squillanti duelli di chitarra di KK Downing e Glen Tipton, a spiccare era la voce di Rob Halford, capace di passare dalla timbrica acuta a quella più morbida e suadente. Pezzi come Victim Of Changes, The Ripper e Dreamer Deceiver sono tra le performances migliori del singer, che però stava per dare una direzione stilistica ancor più particolare allo stile della sua band. Il look hippy, fatto di camicie fiorite e braghe a zampa non era sufficientemente aggressivo, e andava revisionato. Bazzicando per sexy shop (alcuni sostengono che ci lavorasse), Halford fece una scorta di abiti neri di pelle, borchie, frustini e manette, e inventò dal nulla il look tipico dell’heavy metal. Halford iniziò a presentarsi sul palco su una rombante Harley Davidson, coperto di pelle e borchie, con gli occhiali scuri e un cappello da poliziotto, adottando un aspetto da macho ben presto imitato da tutti gli altri componenti della band; pezzi come Exiter, all’epoca rivoluzionari per ferocia e velocità, furono seguiti da un taglio stilistico sempre più aggressivo nel disco del 1979 Killing Machine, e divennero il
poderoso biglietto da visita di una band che mise alle strette la moda del punk, che aveva ormai ridotto a misera comparsa l’heavy metal nella scena inglese. E all’epoca non era certo facile affermare la supremazia di un genere cos’ particolare e underground come l’Heavy metal, come spiega lo stesso Rob Halford: 'A quei tempi la comunicazione era lentissima. Dovevi metterti sulla strada e restarci. Tutti quegli anni che sono stato nei Priest, sono stati letteralmente vent’anni sulla strada insieme, con pochissime pause. Senza soste. Non c’era MTV, non c’era Internet. Non c’era il passaparola delle riviste. Era tutto estremamente primitivo e allo stato iniziale'.
LA SVOLTA. Fu British Steel a consacrare le coordinate dell’heavy moderno, dirompente in Rapid Fire, anthemico in Metal Gods, esaltantissimo in Breaking The Law: l’ugola di Halford e il suo carisma innato al centro del palco lo innalzarono al rango di divinità, tanto che venne da allora indicato con un nickname tratto da una delle citate canzoni, The Only MetalGod. L'Inghilterra era, a quell'apoca, il fulcro del movimento della NWOBHM: una fucina capace di partorire decine di band valide tutte diverse l'una dall'altra, artefici di una vera e propria rivoluzione culturale che rispondeva all'egidia dei pionieri, dei Maestri: i Preti di Giuda, naturalmente. British Steel f
u un disco chiave, una pagina nuova che aggiungeva leggenda al palmarès di una band che aveva già provveduto a scrivere ampie pagine di storia e letteratura: 'Fu quella la grande svolta dei Priest. Quel disco cominciò ad abbattere tutti i muri dell’oppressione nel senso più ampio del termine. Non appena incominciarono ad andare in onda brani come Living After Midnight e Breaking The Law seguì tutto il resto. 'Io inventavo la mia tecnica vocale man mano che andavo avanti, in realtà. In giro non c'era granchè, e nessuno forte al punto di dire che volevo somigliare a questo o imitare quello'. Con quell’aspetto aggressivo e la sua timbrica inconfondibile, forte nelle parti da duro ma assolutamente favolose quando impegnata nello screaming più acuto dell’epoca [tecnica che in pratica fu introdotta proprio da Halford] il
bravo cantante inglese incarnava la figura del metallaro duro e intransigente, guardato con rispetto e timore dalla gente comune, adorato come un vero e proprio Imperatore dai suoi adepti. Pochi potevano sapere che dietro quell’aspetto da macho si nascondeva anche una personalità sensibile, un’intelligenza acuta ed un cuore d’oro, che anche nei testi non si limitava a parlare di frivole dabbedaggini ma affrontava argomenti di attualità, tematiche più complesse e socialmente ‘scomode’, che facevano riflettere l’ascoltatore: 'Non sono mai stato uno che scrive di tette e culi. Non sarei mai capace di scrivere The Thong Song, ma potrei scrivere Breaking The Law. Alla fine la musica è fatta per divertirsi, ma se riesci a metterci dentro qualcosa in più c’è più soddisfazione. Non sono uno che lancia messaggi, quale che sia il metro di giudizio, ma mi piacerebbe pensare che le cose di cui scrivi sono questioni importanti che non riguardano soltanto me, ma tutti quanti. Il glam metal? Quelle band, nel loro stile e approccio, sono quello che definisco metal tette e culi. Niente di male: non mi aspetterei che venisse fuori altro, da Hollywood'.
ACCIAIO CROMATO. Nasceva in quei giorni la cultura dell’heavy metal in quanto ‘fede’ e militanza: gli anni ’80 furono il decennio d’oro, attraversati con l’impeto e la gloria di dischi memorabili e leggendari come 'Screaming for Vengeance' e 'Defenders of the Faith', albums nei quali il singer sfoderava delle prestazioni maiuscole. La leggendaria formazione britannica, dall'alto della sua esperienza e dell'eccezionale valore tecnico, stilistico e storico, acquisito con maturità disco dopo disco, era ormai una pietra miliare dell'intero movimento metalli
co internazionale, capace di imprimere con sempre ugual freschezza ed efficacia il proprio marchio di cromo e acciaio nei solchi degli album. Velocità e potenza si mescolavano così ad anthem più sostenuti, solennità ed epicità ridondante si alternavano a prestazioni di eccezionale esplosività, tutto sempre sotto il segno indelebile della voce del Metal God, leader eccezionale e faro guido di un plotoncino implacabile, scintillante nei live shows ed incontenibile nelle superbe sfuriate strumentali, operate dai duelli intricati delle due chitarre: probabilmente, la coppia di chitarristi più celebre, influente e brillante dell'heavy metal. 'Man mano che ci si addentrava negli anni Ottanta esplose tutto. Appena gli Americani scoprirono questa cosa che arrivava dall’Inghilterra e che gli Europei chiamavano ‘Heavy Metal’, e la assimilarono nel loro tipo di stile di approccio, il fenomeno assunse proporzioni globali'. Gli anni Ottanta non erano stati solo gloria e splendore per l’heavy metal e i suoi portabandiera. La terribile forca della censura e del perbenismo aveva fatto si che dai palchi sudati delle arene e dei piccoli pubs, l’heavy metal finisse sui banchi dei tribunali. Le accuse erano le più disparate, dal satanismo all’istigazione nazista, dal trattamento di tematiche crude e violente alla diffusione di termini e situazioni vietate ai minori: i politicanti e gli esponenti benestanti della società ‘per bene’, non avendo di meglio da fare, iniziarono a occuparsi dei dischi hard’n’heavy, ascoltandoli al contrario per rintracciare blasfemi messaggi subliminali o accusandoli di traviare gli adolescenti, istigandoli al suicidio o mettendo nelle loro teste idee scomode, ribelli, che andavano contro la politica del ‘è tutto bello, va tutto fottutamente bene’ che da sempre si cerca di far passare. Più o meno tutti ci sono passati, da Ozzy ai Metallica, e di certo non fecero eccezione i Judas Priest, incriminati per esempio –tra le altre cose- per un brano ritenuto scandaloso come Eat Me Alive e per un omicidio colposo compiuto in Nevada da parte di due adolescenti, dopo essersi ubriacati ascoltando l’album Stained Class. Racconta il buon Rob
: 'In questi casi non puoi tirarti indietro. A parte che non puoi tirarti indietro quando ricevi un mandato di comparizione, ma non si tratta solo di quello. Si tratta sostanzialmente di reagire quando ti accusano di aver fatto una cosa che non hai fatto. Ci siamo difesi, abbiamo difeso la nostra musica e abbiamo difeso i nostri fans'.
SOSTANZE. Oltre alla musica ‘maligna’, come la consideravano gli individui socialmente rispettabili, i musicisti rock e metal sono da sempre stati additati anche di condurre vite non morigerate, bagnate dall’abuso di alcool e droga, più o meno a torto. Pochissimi ne sono a conoscenza, ma anche il mite Rob Halford è passato per gli intricati labirinti della dipendenza, pur senza mai macchiare la sua immagine o lasciare che questa divenisse un’ossessione capace di rovinare la vita di una persona e portarla al limite della sopportazione psichica (come accaduto, ad esempio, con l’alcool a James Hetfield
o con diverse sostanze stupefacenti ad altri artisti che non è il caso di elencare). Lo screamer britannico racconta: 'Andare in giro, farti di droga, farti di alcool, tirare fino a tardi, fotterti il cervello e fare tutto quello che vuoi: credo che quelle cose sembrano fantastiche solo in funzione del vivere,e la vita è un gran dono. Però, cadere nella trappola della dipendenza e fotterti la vita è una gran brutta cosa. Ci sono stato su quella strada. Ho sbattuto contro il muro, come tanti musicisti. Avevo tratti di personalità ossessivi che non ho scoperto finchè non sviluppai la dipendenza da alcool e droghe. Si ripercuoteva su quello che mi piaceva fare con la musica, perchè mi rovinava la voce, e così nel gennaio del 1986 ho deciso di affrontare la situazione. Adesso vedo altre persone della mia età, e ringrazio Dio di non avere il loro aspetto'. La fine del decennio vide un piccolo calo di ispirazione, sfociato in un paio di album non eccezionali (con addirittura qualche sperimentazione glam), ma la straordinaria forza della band venne ribadita con immane grandezza in Painkiller del 1990: un disco apocalittico, la summa stessa dell’heavy metal, con un Halford assolutamente galattico, stellare. Il sound della band acquisisce una potenza ed una modernità impressionanti rispetto al passato, anche grazie all'introduzione di un nuovo drummer capace di conferire compattezza e potenza come mai, in precedenza, si era udito su un disco del Prete di Giuda. Ovviamente la rilevanza stilistica del riffing e delle sezioni strumentali affidate alle sei corde di Tipton e Downing rimaneva in primissimo piano, se non addirittura migliorandosi ulteriormente dal punto di vista dell'epicità, della potenza, della velocità e della maestosità. Heavy Metal liquido, bollente, possente, letale: un macigno che influenzerà anche il death, il thrash, il power del decennio successivo, e non solo. Eppure, fu l’inizio della fine. Apparente. Attirato da una carriera solista e spinto da svariate altre motivazioni mai del tutto chiarite, Halford lascia i Judas Priest. e affronta i Nineties tra progetti paralleli ed altre band come i Fight, gli Halford e i Two
; 'Ho avuto la fortuna di poter apprezzare tanti generei diversi di metal, dal primo materiale tradizionale di cui ero parte anch’io fino a vedere come è cambiato con gli Slipknot e in generale. E’ fantastico. Ho sperimentato, mi sono divertito, ma dopo tante sperimentazioni mi sono reso conto che quello che amo di più, e quello che faccio meglio, è l’heavy metal. Tutte le cose che ne tiro fuori sono ancora intatte. Sono ancora qui a lavorare e non posso fare a meno di urlare a squarciagola e ridurmi a brandelli le corde vocali. Non riesco a smettere'.
GAY. Nel frattempo i Priest caracollavano col sostituto Ripper Owens: nonostante dichiarazioni focose di Tipton e Downing, tese negli anni ad accusare Halford Di tradimento ed incoerenza, la Reunion era stata nell’aria da sempre, peraltro fomentata dallo stesso Halford che mai aveva dimenticato il Grande Amore della sua vita. E, a proposito di amore, nel 1998 arriva il clamoroso outing: Halford sve
la la sua omossessualità, sfatando un tabù che nell’ipereccitato mondo macho dell’heavy metal sembrava essere invalicabile. 'Per me suonare in posti come la Lituania o la Tahilandia, dove non c’è un atteggiamento molto tollerante nei confronti della comunità omossessuale, è una grande vittoria. L’importante è continuare a restare vigili su ogni forma di discriminazione, e ce ne sono molte. Io sono fortunato perchè nessuno mi ha mai creato problemi per questo. Anzi, la comunità metal si è sempre dimostrata incredibilmente open-minded rispetto ad altri ambienti culturali. Forse perchè i conservatori ce l’hanno anche con i metallari. Però non sono mai stato un attivista in senso stretto e ritengo che molte cose devono essere vissute a livello individuale. Non mi piace essere considerato un simbolo ideologico e correre il rischio di essere così strumentalizzato, magari additato come esempio negativo. ‘Vedete? Tutti i gay sono come Halford. No, non fa per me. Tutto sommato, quello che vuole molta gente è solo di essere lasciata in pace, di non sentirsi rompere le scatole tutti i giorni. E’ così difficile farlo?'
Il MetalGod è gay: vedendolo coperto di pelle con i suoi completini sadomaso, qualcuno lo pensava sin dalla prima ora, ma era pur sempre una provocazione, un ‘effetto di scena’. E invece ricalcava la realtà, che viene accolta dalla comunità metallica con molto garbo: nessuno ha pensato, nemmeno per un attimo, di schiodare Halford dal suo trono di divinità incontrastata dell’heavy metal. Anzi, il ritorno nei Priest, avvenuto in pompa magna nel 2004 –con un grande tour e l’album del ritorno alle origini Angel Of Retribution, ben accolto dai fans di vecchia data- non fa che contribuire alla definitiva mitificazione del MetalGod, che peraltro in quegli anni aveva anche rivestito il ruolo di singer dei Black Sabbath: non è da tutti poter raccontare di aver cantato sia per i Sabbath che per i Priest, ovvero i due titani, i pionieri, i fondatori di Birmingham! Addirittura, nel corso dei Nineties, Tony Iommi aveva proposto ad Halford di entrare stabilmente nella sua band, ma poi non se ne fece nulla. Sarebbe stato grandioso. Il Metal God prosegue invece la sua attività con gli Halford, con album di livello discreto tesi più che altro ad onorare un contratto, con un heavy metal un pò sempliciotto, ‘usa e getta’ ma mai ‘venduto’. Uno come Halford non ha bi
sogno di farlo: 'Se hai un certo aspetto e suoni in un certo modo, ti si può spalancare un pubblico potenzialmente più grande. Noi Priest abbiamo gestito la situazione dicendo anzitutto che non ci saremmo mai venduti. Non l’abbiamo mai fatto per soldi. C’è un modo per gestire e affrontare la situazione restando comunque fedele ai principi della tua musica, pur sperando di fare qualcosa che possa raggiungere più persone. E’ un equilibrio sottile in effetti'.
L’attualità vede Halford e i Priest sul proscenio dell’hard’n’heavy con un ritrovato blasone ed un rinnovato rispetto da parte di stampa e fans: nessuno può più mettere in dubbio la loro posizione di supremazia nella storia del metal, e la band è guardata con stima e ammirazione in ogni angolo del globo. Incutono rispetto, timore riverenziale ed è giusto che sia così: sono una leggenda. L’ultimo Nostradamus, sinfonicamente pomposo e costituito su un complesso concept storico, si discosta dallo stile classico della band ma contribuisce a darle un alone mistico, perchè a quell’età e dopo quasi quarant’anni di heavy metal potente è anche giusto sperimentare qualcosa di più cerebrale, magniloquente. La voce di Halford non è più quella di un tempo, e il celebre screaming viene per forza di cose limitato al necessario, su disco come on the road; ma quell’alone di mitico che aleggia attorno alla figura vampiresca del Metal God, nascosto dietro i suoi occhiali scuri e sotto quel mantello nero, resterà per sempre un fuoco capace di incendiare gli animi militanti di ogni buon vecchio metalhead.