Manowar. Dire acciaio, dire metallo, dire epica significa dire Manowar: il fragoroso e orgoglioso incontro dell'heavy metal con questi palestrati motociclisti vestiti di pelle porta un viaggio nella gloria senza confini, una cavalcata epica e imperiale fatta di suoni potentissimi ed esaltazione allo stato puro. I Manowar sono una band nata ad Auburn, New York, nel 1980 dall'incontro tra il futuro bassista del gruppo Joey DeMaio e il chitarrista Ross the Boss. Tutti i temi del combo statunitense si basano sulla fiera appartenenza alla legione di metallo, sulla fratellanza tra i True Defenders e sulla guerra senza fine alla falsità, della musica e non solo. Grondano solenne leggenda, gli album mitici di questo gruppo amato e odiato senza compromessi, fedele a ideali di cuoio e acciaio fino al limite del pacchiano ma tremendamente cari a chi vive l'heavy metal nelle proprie vene e sulla propria pelle. Il nome del gruppo deriva da un termine usato nell'inglese arcaico, per l'appunto man o' war o man-o-war, che indicava una tipologia di antica nave da guerra a vela Un'altra possibile traduzione è quella che intende man-o'-war una contrazione di man of war letteralmente uomo di guerra. I temi ricorrenti delle loro canzoni come detto, sono la mitologia, la guerra, la lealtà e l'onore. I testi presentano sperticati elogi del Metal, che è visto non solo come un semplice genere musicale , ma come un vero e proprio stile di vita, di cui i Manowar si vantano di essere gli unici seguaci e portatori. La leggenda narra che la band nasca in una delle date inglesi del Black’n Blue Tour nel 1981. A fare da spalla a Black Sabbath e Blue Oyster Cult c’erano gli Shakin’s Street. Chitarrista di questa band era un certo Ross The Boss, noto per aver militato nei Dictators. Il chitarrista australiano entrò nel backstage dei Sabbath, attirato da alcuni suoni, e qui vide uno dei roady, un certo Joey De Maio [con un passato negli Elf], che si allenava con uno dei bassi di Geezer Butler correndo sulla tastiera ad una velocità mai vista prima. I due si misero a parlare e quel giorno furono gettate le fondamenta dei Manowar. Si trasferirono subito a Chicago, dove reclutarono subito un vecchio compagno di scuola di Joey, tale Eric Adams, più tardi definito come 'i polmoni più solidi dell’intera storia del metal'. Nel 1982 i Manowar debuttano con ‘Battle Hymns’, proponendo il loro sound tellurico e impregnato di orgogliose sfumature guerriere ed epiche. La serie di dichi che vengono sfornati dalla band è notevole e ricca di capitoli esaltanti: più pomposi e solenni quando il thrash impazzava e tutti correvano più veloce [anni '80], veloce e implacabile quando tutti iniziarono a rallentare [anni '90], tanto per andare sempre contro tendenza. Il loro 'Death to false Metal!', originariamente dedicato alle band Street e Glam, ritenute colpevoli di preoccuparsi più di trucchi e lustrini che di musica, ed il loro machismo esasperato divengono ben presto dei marchi di fabbrica, così come le loro trovate assolutamente kitch: come il fatto di presentarsi sul palco vestiti di pelle e in sella a rombanti motociclette, o come l’essere voluti fermamente entrare nel guinness dei primati come 'la band più rumorosa del pianeta', o ancora come l’essersi portati in tour [nei tempi d’oro] un pullman pieno di groupies. Tutto questo non deve però far dimenticare l’importanza della loro proposta musicale e la capacità di essere riusciti ad introdurre nell’immaginario metal una serie di novità epocali, a partire dalle tematiche ‘barbare’ fino ad arrivare all’approccio teatrale alla musica.

La band assale il mercato discografico nel 1982 con 'Battle Hymns'. L'album fu ben accolto dal pubblico e dalla critica, che rimase soprattutto colpita dal sound estremamente potente e aggressivo del gruppo, oltre che per i testi molto curati e la notevole estensione vocale del cantante Eric Adams; pezzi forti del disco sono l'inno 'Metal Daze' e l'aotocelebrativa 'Manowar', oltre che la meravigliosa suite melodica e malinconica che porta il titolo del disco. Questo debutto, epico e innovativo per l'epoca e la zona geografica viene bissato l'anno dopo da 'Into Glory Ride', tutt'oggi è considerato da molti critici una pietra miliare dell'heavy metal non solo epico ma in sua ogni sfaccettatura sonora. Le atmosfere evocative della guerra, di classica ispirazione fantasy e mitologica fanno di questo album uno dei capolavori assoluti del settore che si delineerà di qui in avanti, esaltante connubio tra la musica heavy metal e l'epicità più gloriosa e ridondante ispirata dalla mitologia norrena e dall'esaltazione per i propri ideali. La nuova uscita fu dotata di svariati elementi innovativi, sia nello stile che nel sound in generale, e portò ad un enorme incremento del numero dei fan del gruppo. L'opera è pregna di epicità, pezzi dritti in faccia per blasone, ridondanti per la gloria maestosa che li caratterizza: 'Warlord', le anthemiche 'Gloves Of Metal' o 'Gates Of Valhalla', la travolgente 'Revelation' sono solo alcuni esempi di come i Manowar sono capaci di far tremare i polsi e scorrere brividi gelidi lungo la schiena dei più fieri True Defenders. Da sottolineare come l'act americano sforni una serie di marce maestose, che nulla hanno a vedere con il panorama musicale del periodo, basato principalmente sulla furia e la velocità delle composizioni: tuttavia i Manowar stavano per dimostrare che anche col piede sull'acceleratore avrebbero potuto essere insuperabili. Il 1984 è un anno incredibile per la band, che mette a segno addirittura due colpacci memorabili. 'Hail To England' fu registrato e mixato in soli sei giorni e riscosse nuovamente grande successo, grazie alla ritmica ancora una volta rinnovata, in particolare nella velocità di esecuzione dei brani e nella maggiorata potenza sonora. La voce di Eric Adams è il sigillo acuto ad un sound leggendario, incentrato sull'ode al Paese natio del Verbo dell'Acciaio [l'Inghilterra, appunto, esaltata dalla titletrack] e imperniato su brani leggendari come 'Army Of The Immortals': è proprio la Milizia dell'Acciaio il manifesto con il quale i Manowar combattono i cosidetti poser, gli asshole ed il 'false metal', inneggiando ad una purezza d'animo ed ideali che mai deve venire meno e che solo i più fedeli cantori del Verbo hanno l'onore di vantare nel proprio sangue. Le critiche e i sorrisini ironici dei benpensanti, ma anche di chi ritiene infantili i proclami dei Kings Of Metal lasciano il tempo che trovano: tutta la produzione Manowar è una sontuosa metafora della vita, che è fatta di battaglie quotidiane e di valori che solo pochi nobili annoverano tra le proprie virtù. Lealtà, onestà con se stessi e col prossimo, genuinità, fratellanza: scorre qui il sangue degli Immortali, scorre qui ciò per cui vale la pena vivere e lottare!

Nella stessa annata uscì nei negozi anche il prode 'Sign Of The Hammer' dal sound ancora una volta elettrizzante e innovativo, lontano dall'autoplagio e caratterizzato ora da un heavy metal roccioso e ridondante, una sintesi di tracce lente e molto tecniche, come l'epica Mountains, ed ora da altre più rapide e assolutamente devastanti come l'incalzante 'Thor [The Powerhead]' o 'The Oath'; il disco è da molti considerato il capolavoro massimo dell'epic metal e riflette la sua massima epicità in pezzi da brividi come la titletrack o l'immensa 'Guyana [Cult Of The Damned]'. La band è ormai avvolta da un'alone mitologico che viene portato a livelli autocelebrativi di fedeltà e appartenenza al limite del pacchiano, merito delle dichiarazioni pompatissime del folle bassista DeMaio e dei suoi bass solos tellurici, dei costumi di scena rigorosamente in pelle nera, dalla voce graffiante di Eric Adams e dagli assoli orgasmici che sgorgano dall'ascia di Ross The Boss. Il platter ottenne un nuovo successo di vendite che permise alla band di partire per un nuovo tour mondiale, della durata di circa due anni, che registrò ovunque un grandissimo afflusso di pubblico. Al temine di questo continuo viaggio, la band si prese nel 1986 un anno di pausa. I Manowar tornano nel 1987 con 'Fighting The World', per il quale la nuova etichetta fece un ottimo lavoro di promozione e distribuzione in tutto il mondo. Il disco caratterizzò una piccola svolta, perchè abbandonava i sentieri heavy metal più potenti tipici della band e tendeva vagamente all'hardrock. Attraverso tale pubblicazione, la band si consolidò come una delle maggiori realtà musicali del periodo. Il full length ricevette però le prime critiche da parte dei fans storici e intransigenti, a causa della sua scarsa originalità derivata dai temi mitologici a volte troppo ripetuti della band americana, oltre che per l'imprinting talvolta troppo commerciale in composizioni comunque eccitanti come la vivace 'Black Wind, Fire And Steel', la solenne 'Defenders', la ruggente title track o l'allegra 'Carry On', pomo della discordia tra fans vecchi e nuovi.
I Manowar stavano per dare uno scossone tellurico al mondo del metal e alla loro carriera. I sovrani si incoronano i padroni assoluti dell'Acciaio con un fragoroso ritorno, datato 1988 e intitolato, naturalmente, 'Kings Of Metal', da molti considerato il vero capolavoro della band. Brani come la solenne 'Heart of Steel', l'anthemica 'Kings of Metal', la velocissima e devastante 'Wheels Of Fire' o la terribile 'Hail and Kill ', manifesto assoluto della sinistra possenza tradotta in mitologica leggenda, divennero veri e propri inni per i fan del gruppo e sono tuttoggi riproposti regolarmente nei concerti. Il disco è un esplosivo e straordinario concentrato di passaggi tellurici ed altri più modulati, ritmiche incalzanti e atmosfere gloriose, ma rispetto al passato spicca la tendenza a spostare le coordinate stilistiche della band verso un epic-power metal più dinamico e moderno del classic heavy che aveva fatto la storia dell'ensemble americano fino an quel momento. Una sinfonia guerriera assolutamente irresistibile, che scorre adrenalinica e veloce, su canoni di potenza e pomposità difficili da riscontrare altrove. Se 'Sign Of The Hammer' e i grandi classici della prima parte degli Eighties rappresentano il ricco apice creativo della discografia dei Manowar, 'Kings of Metal' fu il masterpiece assoluto del 'nuovo corso', quello che avrebbe proiettato l'act di New York in una dimensione più moderna, vivace ma ancora una volta efficace ed esaltante. Seguirono vari cambi di formazione, che vedranno l'addio del drummer storico Scott Columbus e del mitico chitarrista Ross The Boss. Alla chitarra arriva David Shankle e alla batteria Kenny Edwards 'Rhino', e la band pubblica nel 1992 'The Triumph Of Steel'. Esso rimase famoso in particolare per la presenza di una suite di ben 28 minuti intitolata 'Achilles, Agony and Ecstasy in Eight Parts', ispirata alle vicende dell'Iliade e dell'eroe Achille. Notevoli anche pezzi come 'Ride The Dragon' e l'immancabile lode di 'Metal Warriors', per un album molto valido e tecnicamente ben articolato, dalle linee generali vicine a quelle del suo predecessore: un altro capitolo vincente della saga Manowar Il 1995 vede il ritorno di Scott Columbus, mai dimenticato dai fans, dietro le pelli e l'arrivo di Karl Logan alla chitarra: per anni resterà questa la line up stabile. Le dichiarazioni al fulmicotone, iper esaltate, del solito De Maio accrescono l'aurea battagliera della band, capace di arrivare a definirsi l'unica degna di rappresentare l'heavy metal nel mondo: e mentre gli ego di Eric Adams, Joey De Maio e compagnia crescono a livelli stellari, cresce anche a dismisura l'attenzione che i Nostri dedicano ai propri fans, ritenuti l'unica e incommensurabile fonte di energia ed entusiasmo: la cura messe nelle lunghe session di lavorazione agli album in studio, i concerti meticolosi e spettacolari, i dvd e i live che in seguito documenteranno ogni vicenda [sul palco e nei camerini] non sono altro che un regalo ai fedeli seguaci della divinità Manowar, a detta dei prodi paladini che da sempre animano questa macchina di Acciaio puro sui palchi di tutto il mondo. Tuttavia l'uscita di 'Louder Than Hell', nel 1996, non fu esente da qualche critica: nonostante il successo di alcune tracce come 'Brothers Of Metal', 'The Gods Made Heavy Metal', 'Courage' e 'Number 1', il disco fu in parte additato dai fans e dalla critica per il suo stile semplice e per gli arrangiamenti meno ispirati, anche se nel complesso resta un album molto gradevole in cui il sound tipico dei Manowar non viene affatto messo in discussione.

I Manowar restano lontano dagli studios per diversi anni, dedicandosi solo all'attività on the road. Il ritorno è datato 2002: 'Warriors Of The World' fu la dimostrazione che i fan del gruppo non avevano dimenticato i loro eroi. Il platter presentava un sound a tratti rinnovato nello stile ma che mantenne la sua solita energia e potenza. Le tracce più famose dell'album divennero 'Warriors of the World United', 'House of Death' e 'Call to Arms', oltre all'aria pucciniana 'Nessun Dorma', coverizzata in onore dei fan italiani ed esibita per la prima volta dal gruppo proprio in un concerto a Milano. Un taglio talvolta troppo sinfonico e power metal porta venti innovativi in casa Manowar, segno tangibile dell'influenza subita da una band come i Rhapsody Of Fire, italiani che entrano addirittura in collaborazione con De Maio; e mentre la critica accusa i Kings Of Metal di aver rinnegato i propri ideali, gli inscalfibili De Maio e Adams vanno avanti per la loro strada, continuando a ribadire i loro valori e a proclamare morte al false metal! L'avoluzione sinfonica del quartetto si fa ancora più accentuata nel 2007, con l'uscita di 'Gods of War'. Il disco è carico di influenze e atmosfere tipiche del symphonic metal, che si discostano dal sound grezzo e potentissimo degli eighties e che dunque lascia ancora scontenti i fans, che si attendevano un ritorno alle origini dopo un paio di album non spettacolari. Successivamente la band si mette in moto per una serie di concerti in cui ripropone per intero, a serate alterne e 'a tema', i primissimi album, raggruppati in show di quattro album per volta: il successo è ancora una volta enorme, e a trent'anni dalla fondazione l'esaltazione di Eric Adams e Joey De Maio appare ancora lunga dalla sua cessazione. Il 4 aprile 2011, però, la vita della band è funestata dalla tragica notizia della morte dell'ex drummer Scott Columbus, per cause non ben accertate. Aveva solo 54 anni. Il suo rapporto con la band era da qualche tempo piuttosto travagliato, visto che in un'intervista del 2010 aveva spiegato di avere abbandonato i Manowar fin dal 2008, nonostante il gruppo andasse dicendo che si era solo preso una pausa per motivi gravi e personali. Il sito della formazione riporta poche laconiche parole: 'E' con grande tristezza che annunciamo il decesso del nostro fratello Scott Columbus. Era un talento e una persona speciale. Era un padre, un amico e un fratello di metal. I momenti che abbiamo trascorso assieme in studio, a casa e on the road sono per sempre scolpiti nei nostri cuori e nelle nostre menti. Lo annunciamo con la pesantezza nel cuore, ma ci conforta sapere che adesso è in un posto migliore ed è in pace. Non sarà mai dimenticato'. La band continua a lavorare ad un nuovo album, che resta misteriosamente in cantiere fino al 2012: alla sua uscita, tuttavia, 'The Lords of Steel' appare poco ispirato, nonostante segni un ritorno al possente stile tipico della band, abbandonando ogni velleità sinfonica. RECORD: SONO I MANOWAR I PIU' RUMOROSI DI SEMPRE! I Manowar sono la band più rumorosa di ogni tempo e di ogni categoria musicale: questo curioso record è stabilito nel 1994 ad Hannover.

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