BRUCE DICKINSON
Chiudere gli occhi e tuffarsi nel passato è d’obbligo per vivere dei brividi che video e live shows possono tramandarci solo in parte: le mastodontiche scenografie, le luci, i colori, il pubblico festante, letteralmente impazzito, le chitarre gemelle di Adrian Smith e Dave Murray, il carisma innato di Steve Harris ed, in mezzo, lui, come un principe dell’Acciaio, capelli lunghi al vento, il microfono in mano, il braccio alto per immedesimarsi nel pezzo cantato quasi fosse un orgasmo nel quale coinvolgere tutta la platea. Bruce Dickinson, rivestito di borchie e corazzato col chiodo d’ordinanza, splendidamente lucente nella sua foggia da defender, un narratore pazzesco per una band mostruosa: e la sua voce che ti prende, ti avvolge e scatena il putiferio, nel cuore, nell’anima, nella pancia, scuotendo sensazioni da pelle d’oca e galoppando sulla melodia con potenza e maestosità. Una corsa a perdifiato su tutti gli angoli del palco, quasi a sembrare onnipresente: scalette, rampe, amplificatori saltati come ostacoli, un’energia trasudata oltre ogni limite. La voglia è quella di saltare con lui: impossibile stare fermi, mentre una marziale Hallowed Be Thy Name o una tiratissima Aces High cancellano inesorabilmente tutto quello che sta intorno, la vita di ogni giorno, i problemi e i pensieri, inghiottendoci nell’universo di Eddie the Head. Dickinson si dimena, atletico e profetico nei suoi spandex elastici, e gonfia a dismisura la sua immagine, per farsi vedere fin dall’ultimo spettatore laggiù, nell’ultima fila; al resto pensa la sua voce giganteggiante, potente: Air Siren vola con le sue corde vocali dove osano solo le aquile, vive i pezzi interpretandoli in maniera viscerale, e come pochi agguanta il pubblico e lo fa suo, lo lascia cadere ai suoi piedi e lo sconquassa con un semplice Scream for me…, lo fa muovere e cantare con una semplice occhiata, statuario tra fasci di luce e penombre misteriose. Ed è ancor più affascinante ammirarlo conoscendo la persona, la sua intelligenza, la sua cultura e la sua ecletticità: un campione a tutto tondo. Paul Bruce Dickinson nasce a Worksop [Inghilterra] nel 1958, figlio di Bruce [che fa il meccanico nell’esercito] e Sonia che lavora part-time in un negozio di scarpe; nella sua infanzia e prima adolescenza è costretto a seguire la famiglia di città in città, e deve pertanto frequentare parecchie scuole -da molte delle quali viene anche espulso- ricevendo un’istruzione poco organizzata ma credendo sempre fermamente in sé stesso: infatti, nonostante avesse una sorella minore, Helen, ha spesso cercato di isolarsi da lei. Attraverso la scuola si avvicina al teatro e, da qui, alla musica dei Deep Purple [scoperti con In Rock] e dei Van Der Graaf Generator, band progressive rock britannica che pubblicò otto album tra 1969 e 1977; è proprio ad un loro concerto che il ragazzo entra in contatto reale con il mondo di cui farà parte di lì a poco: inizia suonando i bonghi in una prima squinternata band collegiale, si ispira a Peter Hammell dei Van Der Graaf Generator ed Arthur Brown per le sue prime prove canore ma, almeno inizialmente, sembra preferire la batteria al microfono: non avendo la possibilità di acquistarne una, però, intraprende la direzione di vocalist entrando nei Paradox, ragazzini ai quali suggerisce con immediato carisma di cambiare nome in Styx. Dopo un periodo nell’esercito, Bruce si trasferisce a Londra per frequentare l’università al College Queen Mary, e qui incontra Noddy White, un ragazzo che suona diversi strumenti e gli dà lezioni di chitarra: da qui a formare una band, gli Speed, il passo è breve, e lo step successivo è l’incisione di alcuni brani su vinile. La carriera del giovane è in ascesa verticale: tramite un annuncio sul Melody Maker entra a far parte degli Shots, coi quali registra l’inedito Dracula e si esibisce nei primi concerti; ed è in uno di questi che la sua vita prende una svolta decisiva: sotto il palco lo attendono Paul Samson ed il suo batterista Thunderstick [che aveva un passato nei celebri Iron Maiden, glorie della NWOBHM], i quali gli offrono il ruolo di singer, appunto, nei Samson, una delle band di seconda fascia più in voga all’interno del fervente movimento rivoluzionario heavy rock britannico. Ancora una volta, Bruce Dickinson si dimostra ponderato e autorevole: accetta, ma solo a patto di terminare prima gli esami per il suo corso di laurea in storia. Due settimane dopo era nei Samson, coi quali inciderà Head On e Shock Tactics. Gli viene affibbiato il soprannome Bruce Bruce [da uno sketch TV] in una formazione nella quale si abusava di alcool e droghe; ma il cantante dichiarerà di non averne mai fatto uso. La band vive un momento di vera gloria quando deve supportare gli Iron Maiden nel tour europeo di supporto a Killers: pur non potendosi definire un vero e proprio fans della Vergine di Ferro, a Dickinson piaceva la musica energica della truppa di Steve Harris, e proprio in quei giorni gli balenò più volte in testa l’idea di cantare nei Maiden, anche in relazione allo stato di salute di Paul Di’Anno, che gli appariva 'devastato fisicamente': li guardava con le braccia conserte e pensava di poter far certamente meglio. Lungimiranza e autostima che vennero presto premiate in quel di Reading, cittadina nel quale Harris va a seguire uno shows dei Samson per chiedere al singer di entrare negli Iron Maiden. Su due piedi, la risposta fu negatva ma immediatamente rettificata: l’indomani mattina, Bruce Dickinson provò alcuni pezzi con la band, nel pomeriggio fu audizionato a Londra -strepitose le sue performances in Prowler, Sanctuary, Running Free, Remember Tomorrow e Murders in the Rue Morgue- e la sera andarono tutti a festeggiare ubriacandosi in un pub. Era appena divenuto il nuovo frontman degli Iron Maiden. Rispetto al suo predecessore, accantonava lo stile punk rock ed incarnava un timbro vocale più epico e maestoso, che permise alla band di spostare le sue coordinate stilistiche in direzione più marcatamente power, anche in funzione delle sue due lauree -storia e letteratura- che garantivano testi di ispirazione letteraria, storica e cinematografica ancor più marcata e profonda di quanto sparutamente proposto in passato. L’imperiale estensione vocale di Dickinson trasforma la Vergine di Ferro e apre orizzonti stratosferici: il primo trittico di dischi sarà assolutamente inimitabile e segna il periodo forse più magniloquente per il quintetto inglese. Il debutto del singer che incrinava i lampadari e cantava a cappella quando saltava l’impianto audio avviene a Bologna, nell’ottobre 1981: iniziano anche i battibecchi con Steve Harris, a causa di due personalità troppo forti ma che ambivano unitamente alla grandeur della propria band. Dickinson interpreta il ruolo di singer in maniera assai più scenica rispetto a Di’Anno, prendendosi la totalità della scena e catalizzando su sé stesso l’attenzione generale. Il primo disco, The Number of the Beast, mette d’accordo tutti per la folgorante brillantezza melodica, l’acquisito spessore strutturale e l’imponente epica che impregna le elaborate composizioni, mettendo alle spalle l’attitudine punk metal dei primi due dischi; in prima linea, la voce del singer si staglia potente, tonante ed espressiva in pezzi dinamici e cristallini che riscrivono la storia e scandalizzano i buonisti, per lo più attraverso un innocuo 666 ripetuto nella ‘scabrosa’ titletrack. In Piece of Mind vengono esplorati nuovi sentieri melodici, mentre il cattedratico Powerslave [1984] sigilla la completa maturazione dell’act albionico, alle prese con architetture sempre più labirintiche, dimostrazioni di tecnica crescenti e galoppate melodiche da delirio. La scenografia egizia che spettacolarizza il sontuoso tour di supporto al disco resta impressa nella memoria e nella storia, e vede un Bruce Dickinson galattico correre tra geroglifici, piramidi ed un enorme Eddie mummificato: le sue performances strepitose toccano apici qualitativi sorprendenti e vengono registrate in Live After Death. Tecnicamente, siamo di fronte ad una delle voci più belle e mostruose del panorama rock mondiale, di ogni epoca: tutto un altro passo rispetto alla timbrica più grezza di Di’Anno. Composizioni come Run to the Hills, l’imponente Hallowed Be Thy Name, Aces High, Where Eagles Dare, The Trooper e svariate altre, oltre a rappresentare autentici gioielli di valore inestimabile [non solo per i fans della band, ma per tutti i metalheads definibili tali] rappresentano la valida prova dell’elevatissimo tasso qualitativo di questo cantante prodigioso, capace di evoluzioni vocali impressionanti. Sfiancata dall’interminabile tour di supporto a Powerslave, la band si ricarica con sei mesi di pausa, nei quali l’eroico cantante inizia a dedicarsi al passatempo della scherma, che lo porterà a praticare questo sport a livello internazionale, piazzandosi addirittura al settimo posto nella graduatoria della Gran Bretagna e fondando una società, The Duellist, per la produzione e la vendita di attrezzature da scherma. Bruce Dickinson ha sempre coltivato molteplici interessi, primo tra tutti quello dell’aviazione: negli anni ’90 prende il brevetto da pilota, e tutt’ora è pilota di linea in Inghilterra, capitano dei Boeing 757 per la compagnia Astraeus Airlines, di cui è anche direttore commerciale. Storici restano alcuni voli compiuti dal capitano Bruce: quello con cui riportò a casa duecento inglesi dal Libano appena segnato dai disordini civili [2006], o quello con cui rimpatriò un gruppo di piloti dall’Afghanistan, ma anche [in tono ovviamente minore] quelli effettuati per condurre le squadre calcistiche dei Rangers Glasgow e del Liverpool in Israele e a Napoli per alcune trasferte in orbita UEFA [2010]. Su se stesso, una volta ha dichiarato: Non mi piace essere riconosciuto, non mi interessa per nulla essere famoso, faccio solo quello che faccio. Se potessi essere il capitano Kirk e materializzarmi e smaterializzarmi in un attimo, lo farei! Qualche volta sono tropo creativo: se dovessi fare solo una cosa, sceglierei di cantare. Puoi insegnare a volare alla gente. Ma ci deve essere qualcosa in quello che faccio che è speciale per un mucchio di persone. E uno deve scegliere la cosa più speciale di tutte. Al ritorno in studio per la stesura di Somewhere in Time, riprendono gli attriti tra Dickinson [che non apprezza l’introduzione dei sintetizzatori nel sound della band] ed Harris, che non prende in considerazione i suoi suggerimenti che prevedevano l’approccio più intimistico, o acustico, di alcuni nuovi pezzi: Bruce mandò giù il boccone, e il lavoro del quintetto proseguì senza sosta fino al più progressivo Seventh Son of a Seventh Son [1988] -caratterizzato da un taglio vocale a tratti più aspro- prima di una nuova pausa, nella quale il cantante si dedicò ad una canzone, Bring Your Doughter to the Slaughter, commissionatagli per il film A Nightmare on Elm Street: gli attriti con Harris furono in parte sanati dall’entusiasmo generato, in Dickinson, per il gradimento riscosso dal bassista in relazione a questa composizione, fortemente voluta nel nuovo full length No Prayer for the Dying, che sanciva un taglio con le sonorità maestose al fine di ricongiungersi con il sound street rock degli esordi. Tuttavia, in quei giorni, maturava l’idea di assemblare un proprio disco solista e, congiuntamente, crescevano frustrazioni ed insoddisfazioni, dovute alla routine album-tour: curioso, sempre voglioso di nuove esperienze e assolutamente lontano dalle schematizzazioni, Dickinson si era di fatto stancato di essere “soltanto” il cantante degli Iron Maiden e -dopo il buon Fear of the Dark, ritorno quasi totale alle celebri galoppate melodiche- va incontro ad uno split inesorabile, dopo un tour di supporto affrontato privo del necessario entusiasmo. Il 2 marzo 1993 viene annunciata la sua volontà di abbandonare la Vergine di Ferro: da solista, con più tempo libero [ma anche con una distribuzione più limitata], abbraccerà varie sonorità, ora melodiche [Balls to Picasso] ora più moderne [Skunkworks], pubblicando cinque dischi fino al 1998 e ricongiungendosi al metal [e ad Adrian Smith] negli ultimi due: ormai era però nell’aria il ritorno alla casa madre, sia perché con il povero [e sottovalutato] Blaze Bayley l’iconica band inglese stentava a raggiungere i suoi apici, sia perché lo stesso Dickinson aveva lasciato trasparire una certa nostalgia in più di un’intervista. La reunion in pompa magna, il sontuoso Brave New World e i grandiosi gig di supporto incisero a caratteri cubitali nelle enciclopedie i nuovi, avvincenti capitoli della saga Dickinson-Maiden, che proseguirà nel primo decennio del nuovo millennio con altri tre dischi ottimi e dalla qualità elevatissima ed uno comunque discreto nonostante le copiose critiche ricevute dalla gente: episodi come Ghost of Navigator e Brave New World raggiungono immediatamente i cavalli di battaglia storici tra i classicissimi di questi higlander dei quali non ci stancheremo proprio mai. L’ultimo album solista arriverà nel 2005 [Tyranny of Souls], dopodiché il prode eclettico di Worksop presterà la sua voce ai progetti di Ayreon, Halford e Tribuzy, per dedicarsi solo ed esclusivamente alla Vergine di Ferro. Ma Bruce Dickinson, che ormai da un pezzo ha tagliato i capelli e appeso nell’armadio spandex, chiodo e borchie giovanili, è un vero contenitore di sorprese infinite: dal 2002 al 2010 ha presentato il Friday Rock Show alla radio della BBC, conducendo anche programmi sulla storia del rock e sull’aviazione, mentre nei primi anni ‘90 ha scritto due libri, The Adventures of Lord Iffy Boatrace e il suo sequel The Missionary Position [tomi drammatico-ironici a contenuto sessuale, costruiti attorno al tema di un travestito inglese]; nel 2008 ha infine scritto la sceneggiatura per il film Chemical Wedding, senza dimenticare alcune sue brevi apparizioni cinematografiche. Di lui parla il drummer storico Nicko McBrain: 'Ho incontrato Bruce per la prima volta nel 1979, quando stava provando con i Samson a Kilburn. Conoscendolo, mi sono reso conto che è una persona molto intelligente e profonda. Quando sono entrato nei Maiden, invece, ho trovato una persona molto estroversa, ma allo stesso tempo solitaria. A volte sembra in un altro mondo, altre è completamente concentrato su un’idea. E’ un genio. Ma anche un lunatico. Molti anni fa era anche un po’ egoista, come si conviene ad un frontman, ma dentro di lui c’è un cuore d’oro. Ero molto arrabbiato con lui quando se ne è andato dalla band, ma oggi vedo in lui grande determinazione e voglia di partecipazione'. Dickinson parla correttamente francese, si è sposato due volte [la prima, nel 1983, con Jane, e la seconda nel 1990 con Paddy Bouden], ha tre figli -dei quali il maggiore, Austin [1990] canta in un gruppo metalcore, i Rise to Remains- e non ha mai voluto restare incastrato nel ruolo di 'personaggio stereotipo': da qui la scelta di abbandonare i Maiden ed il look fatto di cuoio borchiato nel momento in cui non sentiva più sue queste realtà. E’ lui stesso a rivelare di aver smesso di frequentare delle groupies quando si accorse che nella vita ciò che conta sono le relazioni profonde e durature, non quelle da una singola notte. Di lui, Paul Di’Anno ha detto che è il miglior singer che i Maiden potessero trovare, un cantante gigantesco, anche se non avrebbe mai pensato che qualcuno lo avrebbe potuto sostituire degnamente nel 1981, ed effettivamente non ama molto il modo che Dickinson ha di interpretare le canzoni dei primi due dischi. Il buon Blaze Bayley, invece, ha ricordato il bel gesto di Dickinson in occasione del suo primo show maideniano: l’ex vocalist gli fece recapitare in camerino un pacco con birre pregiate ed un bigliettino di auguri sinceri, segnale inequivocabile di eleganza, umiltà e signorilità.

BRUCE DICKINSON entra nella storia dell'Heavy Metal come frontman storico degli Iron Maiden, la band inglese che agli inizi degli anni '80 riportò il genere a livelli straordinari. Leader esplosivo e carismatico, Dickinson è dotato di una straordinaria potenza ed estensione vocale. La sua voce è indissolubilmente legata ai successi dei Maiden: inconfondibile, magica. Dickinson nasce da un fallito tentativo di aborto il 7 agosto 1958 in Inghilterra, a Worksop. Prima di entrare negli Iron Maiden fece parte di diversi gruppi, [Styx, Speed, Shoots, Samson]. Laureato in storia ed in letteratura, Bruce entra in contrasto con i Samson perchè gli altri membri della band abusavano di stupefacenti; in parallelo, l'ormai famosa band degli Iron Maiden cacciava il suo frontman Paul Di Anno per le stesse ragioni. Il matrimonio tra Dickinson e i Maiden è perfetto. Bruce debutta in un concerto a Bologna con il brano 'Remember Tomorrow' e il primo album con lui come frontman entra nella leggenda: 'The Number Of The Beast' segna un'epoca, perchè grazie ai fraseggi di chitarra sempre più melodici e cristallini, e soprattutto grazie alla voce più enfatica e solida di Bruce, gli Iron Maiden si incamminano decisi in una dimensione internazionale: il 'salto di qualità' è sancito da un sound nuovo, maggiormente orientato verso il power e non più verso il punkrock underground degli esordi. Dickinson non è il degno erede di Di Anno, è persino meglio! Le lauree di Bruce fruttano alla band nuovi interessanti territori da esplorare a livello lirico, e difatti dall'ingresso in formazione dell'istrionico singer le tematiche tratte da avvenimenti storici, romanzi letterari ed episodi cinematografici saranno all'ordine del giorno. Gli Iron Maiden si tuffano a capofitto nella melodia e con 'Piece Of Mind', dunque superano anche se stessi con l'irraggiungibile 'Powerslave' [1984], basato su una serie di battaglie storiche realmente accadute Dickinson utilizza la sua voce a proprio piacimento, raggiungendo livelli e toni altissimi e potenti che non perdono mai del calore e della grandiosità tipica del timbro unico del carismatico frontman inglese. Il nostro eroe, ovviamente, sfodera prestazioni straordinarie anche negli indimenticabili e ipercoreografici concerti che la Vergine di Ferro tiene in ogni angolo del globo. La voce potentissima di Bruce riusciva a raggiungere toni acutissimi: c'è chi racconta che in un live incrinò il vetro di un lampadario! Memorabile la volta in cui l'impianto di amplificazione saltò definitivamente, dopo ripetute e noiosissime avvisaglie durante l'arco dello show; gli altri componenti smisero di suonare, mentre Bruce proseguì col solo canto fino alla fine del pezzo: al suo urlo 'chiudete quella fottuta porta' i 2500 spettatori lo accompagnarono nel canto, ma nonostante ciò la sua voce sovrastava ancora tutte le altre. Spettacolare, padrone del palco, Maestro nel coinvolgere il pubblico: Dickinson sembra invincibile. Nella composizione dei testi usa spesso le sue conoscenze storiche, dando il meglio della sua vena creativa in 'Seventh Son Of A Seventh Son', album del 1988, in cui si esalta il suo timbro celebrativo. Eppure Bruce sente il bisogno di nuove sfide: intraprende la carriera solista [1990, Tattoeed Milionaire] e dopo aver prestato per l'ultima volta la voce ad un capolavoro epicheggiante dei Maiden [1992, Fear Of The Dark] dà l'addio alla band. Il suo scopo è dedicarsi ad un più tradizionale rock'n'roll, con influenze folk e grunge. Dopo un primo album cerca di formare una nuova band, ma con scarsi risultati commerciali; va gia meglio nel 1997 con 'Accidental Of Birth' e, un anno dopo, 'The Chemical Wedding'. E' allora che, indivinduando qualche screzio tra Bruce e un suo fidato collaboratore, i Maiden lo richiamano a sè. Dickinson, dopo un iniziale rifiuto, non sa dire di no e torna a casa dopo aver pubblicato 2 raccolte. Col ritorno di Dickinson i Maiden tornano a splendere e appassionare in oceanici concerti, di fronte a platee inneggianti. I nuovi tre album della band, da 'Brave New World' a 'A Matter Of Life And Death', passando per lo splendido 'Dance Of Death', riconciliano il pubblico con la Vergine di Ferro, conferendo nuova linfa ad una discografia già stellare.





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