LIVE SHIT, BINGE & PURGE
METALLICA [THRASH e HEAVY METAL], 1993
Quante band ci sono, nella storia del rock e dell'heavy metal, capaci di resistere nei decenni al logorio del tempo grazie alle canzoni, alle innovazioni e alle storie che hanno contraddistinto gli anni migliori della loro epopea? Quante band possono vantarsi di sintetizzare la filosofia e l'essenza di un genere tanto vasto e longevo semplicemente scandendo il loro moniker? Poche, pochissime: Black Sabbath, Judas Priest, Iron Maiden. E Metallica, un ensemble leggendario che Live Shit: Binge & Purge fotografa all'apice della sua forma, fisica e artistica, che dopo aver egemonizzato il trono dell'hard'n'heavy ottantiano con dischi mastodontici quali Master Of puppets e Kill'Em All, si cimenta ora in una sfida ancor più ostica: portare la potenza nelle case di tutti, missione compiuta con l'esplosione patinata del Black Album, pietra della discordia tra fans vecchi e nuovi ma, innegabilmente, prodotto immortale per longevità e impatto socio-mediatico. Metallica aveva chiuso il cerchio del primo, strepitoso decennio dei Four Horsemen, ultimo di cinque dischi stellari; forti di un repertorio ormai sconfinato, i quattro di Frisco erano partiti per un tour ai quattro angoli del globo davvero estenuante, iniziato come 'Wherever We May Roam Tour' (138 date tra ottobre '91 e luglio '92) e terminato come 'Nowhere Else To Roam Tour' (77 date da gennaio a luglio 1993), dopo altre 26 esibizioni al fianco dei Guns'N'Roses tra luglio e ottobre 1992. Infaticabili ed insaziabili, James Hetfield e Lars Ulrich non persero tempo e, appena giunto il momento del meritato riposo, si misero a visionare quintali di videocassette e filmati assortiti di quell'enorme spedizione rockettara che aveva scatenato folle oceaniche, al fine di creare un documentario che tramandasse ai posteri la spettacolare magniloquenza di quella macchina da guerra che erano i Metallica all'apice del connubio tra l'ira scattante e thrashy degli anni ottanta e la teatrale immediatezza dell'era-Black Album, prima che arrivasse un Load qualsiasi a rovinare (in parte, col senno di poi) una reputazione altrimenti immacolata. Live Shit fu subito oggetto di polemiche feroci, a causa dell'elevatissimo prezzo di vendita, dovuto alla presenza di parecchio materiale: 3 cd e 2 videocassette, oltre che toppe e gadget vari, il tutto confezionato in un'elegante cofanetto a forma di custodia. Il materiale audio viene registrato sotto il cielo di Città del Messico, nel 1993, e si apre con i brividi di The Ecstasy Of Gold, naturalmente, prima che Enter Sandman mandi letteralmente in delirio la folla: l'opener di quegli anni era uno dei pezzi forti di quella stetlist, praticamente vitale per molti novizi metalli-fans. Chi però dell'heavy metal conosce le vibrazioni più intense, non potrà che perdere letteralmente la testa quando le cose iniziano a farsi serie, ovvero quando il carico Hetfield 'chiama' Creeping Death come solo lui sa fare: il riff epocale, il ghigno del singer e via con il letale assalto biblico. Quando il ritornello viene cantato dal pubblico si tocca con mano l'eccitazione del momento: meraviglioso il solo di Hammett, con la sua melodia abrasiva, mentre Hetfield scalda a dovere il pubblico nella solenne parte rallentata: l'adrenalina lievita palpabile, i rintocchi di Ulrich scandiscono l'implacabile ripartenza, mentre al microfono si aggiunge il vocione di Newsted, per un risultato finale che vale il primo orgasmo di turno. Si rallenta un pò con Harvester Of Sorrow, macigno di autentica potenza, e Welcome Home (Sanitarium), semilento emozionante nel quale la voce di Hetfield si fa toccante e ruvida come la carezza di un gigante: da brividi, certamente, ma questi due pezzi avrebbero potuto trovare spazio a scaletta più inoltrata, dopo aver esploso qualche pezzo sanguinario in più. E invece i Nostri riatttaccano con Sad Burt True, fin troppo ordinata, per iniziare un viaggio a tutto Black Album. Si prosegue infatti con una roboante versione di Of Wolf And Man e gli accendini accesi nella malinconica The Unforgiven. Rispettato il contratto e le richieste dei fans modaioli, gli ex thrashers si cimentano in un medley di pezzi tratti da And Justice For All (Eye Of The Beholder, Blackened, <>Frayed End Of Sanity), disco la cui intricatezza portò l'accantonamento temporaneo delle riproposizioni live integrali in quel periodo. Il primo disco si conclude con una sfida di assoli, di basso e chitarra, davvero fin troppo prolissa: diciotto minuti! Il secondo cd è inaugurato dal riffone di Trough The Never, pezzo che risulta più esplosivo che su disco; la notte avanza e si viene a creare il celebre scenario che introdce all'apocalittica For Whom The Bell Tolls: Hetfield 'presenta' Ulrich, il quale inizia a scandire gli inconfondibili e truci rintocchi di batteria. La marcia solenne viene autoritariamente condotta dal solo di basso di Newsted, mentre l'anima del compianto Cliff Burton aleggia nei solchi in questo monolitico monito di rispetto e onore. Ultimo momento di pausa viene concesso dalla leggendaria melodia di Fade To Black, capace di caldare i cuori più duri senza mai scadere nella commercialità, anzi sfociando in quel memorabile assolo che è sempre fonte di forti sensazioni, oggi come vent'anni fa. James scalda ulteriormente la folla, già cotta a puntino, invitandola a ripetere sempre più forte le sue parole: ma quando gli 'oh yeah!' si trasformano nel bisillabo 'Master!' tutti intuiscono e il delirio già impazza incontrollabile; tempo di pronunciare le restanti paroline 'of Puppets' e il più grande riff della storia dell'heavy metal si precipita sul moshpit scatenato come una devastante pioggia nucleare. E' naturalmente Master Of Puppets, escecuzione stellare, peccato solo che la band avesse preso in quel periodo il brutto vizio di troncarla a metà, castrandola della sublime parte melodica centrale. Segue un altro iperriff da antologia, di quelli che sembrano inarrivabili e incorruttibili dinnanzi allo scorrere del tempo: Seek & Destroy, affidata alle corde voacli del rude Newsted e altamente sconvolgente. Termina nella solita lunghissima jam session, e lascia ad un classico per eccellenza come Whiplash il compito di chiudere il massacro: velocità, velocità, velocità. Adrenaline starts to flow- You're thrashing all around- acting like a maniac urla James, osannato dalla massa, prima di innescare l'ultima scossa di terremoto sotto i piedi della gente, ormai sfibrata dal pubblico delirio; la furia corre e travolge tutto senza pietà, a ritmi serratissimi e corrosivi, nella furia più selvaggia del thrash metal proposto da questi incazzatissimi ragazzotti californiani. La festa ricomincia con l'ultima concessione commerciale (la dolce nenia di Nothing Else Matters e il riff orientaleggiante di Wherever I May Roam), prima che il four pieces a stelle e strisce ci trascini in un vorticoso salto nel suo passato glorioso. Si inizia l'operazione-nostalgia con qualche tributo: la band inizia a suonare Am I Evil dei Diamond Head, la sua cover per eccellenza, poi si ferma e attacca con il riff celebre della purpleiana Smoke On The Water, ripassa il motivetto di ...Sandman e torna ad Am I Evil, riagganciandosi laddove si era fermata con l'assolo da urlo di Hammet , il ritmo coinvolgente e quel ritornello tanto semplice quanto trascinante. Segue una divertente e velocissima Last Caress dei Misfits: al termine du quest'ultima, le luci si spengono, esplodono botti di guerra; la gente urla, e il desolante arpeggio di One porta la pelle d'oca tra la caliente gente messicana. la voce di James Hetfield si fa più tenue e interpreta passionalmente questo brano sontuoso, toccante, passando dalle parti sofferenti ai crescendo rabbiosi con energica maestria, fino allo spaziale assolo di Kirk Hammett, perla di una lunga conclusione strumentale che definire imponente è riduttivo. Come tutti noi ben sappiamo. I Metallica sono lanciatissimi: abbozzano il riff marziale di Ride The Lightning, esplodono un'altra cover (So What degli AntiNowhere League) e poi di colpo mitragliano la platea con una tiratissima Battery, una delle perle più veloci, violente e leggendarie della casa: Hetfield, in forma straripante, guida l'assalto, Ulrich esplode bordate letali e chirurgiche, Hammett e Newsted lacerano i nervi contratti dei deiranti presenti; l'assolo è la prova del nove per chi ancora non si era 'bagnato': thrash furente, battentre, una rincorsa mozzafiato con mostruosa galoppata finale, salutata dal boato planetario del pubblico! Il sudore cola a fiotti, l'adrenalina ha preso possesso delle menti sgovernate di ogni singolo spettatore, ma il cinico Hetfield non concede un attimo di sosta e continua a violentare le emozioni cerebrolese dei suoi adepti, urlando forte il nome del nuovo inno che la corazzata di nero vestita va ad intraprendere: The Four Horsemen! Riff leggendario, pezzo che gronda storia: la cavalcata, ricca di cambi di tempo e di un assolo urticante, è pazzesca, sopratutto ricordandoci che fu scritta da dei ventenni. Il fuoco resta acceso, grazie al groove della thrashissima Motorbreath, una mazzata nella quale spiccano i solismi bollenti di Hammett e che è incalzata da una potentissima versione di Stone Cold Crazy, degno tributo ai rocker di classe inglesi Queen. Altrettanto valido è il materiale video contenuto nel prezioso cofanetto. Il primo dei due dvd riprende il materiale originariamente suddiviso in due VHS, risalente agli show di San Diego del 13 e 14 gennaio 1992. La scaletta non si discosta molto da quella presente sui cd audio; il secondo dvd è un documento forse ancora più prezioso, che ritrae la band impegnata a Seattle il 29 e il 30 agosto 1989, dunque prima dell'avvento del tanto discusso Black Album: qui ci sono solo pezzi 'true', ci sono Blackened e ..And Justice For All in versione integrale, c'è The Thin That Should Not Be, ci sono gli anni '80! Grazie a questo succoso materiale video è possibile rivedere in azione una delle più spettacolari macchine da guerra sfornate in ambito hard'n'heavy, con immagine nitide e spettacolari capaci di riavvolgere il nastro del tempo. La qualità è ottima, e certi tentativi di 'effetto speciale' un pò banali -come per esempio il sovraporre le immagini dei musicisti a quelle del pubblico- non fanno che aumentare il sapore retrò di quest'opera, che dev'essere tutt'altro che moderna o 'vicina' a quello che la musica, i Metallica e il pubblico potrebbero essere oggi: il bello è il riassaporare le gustose notti magiche di una band all'apice nel suo decennio d'oro (1983-1993), capace di abbracciare un repertorio mastodontico e affascinante come pochi altri potrebbero vantare. Il giudizio su Live Shit: Binge & Purge non può dunque che essere positivo, al di là dell'elevato costo di produzione che tanto ha fatto mormorare la gente. Certo, sarebbe bello acquistare tre cd e due dvd a pochi soldi, chi lo nega? Qui però c'è tanto materiale da restarci secchi, da farci un'overdose, qui c'è tanta qualità e c'è tanta musica con degli attributi grossi così, qui c'è il succo di una carriera leggendaria alla quale il decennio successivo non ha saputo (e potuto) aggiungere nulla, per quanto completa e insuperabile già si era consacrata. Qualche altro punto a favore di questo prodotto? L'enorme enfasi, l'adrenalina che scorre a fiumi, Hetfield capace di gasare i fans come delle molle, l'impatto devastante dei pezzi 'storici', l'essenza di piccolo greatest hits live rivestita dal suddetto; la sa capacità di far provare emozioni forti, sincere, la facilità con la quale permette di riabbracciare i vecchi Metallica, una parte di noi stessi che mai potrebbe essere cancellata e che riemerge implacabile grazie a dischi come questo. Qualche critica, qualche pelo nell'uovo? la scelta troppo copiosa di canzoni del Black Album (ma del resto era il tour di quel disco!), la scelta di non suonare più i pezzi di Justice (esclusa One), gli intermezzi con solos troppo lunghi e prolissi, la scelta di escludere gemme del calibro di Ride The Lightining o Damage Inc e, soprattutto, il 'taglio' più clamoroso e doloroso di tutti. Master Of Puppets non si può troncare a metà (nella versione audio), prima della parte melodica, prima dell'assolo. No, semplicemente no, non si può. Questo, cari Metallica, non ve lo perdoniamo, per il resto diciamo che ve la cavate con un giudizio niente male...