FEAR OF THE DARK: I TESTI

Nel 1992 la Vergine di Ferro fa un parziale retrofront, smentendo il ritorno allo street-rock degli esordi -coinciso con No Prayer for The Dying- e confezionando un prodotto controverso come Fear of The Dark, in cui trovano spazio sia brani tradizionalmente epici e maestosi che altri dal profilo molto più basso e rockeggiante, spesso considerabili veri e propri filler. Anche la prova vocale di Dickinson, qui più aspra e meno ridondante di un tempo, generò differenti opinioni in seno ai fans della storica formazione britannica. In ogni caso, il disco rappresenta un passo avanti rispetto al predecessore e contiene una buona manciata di pezzi avvincenti ed emozionanti: dal punto di vista tematico, la band opta ancora per testi di varia natura ma che, rispetto al glorioso passato, privilegiano maggiormente l'attualità e la quotidianità piuttosto che le celebri ispirazioni storico-letterarie. Anche nel caso di Be Quick or be Dead, per esempio, si affontano argomenti inediti per questo moniker, come la corruzione imperante all'interno del music business: l'opener, una delle canzoni più frenetiche ed irruenti scritte dagli Iron Maiden, denuncia il rischio che si corre nel fidarsi di individui meschini e sempre pronti a fregare le band fino all'ultimo centesimo; tuttavia, se si è costretti a lavorare con tali soggetti -chiosa lo stesso Dickinson- é meglio imparare ad essere più scaltri di loro (Tienili d'occhio: o sei veloce o sei morto). Curioso il riferimento alle torri d'avorio, sedi dei discografici, simbolo di potere utilizzato sovente anche dal contemporaneo Chuck Schuldiner (Death), un altro che proprio in quel periodo non le mandava certo a dire ai Signori della musica. From Here To Eternity, un brano rock dal tiro discreto, riprende e conclude la saga della prostituta Charlotte, già protagonista di Charlotte The Harlot e 22 Acacia Avenue, la quale ritorna in sella alla sua motocicletta: i doppi sensi sessuali, tesi ad enfatizzare il triangolo donna-moto-uomo (Si innamorò della sua macchina oleosa, si piegò per pulirgli il pedale d'accensione), rendono il testo affatto impegnativo, completamente debitore di quel rock'n'roll sguaiato e divertente ereditato dagli AC/DC. Riferimenti alla guerra emergono nell'epica e solenne Afraid To Shoot Strangers, un emozionante crescendo piano-forte che sfocia in melodie stupende e fa il verso all'indimenticata Hallowed Be Thy Name: per alcuni, il pezzo tratta della Prima Guerra del Golfo, e vede la band schierarsi a favore del conflitto fra la coalizione ONU e l'Iraq; per altri, è semplicemente un manifesto anti-bellico in senso generale (Provando a giustificare a noi stessi le ragioni per andare: dovremmo vivere e lasciar vivere, dimenticare o perdonare), anche se ovviamnente l'interpretazione migliore é quella espressa dai diretti interessati: Bruce Dickinson ha infatti affermato che il brano parla di un soldato che, impegnato nella Guerra del Golfo, non vorrebbe uccidere nessuno, riconoscendo nell'avversario nient'altro che un ragazzo come lui. Eppure é costretto a uccidere per poter sopravvivere (Il regno del terrore e della corruzione deve finire, e noi sappiamo che in fondo non esiste altro modo: nessuna fiducia, nessuna ragione, niente più da dire): un tema affrontato innumerevoli volte anche nella letteratura nazionale di tanti Paesi, come anche i più frammentari ricordi scolastici di ognuno di noi potrebbero confermare. Fear is The Key, un heavy rock sinistro ed inquietante, dotato di piacevole chorus melodico, si concentra sul problema dell'AIDS ed é, in sostanza, una critica del fatto che l'attenzione di massa non si è mai spostata su questo morbo prima che colpisse personalità eccellenti come Freddie Mercury o Magic Johnson (e non interessa a nessuno finché qualcuno famoso muore): quanto era limitato a persone che vivevano in condizioni estremamente degradanti, oppure riguardava tossicodipendenti e omosessuali, dell'AIDS non fregava nulla a nessuno, mentre a inizio anni 90 la paura di questo nuovo virus era balzata alle stelle. Al tempo stesso la canzone é una triste constatazione del declino definitivo di una cultura, quella sessantottina, che promuoveva il sesso libero: Mi ricordo quando ne abbiamo fatte di ogni genere, ricordo che pensavamo che la passione non avesse un prezzo: nel cuore della notte un incendio di corpi. La sensazione era quella di aver perso la libertà: Ora viviamo in un mondo d'incertezze, la paura è la chiave per il tuo futuro. Discreta e profonda é anche Childhood's End, una melodia cristallina ed epica che esplode in una galoppata conclusiva, tipicamente maideniana; qui si parla di sofferenza e mancanza di cibo, assenza di speranza e possibilità per molte popolazioni nel mondo: delle lacune gravi, stridenti col qualunquismo di quelle genti civilizzate che, invece, tendono a dare per scontato la certezza del benessere. A riguardo Dickinson dichiarò che non c'é più nessun posto al mondo dove gli esseri umani possono restare bambini, rilasciando anche un'altra pesante affermazione: in dieci anni abbiamo fatto sparire del tutto acqua, aria, sole: devi essere fuori di testa per voler dare la vita a dei figli quando guardi come é ridotto al momento il Pianeta. Un concetto attuale ancora oggi, che trova riscontro nelle parole della canzone: le malattie e la fame, la sofferenza e il dolore, l'agonia della guerra: per quanto tutto questo ancora durerà? La prima vera e propria ballad della formazione di Steve Harris, Wasting Love, un pezzo lento e malinconico, piuttosto che d'amore narra di quelle persone sole che iniziano a saltare da un letto all'altro, senza dare o ricevere ciò che stanno cercando; continuano ad inseguire la persona della propria vita e si danno un gran da fare, ma riescono solo a collezionare relazioni a breve termine, con le quali cercare di colmare la mancanza d'affetto di cui sono vittime: Trascorri i tuoi giorni pieno di vuoto, trascorri i tuoi anni pieno di solitudine, sprecando l'amore in una carezza disperata, ombre notturne che si muovono; sogna fratello, finchè puoi, sogna sorella, spero che lo troverai: tutte le nostre vite, coperte rapidamente dalle sabbie del tempo. Si muovono le sabbie e le linee sono nella tua mano, nei tuoi occhi vedo il desiderio, ed il pianto disperato che lacera la notte. Semplice e priva di fronzoli, Chains Of Misery é uno dei molti pezzi semplicemente gradevoli del full length, canzoni orecchiabili ma incapaci di lasciare tracce profonde nella grande discografia degli autori; altrettanto elementare il testo che, secondo Dickinson, parla di quel diavoletto che siede permanentemente sulla nostra spalla e ci induce, a volte, a comportamenti stupidi e inspiegabili che, senza motivo apparente, vanno a rovinare una situazione sentimentale molto positiva: C'é un matto nella coda del tuo occhio, gli piace ficcare il naso nella tua luce, vuole correre sulla strada con noi due. Un mondo di ombre e pioggia, ha visto che cos'è l'amore e vuole ripagarti con i sensi di colpa. Molto modesta e musicalmente priva di nerbo, dal ritmo stantio e rockegiante, é The Apparition: un fantasma sceglie di apparire ad una persona, e a questa fornisce una serie di buoni consigli; indirettamente, diventa un insieme di considerazioni sul mondo da parte di Harris, che denuda qui sentimenti, angosce e preoccupazioni: Non voltare mai le spalle a un amico, perché puoi contare i veri amici sulle dita di una mano. Durante la vita ci saranno quelli che ti inganneranno, ci saranno quelli che ti deluderanno; c'è qualcuno là fuori che sarebbe pronto a morire per te, eh? Non l'avrei detto. Vivi la tua vita con passione, ogni cosa che fai, falla bene. In un mondo di confusione la gente non dice mai quello che pensa, se vuoi una risposta diretta vattela a cercare. Puoi crearti la tua fortuna, ti crei il tuo destino, credo che ne hai il potere se lo vuoi: puoi fare ogni cosa che vuoi se ti impegni un pochino di più; un po' di fede si perde lungo la strada. Siamo qui per qualche ragione? Mi piacerebbe sapere cosa ne pensi, sapere cosa succede quando moriamo. Spero che la mia vita non sia un caso aperto e chiuso. Percezione extra sensoriale, vita dopo la Morte, telepatia: può l'anima continuare a vivere e viaggiare attraverso lo spazio ed il tempo? Più accattivante e coinvolgente é Judas Be My Guide, forse uno dei migliori brani "secondari" del platter, ammorbidito da valide melodie strumentali e vocali: esso esamina il lato oscuro di ognuno di noi con un testo ironico sul mondo in rovina, in cui dominano la morte ed il buio interiore. La figura di Giuda é quella che rappresenta ognuno di noi, alfieri di un costume indirizzato al guadagno. cerchiamo di vendere ogni cosa, anche noi stessi, senza che nient'altro importi: Luci spente, viviamo nell'oscurità; nessun dubbio, tutto é in vendita, il mondo intero sta bruciando: preghiamo Dio per un mondo migliore. Dickinson affermò, a riguardo, che quando questa tendenza diventerà abbastanza forte da essere padrone del mondo, saremo fottuti: che la condizione si sia realizzata? Il rock sempliciotto di Weekend Warrior, molto simile a quanto udito nel disco precedente, fotografa il mondo degli hooligans, soffermandosi sulla violenza che circonda il mondo del calcio; un brano contro il tifo violento di quegli estremisti che hanno la partita, l'insulto e lo scontro con i rivali come unico scopo di vita, con una morale assai convinta nelle parole di Bruce Dickinson: quando tornano ai loro lavoretti, ti rendi conto che non sono niente. Non meno pungente il testo del brano: Ribelle ieri, scemo domani. Chi prendi in giro facendo il duro? Cerchi di scappare dal percorso del gregge, ma nessuno ti ascolta e quindi devi tornare indietro. Sei un guerriero del fine settimana quando sei nel branco, ma è finita, guarda come ti sei ridotto! E' tutto una sbruffonata quando sei fuori con gli amici, siete persone differenti quando attraversate i cancelli [...] Dopo tutto è solo una partita, o no? Prima di giungere alla pomposa titletrack, dunque, annotiamo dunque la presenza di un unico brano ad ispirazione cinematografica o letteraria, cosa che rompeva in maniera forte con la tradizione maideniana: The Fugitive. Un riff aggressivo ed efficace introduce la traccia, che alterna passaggi melodici e malinconici a ruggenti inasprimenti musicali: la traccia si rifà all'omonima serie televisiva degli anni sessanta (della quale verrà anche registrato un film nel 1993), nella quale un noto chirurgo viene ingiustamente accusato dell'omicidio della consorte e riesce a fuggire dalla polizia grazie ad un rocambolesco incidente del furgone che lo stava trasportando al fresco; sospinta da un bella sezione solista, inizia la fuga del protagonista (Sono malato e stanco di correre, la fame e il dolore, una fermata per guardarsi intorno poi corro ancora: essere nel posto sbagliato e nel momento sbagliato, Essere sospettato di un omicidio, questo era il mio crimine. Sono un fuggitivo, cacciato come se fosse un gioco; mi guardo sempre intorno, mi guardo sempre alle spalle, sarò sempre un bersaglio da attaccare. Mi sposterò sempre, sarò sempre in fuga, aspettando di essere sotto il tiro di una pistola carica), inseguito da un federale ma determinato a consegnare alla giustizia il vero omicida: se proverò la mia innocenza un giorno, dovrò prenderli tutti e fargliela pagare; sono un fuggitivo, cacciato come se si trattasse di un gioco, sono un fuggitivo, ma devo essere riabilitato. Il full length é concluso in grandissimo stile dalla titletrack Fear of The Dark, dunque, il pezzo migliore del lotto e forse l'unico degno di collocarsi accanto agli immortali classici del passato: un arpeggio struggente e melodico, le folate esplosive di melodia galoppante, i chorus epici, gli assoli pazzeschi ed i fraseggi avvolgenti, un ritmo trascinante ed emozionante e tutto quant'altro caratterizzava la produzione ottantiana degli Iron Maiden é riscontrabile in questa composizione, ancor'oggi amatissima dai fans e puntualmente riproposta in sede live. E' la storia di un uomo che cammina di notte in un parco e, con l'aumentare del buio, diventa paranoico, perché la sua immaginazione gli fa vedere cose inquietanti. La canzone simboleggia dunque le paure che si configurano nella nostra testa: il terrore della morte (il buio), il chiedersi cosa c'é dopo o, più semplicemente, la paura del buio in senso letterale, quella che ci attanaglia quando abbiamo la sensazione di aver visto o sentito qualcosa di anomalo, di non essere soli: A volte, quando hai paura di guardare nell'angolo della tua stanza, hai avuto la sensazione che qualcosa ti stesse osservando? Sei mai stato solo di notte, convinto che qualcuno ti camminasse alle spalle, e quando ti sei voltato non c'era nessuno? E se cammini più velocemente é difficile voltarsi di nuovo, perché sei sicuro che ci sia davvero qualcuno. Hai guardato film dell'orrore la notte prima, discusso di streghe e folclore; l'ignoto ti sconvolge, forse la tua mente ti sta giocando qualche brutto scherzo, senti qualcosa e di colpo gli occhi vedono delle ombre che danzano dietro di te. Paura del buio, paura del buio, ho costantemente paura che ci sia qualcosa vicino, ho una fobia che lì ci sia sempre qualcuno. Curiosamente, Bruce Dickinson dichiarò che Steve Harris aveva davvero paura del buio. Il singer, dopo un tour estenuante affrontato senza troppo entusiasmo, lascerà clamorosamente la band per dedicarsi alla sua attività solista, aprendo un periodo di polemiche e grandi incertezze.


RINO GISSI, METALLIZED.IT. PARTE SECONDA
Lontano, meno cruento, ma sempre avvertibile: l'eco delle spade incrociate da prodi guerrieri non stentava a placarsi, nonostante nel corso di quell'epico 1995 i Blind Guardian avessero rilasciato un colpo inarrivabile ed irripetibile, una zampata -Imaginations From the Other Side- che concentrava ed esaltava tutti gli elementi tipici di un sound tipico e maestoso: potenza, velocità, tecnica, trame elaborate, enfasi, drammaticità, sfumature leggendarie, striatue medievali. Il combo di Krefeld aveva raggiunto la propria maturità: notevole era stata l'evoluzione stilistica, partita dai primi studio-album, terremotanti e classici manifesti del più classico speed-power tedesco (peraltro debitori di parecchie influenze targate Helloween, quelli di Walls of Jericho per intenderci), e giunta ad uno stile ricco, imponente e del tutto originale. Eppure la storia era giunta tutt'altro che al termine, e avrebbe conosciuto ancora dei capitoli avvincenti. L'act mitteleuropeo torna a farsi sentire nel 1996, con un prodotto per i fans più affezionati come The Forgotten Tales, il quale conteneva vecchi pezzi ri-arrangiati, versioni acustiche o sinfoniche di brani precedenti e cover atipiche di band come Queen (da sempre tra le massime influenze dei Nostri e omaggiati con la dolce Spread Your Wings), Uriah Heep e Beach Boys (proprio quelli di Barbara Ann e Surfin' USA): in realtà, al contrario delle parole entusiastiche della band, i brani propri che vennero rivisitati non sembravano realmente migliori degli originali, e pertanto questa compilation restava sltanto un assaggio rispetto alla portata succulenta che stava per giungere in tavola. Dopo un notevole lasso di tempo, nel 1998 venne rilasciato Nightfall in Middle Earth, ambizioso concept-album sul Silmarillion di Tolkien: sin dai primissimi ascolti apparve evidente il motivo per cui i cinque tedeschi avevano impiegato così tanto tempo per realizzare queesto gioiello. Il disco prevedeva una lunga tracklist, nella quale ogni pezzo rappresentava un tassello narrativo, anteceduto dalla relativa intro; rispetto al passato, gli arrangiamenti erano sempre più sofisticati, la vecchia velocità ultra-speed lasciava prevalentemente terreno alla melodia e anche la tradizionale potenza tipica dei Bardi veniva mitigata in ossequio di trame più curate, meno telluriche. Era un prodotto raffinato, aperto dall'ottima Into the Storm, sontuosa alternanza di forza e armonia, e impreziosito dalla struggente ed epica Nightfall: pathos alle stelle, intensità, cori, ogni nota ad incastrarsi magistralmente in un tessuto da brividi. Vampate di energia come Blood Tears ripolverano in parte l'antica furia rapida dei bardi, ma il vero gioiello del platter era Mirror Mirror, un autentico classico del quintetto di Krefeld: riff prestanti si alternano ad altri più melodici, cori copiosi ne riempiono ogni istante, fraseggi di chitarra folk-oriented conferiscono al disco l'ennesima sterzata verso una stupenda ambientazione fantasy, medievale. Risvolti struggenti si rincorrono e fanno capolini in episodi drammatici come Noldor, mentre un'aurea positiva aleggia in Time Stands Still. Pur rappresentando il più drastico cambio di stile intrapreso dai Blind Guardian, Nightfall in Middle Earth era un'altro disco meraviglioso, destinato a fare la storia del power metal: l'intelligenza e la crescita tecnica dei musicisti ha portato un songwriting più ricercato, evitando la ripetizione speculare di dischi già pubblicati e proponendo invece un valido passo avanti, nel quale la melodia, i cori, e certi arrangiamenti sinfonici prendevano il ruolo centrale che, in passato, era stato proprio di velocità e potenza, era una svolta ragionata e affatto commerciale, perché le strutture complesse e dense di particolari, sfumature e dettagli tecnici che avevano caratterizzato le releases precedenti non venivano abbandonati, ma anzi resi più sottili ed evidenti, merito del chitarrismo fluido e fine di André Olbrich e Marcus Siepen. Fu da questo disco che Hansi Kürsch si dedicò soltanto al microfono, lasciando il basso a Oliver Holzwarth, sia in studio che dal vivo: una scelta saggia, da parte del singer, il quale preferì concentrarsi soltanto sul suo ruolo principale, ammettendo anche i propri limiti con le quattro corde. La lista di musicisti complementari, abbastanza nutrita, ben lascia comprendere la cura maniacale e la mole di lavoro che stava dietro a questo disco: vennero utilizzati un tastierista, un pianista, un suonatore di flauto, quattro voci addizionali e due narratori, per sessantacinque minuti di musica elevata.

A questo dispiego considerevole di tempo ed energia seguì una pausa di alcuni anni, nei quali la band rimase avvolta in un sostanziale silenzio. Iniziavano a circolare voci riguardo la volontà di creare un disco interamente orchestrale, che sarebbero state rimandate molto a lungo, e soltanto nel 2002 i Blind Guardian tornanrono sul mercato con l'ennesimo grande disco: A Night at the Opera, un cospicuo concentrato di pezzi lunghissimi, ultra elaborati e sorretti da campali e pompose orchestrazioni, cori imponenti ed un cantato spesso e volentieri quasi operistico. Il sound tipico del combo tedesco, quadrato e potente era facilmente avvertibile, ma al contempo si aveva la sensazione di un cambiamento profondo: il vecchio speed-power che aveva consacrato la band lasciava prevalentemente spazio alle melodie ariose, molto positive, e agli arrangiamenti più articolati, solenni, segnando uno stacco sensibile anche dallo stile drammatico di Nightfall. Curiosamente, il titolo riprendeva quello del celebratissimo album dei Queen datato 1975; la band inglese era una nota influenza dei Bardi di Krefeld, e molti critici punzecchiarono Hansi Kürsch, tacciando la sua formazione di scarsa modestia. In realtà i Blind Guardian volevano soltanto rimarcare la natua quasi operistica del loro disco, il quale era contraddistinto da un numero costante orchestrazioni sintetizzate, senza certo voler scomodare paragoni con la Regina. Sebbene il disco ricevette commenti contrastanti -anche a causa della difficoltà a riproporre dal vivo brani così complessi, in quanto dotati di cori e orchestrazioni fondamentali per la riuscita stessa delle canzoni- A Night at the Opera era ricco di episodi significativi e trascinanti come Precious Jerusalem, Battlefield, Under the Ice (nella quale era possibile imbattersi in alcune accelerazioni degne dei tempi d'oro), la gioiosa Wait for an Answer, la medievaleggiante The Soulforged o la lunghissima And Then There Was Silence, che sfiorava il quarto d'ora di durata: da un lato ci fu chi criticò la band, accusandola di delirio di onnipotenza, mentre dall'altro ci fu chi considerò quest'opera un capolavoro colossale, degno di figurare al fianco dei sei masterpieces che lo avevano preceduto. La verità, come sempre, sta nel mezzo: A Night at the Opera era un ottimo album, dotato di momenti memorabili ma forse non del tutto all'altezza dei vecchi classici; é collocabile un gradino sotto i suoi predecessori, ma resta un prodotto che tante altre band neanche si sognano. In più di un'intervista, Hansi Kürsch ha voluto sottolineare che pur mantenendo un sound riconoscibile, la sua band ha sempre mantenuto un costante percorso evolutivo 'E' ovvio che ci sia gente che storce il naso ad ogni minima variazione sul tema, del resto penso sia normale che un gruppo giunto al settimo o all'ottavo disco abbia sviluppato uno zoccolo duro di fans legati al suono classico, che reagisce male alle sperimentazioni e a tutto quello che differisce dallo stile dei dischi precedenti. Ma é un fatto secondario, i Blind Guardian sono sempre cambiati disco dopo disco, e difatti un nostro stile 'classico' non esiste, come non esiste un nostro album che sia uguale ad un altro, fatta eccezione forse solo per i primi due, ma solo in parte'. Innumerevoli le citazioni letterarie, e non solo, presenti nelle liriche: Precious Jerusalem si rifà a Jesus Christ Superstar, uno dei dischi preferiti da Kursh, mentre Battlefield é ispirata all'Hildebrandenlied e Under the Ice alle vicende narrate nell'Iliade, in particolare quelle relative alla caduta di Troia e alla figura di Cassandra; in The Maiden and the Minstrel Knight si racconta la storia d'amore tra Tristano e Isotta, Wait for an Answer si appoggia su Il Ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde e The Soulforged tratta di un personaggio della saga Dragonlance (Raistilin), scelto dai fans tramite un sondaggio sul sito internet della band. Compaiono addirittura le figure di Galileo Galilei e Friedrich Nietzsche in Age of False Innocence (incentrata sulla persecuzione del primo) e Punishment Divine (che tratta la pazzia che colse il secondo negli ultimi anni di vita), mentre Sadly Sings Destiny si ricollega al vecchio capolavoro Another Holy War in quanto focalizzata sulla figura di Gesù Cristo, ed in particolare sul suo martirio. Le annate successive furono caratterizzate da un'intensa attività live e dall'uscita di alcuni documenti on the road, nei quali si evince la trascinante passione del pubblico e il sorprendente contributo corale apportato dai fans durante le canzoni: LIve; un doppio cd uscito nel 2003, ripercorreva gli episodi più avvincenti della discografia dei Bardi, mentre Imaginations Through the Looking Glass, il primo dvd del Guardiano Cieco, immortalò l'immenso Blind Guardian Open Air, un festival da loro organizzato e tenutosi a Coburgo nel 2004. Purtroppo, nel 2005 iniziarono a sorgere alcuni problemi personali tra il drummer Thomen Stauch ed il resto della band: il batterista lasciò dopo tanti anni e fondò i Savage Circus, rimpiazzato da Frederik Ehmke. Con la formazione rinnovata ed una nuova casa discografica, la Nuclear Blast in luogo della Virgin, i Bardi tornarono in studio e nel settembre 2006 rilasciarono il loro ottavo disco, A Twisth in the Myth, per la prima volta trainato non da uno ma da ben due singoli, Fly e l'ottima Another Stranger Me. Il disco é un'evoluzione naturale che abbraccia tutti gli stili intrapresi dai Blind Guardian nel corso della loro carriera: di solito non é pomposo e progressive come l'immediato predecessore, anche se in brani come The Edge emerge comunque la tendenza ad arrangiamenti sofisticati; le care vecchie atmosfere medievali vengono limitate ad alcune melodie e a riff circoscritti, mentre la potenza della sezione rimtica -che pure non é certo devastante e martellante come fino alla prima metà degli anni novanta- e l'impatto trascinante dei cori e dei refrain risaltano nei brani migliori: Otherland, Turn The Page, la stessa Another Stranger Me. Nel complesso, il prodotto è molto buono ed esaltante, amalgama sfaccettature epiche ad altre ambientazioni più ariose e positive, molto orecchiabili, ed é onorato dalla solita prestazione tecnica eccellente: trame e strutture sono sempre efficaci e complesse. Si può tranquillamente dire che, fino a questo momento: i metallers di Krefeld non abbiano sbagliato un solo colpo, un solo disco: una verginità non comune, tra tante band storiche avviate al declino.

Le tracce Carry the Blessed Home e Skalds & Shadows furono create per la colonna sonora del film di Uwe Boll, In the Name of the King, una scelta dichiaratamente orientata alla promozione del disco; sempre a proposito di colonne sonore, negli anni successivi venne composta Sacred World per il videogioco Sacred 2: Fallen Angel e poi inserita nel nuovo full length. Questo vide la luce nell'estate del 2010 e si intitolava At the Edge of Time, un album molto complicato sia nelle trame che nell'assimilazione, ma che tuttavia proseguiva sulla scia del precedente, nel tentativo di raggruppare tutte le diverse forma che il guardiano Cieco ha assunto nel corso della sua esistenza. Era stato annunciato dallo stesso Hansi Kursch come un ritorno alle origini speed-thrash della propria band, ma in realtà chi si aspettava qualcosa alla Follow The Blind é rimasto deluso: il nuovo album era più simile a Twisth in the Myth che a qualsiasi altra releases, anche se apparentemente perdeva un pò in incisività immediata, suonando vagamente forzato e difficile da assimilare. Non un cattivo album, sia chiaro, ma forse meno convincente di quelli che lo avevano preceduto. Imponente il lavoro svolto in sede di arrangiamento, se si pensa anche alla collaborazione con l'Orchestra di Praga. Per festeggiare i venticinqua anni di carriera, nel 2012 é stato rilasciato un best of contenente alcune canzoni ri-registrate ed alcune rimasterizzate, Memories Of A Time To Come, un prodotto eccellente sotto ogni punto di vista. Oggigiorno l'act tedesco riceve alcune critiche inaudite relative all'eccessiva articolazione delle proprie composzioni, ma in una bella intervista del 2009 Hansi ha provveduto fieramente a ricacciare al mittente ogni pregiudizio spiegando che 'le critiche vanno sempre pesate, perché col tempo si capisce quali sono quelle costruttive e quelle che non lo sono'; il cantante espose nel dettaglio il proprio pensiero: 'Parlando di fans, ognuno ha il diritto di avere la sua opinione e di criticare quello che non gli piace, ma non si può chiedere ad una band di stare ferma per sempre, solo perché un particolare disco é piaciuto molto. A chi ci critica ora chiedo di ascoltarci senza pregiudizi; se proprio la nostra evoluzione non soddisfa qualche vecchio fan mi dispiace, ma non posso farci niente. Ci consideriamo artisti e dobbiamo andare avanti per la nostra strada, perché sentiamo sia quella giusta. Certo, se arrivano critiche creative, da qualcuno che ci conosce o comunque mette in luce cose secondo noi fondate, le affrontiamo, le discutiamo, e cerchiamo di capire che cosa c'é sotto. Ci interessa sapere cosa pensano di noi i nostri fans, questo é chiaro, ma il tempo va avanti e non lo si può fermare. I Blind Guardian di oggi non sono quelli del 1990, e non potrebbero rifare solo i pezzi di allora. Le reazioni del pubblico sono molto importanti per noi, comunque, anche e soprattutto dal vivo. I pezzi di Night at the Opera ad esempio, sono molto complicati e dal vivo non hanno funzionato sempre bene, é un dato di fatto ed é qualcosa che ci é stato fatto capire come prima cosa dai nostri fans. Per questo Twist in the Myth é venuto fuori più lineare come disco'. Kursh aggiunse inoltre che 'Vogliamo comporre canzoni che si possano suonare dal vivo, divertendoci noi sul palco come divertendo il pubblico davanti a noi. Non vogliamo fare cose complicate per forza, ma andare avanti e migliorarci, che non vuole per forza dire aggiungere passaggi difficili in ogni momento'. A proposito della stratificazione stilistica del proprio sound-tipo, il bonario musicista ha spiegato: 'E' tutto un processo: pensa a Valhalla, che oggi é uno dei pezzi più vecchi che facciamo on stage ed é molto lineare. Quando l'abbiamo composta era forse il brano più articolato che avevamo, e nel tempo é stato raggiungo e superato da altri, ma resta un nostro classico. Su A Night at the Opera abbiamo forse fatto il passo più lungo di quello che volevamo, con armonie e passaggi che non possono essere riproposti dal vivo in maniera efficace a meno di non ricorrere a basi registrate o cose simili, e questo non lo vogliamo'. Il resto é storia recente: la band è impegnata per la stesura di un nuovo disco e per completare il tanto sospirato album solo orchestrale, incentrato su Il Signore degli Anelli; in tutti questi anni, Kursh ha anche trovato il tempo per dedicarsi ad un progetto parallelo chiamato Demons & Wizards (assieme a Jon Schaffer degli Iced Earth) e facendo delle comparsate su alcune canzoni di band quali Angra, Edguy, Dreamtone, Therion e, soprattutto, Gamma Ray, prestandpo la propria voce a Farewall, tratta dal capolavoro di Land of the Free. La discografia stupenda che questa leggendaria formazione ci ha regalato é un vero e proprio forziere di meraviglie, magiche ed inestimabili: l'eredità del power metal, il testamento pregiato del eprfetto connubio tra la forza straripante della musica dura e le sopraffine armonie ed atmosfere medievali. Forse per fuggire da una realtà deprimente e da una società corrotta, ci piace correre con la mente alle verdeggianti foreste ed ai castelli imponenti, alle lande fantastiche popolate da strane creature e alle polverose battagli tra cavalieri; in ogni caso, nonostante tutto, il clangore delle spade e il suono degli zoccoli di qualche poderoso destriero continua ancora ad echeggiare, e lo farà ancora molto molto a lungo, grazie alla meravigliosa Poesia di questi Bardi contemporanei.





Guardiani di una Fede, Guardiani di una Magia: lasciatevi trascinare in Lande fantastiche e in prati sterminati, attraverso vallate popolate di dragoni e castelli incantati, scalando montagne tenebrose e galoppando tra foreste verdeggianti e ruscelli incontaminati, guidati dalla magica melodia del Guardiano Cieco: i poderosi destrieri delle corazzate teutoniche afferrano il manto glorioso dell'Heavy Metal incontaminato e lo conducono nelle terre di mezzo, laddove grandiosità e leggenda gronderanno a fiotti dalla sua livrea! Stiamo parlando dei Blind Guardian, naturalmente, titani dell'hard'n'heavy europeo capaci di trasportare l'ascoltatore in un mondo magico, disegnato attorno ad un metal vivace e tellurico, di alto fatturato tecnico e dal forte impatto enfatico e melodico, merito di trame strumentali poderose e vocals avvincenti ed evocative. Nelle terre mitteleuropee il power metal fu fondato dai gloriosi Helloween, e proprio a loro si ispirarono i giovani Guardiani per intraprendere un nobile sentiero di metallizzazione senza confine: partendo dalla matrice epic speed delle zucche di Amburgo e dallo stile melodico impartito negli anni precedenti dai Maestri Iron Maiden, i Blind Guardian costruiscono un sound potentissimo e compatto, che irrobustisce il canonico power metal europeo facendogli fare un salto di qualità evolutiva notevole. Nell'arco della loro carriera i Bardi tedeschi hanno sfornato una serie di album importanti, ritagliandosi un ruolo di rilievo nell'universo metal mondiale: ormai inconfondibili sono il sound maestoso e la passione per i testi fantasy ispirati a celebri romanzi della letteratura mondiale [come 'Il Signore degli Anelli']. La storia inizia a Krefeld, un paesino tedesco dove a metà anni '80 la band muove i suoi primi passi. Prima di chiamarsi Blind Guardian, i quattro musicisti di Krefeld pubblicarono nel 1986 col nome di Lucifer's Heritage una demo dal titolo 'Symphonies Of Doom', che però non procurò loro un contratto discografico. La line up vedeva all'opera André Olbrich e Marcus Siepen alle chitarre, Hansi Kürsch alla voce e al basso e Thomas Stauch alla batteria; tuttavia, a causa del moniker 'satanico', la formazione tedesca veniva sovente etichettata come black metal band, il che interferiva non poco nell'attività del quartetto. Nel corso del 1987, dopo aver cambiato momentaneamente formazione [al posto di Thomen Stauch subentrò Hans-Peter Frey, mentre Christoph Theissen prese la chitarra ritmica al posto di Markus Siepen], uscì il demo 'Battalions of Fear.' Nel 1988 arrivò finalmente il contratto con la No Remorse Records, e con il rientro di Stauch e Siepen nella formazione base la band fece uscire finalmente il primo album con il nome di Blind Guardian: 'Battalions Of Fear', appunto, tipicamente heavy metal e ispirato ai lavori degli Helloween. Il disco è caratterizzato da un possente e robusto power metal, arricchito da doppia cassa a volontà ed una velocità serrata di matrice thrash, oltre che da guitar solos veloci e cristallini. Il nome del gruppo deriva dal titolo della canzone 'Guardian Of The Blind', ispirata al romanzo di Stephen King. L'anno successivo la band pubblica il suo secondo album, 'Follow The Blind', dallo stile molto simile a quello del suo predecessore sebbene l'inventiva compositiva e il bisogno della band di creare uno stile personale ne faccia già un album molto più maturo. Esso nasce con la collaborazione dell'amico comune Kai Hansen, chitarrista degli Helloween e successivamente cantante e chitarrista dei Gamma Ray, e manifesta ancora canzoni potenti e serrate di matrice speed-thrash, arricchite da assoli melodici sferzanti e vocalism ridondanti. Con il terzo lavoro, 'Tales From the Twilight World' [1991], i Blind Guardian cominciarono ad essere riconosciuti come uno dei migliori gruppi metal tedeschi emergenti, sfondando anche in campo internazionale. Questo è stato l'album che ha lanciato i 'guardiani' nel panorama metal mondiale, e che ha stabilito le basi di quello che poi diventerà il tipico sound epico della band. La potenza delle sonorità, le musiche complesse e tipicamente speed ne fanno il terzo capitolo di una trilogia di album davvero affascinanti. In esso iniziano già a percepirsi elementi epici e medievaleggianti che diventeranno segno distintivo del combo teutonico già dal disco successivo. Con l'uscita di 'Somewhere Far Beyond', nel 1992 i Guardian svoltano verso una dimensione più profonda e caratteristica del loro sound, abbandonando la prevalenza di ritmiche speed-thrash dei primi tre dischi pur senza rinunciare a velocità travolgenti. Il disco segue come stile il lavoro precedente, nonostante gli vengano conferite sostanziali novità ritenute il punto di inizio della nuova potenza compositiva del gruppo: maggiore epicità e melodia, imbevute di galoppate fantasy e sonorità pregne di folclore, atmosfere e contaminazioni medievali. Il disco è eccezionale e delinea uno stile preciso e personalissimo della band di Krefeld, che sorpassa ormai gli Helloween [orfani del leader Kiske] sul trono mondiale del power metal. Dopo alcuni anni d'attesa, l'anno di grazia 1995 vide l'uscita del capolavoro assoluto della formazione teutonica, 'Imaginations from the Other Side', che rimarcò una direzione ancor più significativa nella scelta delle melodie e della composizione. E' un album molto più complesso dei precedenti, ancor più melodico, potente e moderno nonostante i già elevatissimi livelli toccati da 'Somewhere Far Beyond', caratterizzato da un sound estremamente corposo e possente, soprattutto nella batteria e nelle intricate melodie chitarristiche. 'Imaginations' viene considerato da parte di critica e pubblico uno dei migliori power album mai pubblicati, e a pieno merito riveste il ruolo di superclassico della truppa di Krush. Il tema portante dell'album è l'attrazione per il fantastico, e il sound è un viaggio nelle atmosfere medievali a ritmo di doppia cassa battente e robusta, che alle accelerazioni e alle galoppate abbina una melodia ed un'energia davvero travolgenti. La capacità di coinvolgere fino al delirio l'ascoltatore è sempre stata, del resto, una grande peculiarità dei Blind Guardian. Nel 1996 fu pubblicata la raccolta di cover song 'The Forgotten Tales', che riscosse molto successo tra i fan. Oltre alle cover di canzoni dei Queen, degli Uriah Heep, dei Beach Boys e di Mike Oldfield, contiene anche alcune versioni acustiche e orchestrate di alcuni dei loro successi. Dopo un lungo lasso di tempo i Blind Guardian ritornarono sulla scena con l'uscita del singolo 'Mirror, Mirror', seguito dal concept album 'Nightfall in Middle Earth' [1998]. Un album intensissimo e magico, in cui lyrics e musiche si intrecciano in modo perfetto prendendo una svolta melodica ancor più evidente: le composizioni epiche e in stile medievale si permeano di elementi meno potenti e tipicamente power, lasciando spazio alla sinfonia e ai tecnicismi. Un concept sul Silmarillion di Tolkien, capace di trasportare l'ascoltatore proprio in quei luoghi fantastici, facendoli vivere sulla sua pelle in maniera travolgente. Da questo album Kürsch abbandonò completamente il basso per dedicarsi esclusivamente alla voce.Nel 2002, dopo l'uscita del singolo 'And Then There Was Silence' (contenente la più lunga canzone scritta dai Bardi, di oltre 14 minuti), fu pubblicato l'album 'A Night at the Opera', che riprende le sonorità del disco precedente affiancandovi però dei veri e propri arrangiamenti orchestrali. E' la terza direzione intrapresa dai Guardian nella loro carriera: dopo il power potente e grezzo degli esordi, e quello più medievaleggiante e barocco dei Nineties, ecco il lato più sinfonico e meno aggressivo della band. A solo un anno di distanza i Blind Guardian fecero uscire un doppio cd live contenente numerose canzoni del tour mondiale di quell'anno, dal titolo 'Live'. Questo prodotto è un'altra scelta coraggisa della band, che consapevole del fatto che la totalità dei dischi live viene sempre in qualche modo ritoccata in studio, decide di pubblicarlo senza alcuna modifica, scusandosi scherzosamente con i fan se non dovesse piacere. Nel 2005, per divergenze nei gusti musicali, il batterista Thomen Stauch lasciò la band senza rancore fondando i Savage Circus e i Blind Guardian lo sostituirono con un più giovane Frederik Ehmke. Nel marzo del 2006 è uscito Fly, il nuovo singolo della band, seguito dall'uscita a settembre dell'ultimo album, 'A Twist in the Myth'. Esso possiede un sound più diretto del predecessore. La band annuncia in alcune interviste l'uscita nel 2010 di un album power metal che segnerà un ritorno al sound più maestoso e tellurico dei tempi d'oro, addirittura innervato di un'anima thrash. Inrealtà 'At The Edge Of Time' è potente e melodico ma ancora nello stile intrapreso negli ultimi dischi, ricco dunque di sonorità enfatiche e dalla melodia solenne prima che aggressiva. Il lavoro dei Guardians non si ferma però qui, perchè già nel 2009 era stato annunciato un disco solo orchestrale dedicato totalmente al romanzo 'Il Signore degli Anelli', dove non vi saranno parti metal, ma solamente l'orchestra con la voce di Hansi Kürsch, previsto per il 2011.
VIOLENT REVOLUTION

KREATOR [THRASH METAL], 2001
'Violent Revolution' rappresenta il ritorno all’ovile dei thrasher tedeschi, accusati -in parte giustamente- di aver intrapreso una via troppo sperimentale e poco consona alla loro attitudine, che ha raggiunto il culmine con i due precedenti album, 'Outcast' e 'Endorama', lavori lontani dal sound peculiare del quartetto e miscela, a volte ben riuscita a volte no, di metal classico, gothic, rock ed elettronica. Acquisito un nuovo axeman in sostituzione di Tommy Vetterli, il finlandese Sami-Sirnio, i Kreator si mettono di buona lena e sfornano un album che senza dimenticare la lezione melodica degli ultimi anni si pone come congiunzione ideale ai primi anni novanta, quelli di 'Coma Of Souls'. Su una base thrash violenta e veloce come da copione la band innesta, con cautela, melodie e passaggi più intricati, ricordando più di una volta le produzioni svedesi o i Nevermore, merito probabilmente della perfetta produzione del solito Andy Sneap. L’opener 'Reconquering the Throne' è una mazzata che fin dal titolo rende chiari i suoi intenti; riff veloci, drumworking accanito e il ritorno della voce trapanante di Mille rendono questo brano tra i migliori dell’album, che ha in verità moltissime frecce al suo arco. La cadenzata title-track mette in risalto le eccellenti doti ritmiche di Ventor supportate da un riffing ispiratissimo, così come 'Servant In Heaven King In Hell', mentre il massacro é ancora garantito con 'Second Awakening', l’inno dedicato ai fans 'All of the Same Blood' e la contorta ma affascinante 'Replicas Of Life', vero e proprio ‘resumen’ del disco. Peccato che verso la fine il platter si accartocci infilando alcuni brani tutto sommato trascurabili, privi della qualità mostrata in precedenza, anche se è evidente come i Kreator abbiano saputo riprendersi alla grande il proprio ruolo nell’ambito thrash metal. Un lavoro che farà gioire tutti i fan ormai rassegnati da 'Endorama', i quali potranno godere della ritrovata violenza, rivestita in chiave più tecnica: i Kreator si riprendono il loro legittimo trono, rimasto vuoto per troppi anni.