IL RITORNO DEI GUARDIANI

BLIND GUARDIAN, DUE DISCHI PER IL 2010. Preparatevi, power metallers venuti dal Valhalla: un enorme macigno sta per abbattersi sulle vostre teste, perché i Maestri assoluti del genere stanno per tornare a macinare riffs prepotenti e fantastici dall’alto della loro discografia praticamente vergine da errori. I tedeschi Blind Guardian stanno infatti lavorando ad un nuovo album che, nelle parole del singer Hansi Kursch, segnerà il ritorno in pista del vecchio Guardiano, quello potente e roccioso delle prime due porzioni di carriera –quella grezza e diretta di ‘Battalions Of Fear’, ‘Follow The Blind’ e ‘Tales From The Twilight World’ e quella più melodica e intensamente medievaleggiante del trittico d’oro ‘Somewhere Dar Bayond’, ‘Immaginations From The Other Sides’ e ‘Nightfall On Middle Earth’- abbandonando la sinfonia e le orchestrazioni cerebrali, tecniche e operistiche degli ultimi due lavori, meno tellurici e meno power style di quanto i Guardians ci avessero abituato nel corso dei Nineties. ‘Sarà un album di pezzi elaborati e tendenzialmente molto maestosi’, spiega Kursch, ‘ma ci sono anche brani più diretti, che se vuoi richiamano i vecchi Blind Guardian, con qualche elemento thrash. In genere ci sono molti richiami alle cose che abbiamo fatto in passato, anche se gli ingredienti sono spesso nuovi. Ci saranno alcuni passaggi di ispirazione orientale ed altri più vicini alla nostra tradizione, un po’ celtici e un po’ mistici’. La composizione e la stesura dell’album procede spedita: ‘Sarà un disco abbastanza lungo, dobbiamo scrivere ancora due pezzi per completare lo spettro sonoro del disco. Vogliamo recuperare quest’anima thrash che avevamo in passato e siamo molto fiduciosi’. Kursch appare entusiasta e garantisce: ‘Se tutto esce come lo abbiamo in mente credo che i nostri fans avranno pane per le loro orecchie. Sarà un disco di classico heavy metal, ma sempre di heavy metal visto dai Blind Guardian’. Kursch ha inoltre spiegato come i passaggi ultratecnici e complessi degli ultimi due dischi verranno parzialmente abbandonati, anche perché troppo freddi da riprodurre on stage. Hanno rappresentato una breve parentesi, un’evoluzione necessaria e interessante ma ora sembra che la band sia destinata a riprendere il suo sentiero portante. Le sorprese tuttavia non finiscono qui, perché la band sta tuttora lavorando ad un tanto annunciato album orchestrale, iniziato a comporre nel 1999: se dopo ‘Nightfall In Middle Earth’ i BG unirono il loro power potente alle soluzioni orchestrali, producendo due album meno esaltanti, ora hanno deciso di tenere separate le due correnti senza accantonare nessuna delle due. Proprio così: i Guardian sono e restano quelli ultrapower che abbiamo sempre amato, ma l’anima sinfonica che ha contaminato gli ultimi due lavori sfocierà in un secondo disco previsto per il 2011! ‘Siamo andati avanti anche con quello, in parallelo col nuovo disco regolare dei BG. A breve inizieranno le registrazioni vere e proprie e più avanti entrerà in scena un’orchestra vera e propria. Il focus rimane il nostro disco regolare, sarà il disco ‘heavy’ ad avere la precedenza. Vorremmo essere pronti col disco heavy per l’aprile 2010, che così potrebbe uscire tra settembre e ottobre. In quel periodo dovremmo finire anche il disco orchestrale, che a questo punto dovrebbe uscire a inizio 2011. ripeto, se tutto va bene!’. Insomma, fans dei Blind guardian, del teutonic power più potente e di quello sinfonico, tenetevi pronti, perché i prossimi 15 mesi ci riservano delle uscite assai gustose forgiate dalle mani dei Maestri, lassù, direttamente dal Valhalla!

THE STORY OF HEAVY METAL

METALSTORY- Due dita amputate in una pressa e un’infanzia in una scuola che tremava per i colpi tozzi dei macchinari della vicina fonderia: le radici comuni di Black Sabbath e Judas Priest puzzano del fumo delle ciminiere di Birmingham, metà anni ’60, e affondano nelle storie di Tony Iommi e Robert Halford. Iommi suona la chitarra ma l’incidente alla mano non lo ferma, si costruisce protesi di fortuna e di fatto ‘inventa’ l’heavy metal, un po’ tra la leggenda dovuta a questo episodio e un po’ per la reale intuizione dell’abbassamento di accordatura che imprime al suo strumento. Con l’ex rivale di scuola Ozzy Osbourne, emblema del MadMan pazzo e irrequieto, mette in piedi i Black Sabbath, e presto abbandona le influenze blues per dedicarsi ad un sound nuovo, oppressivo e sulfureo, che si trascina inquietante in riff potenti e tematiche d’impatto, dalla difficoltà di vivere alla curiosità morbosa per il surreale, il demoniaco, il postmortem. Album come ‘Black Sabbath’, ‘Paranoid’, ‘Master Of Reality’, ‘Volume IV’ e ‘Sabbath Bloody Sabbath’ sono dei colossi seminali per l’evoluzione del genere. DOOM METAL, LA MARCIA SINISTRA

I JUDAS PRIEST.
Evoluzione che passa a essere guidata dalle rombanti motociclette dei Judas Priest, capitanati da quel Rob Halford cresciuto vicino al metallo: quello della fonderia che faveva tremare il suo banco di scuola, quello che diventa anima vibrante del sound della sua band. Gli esordi hippy e progressive rock di ‘Rocka Rolla’ vengono presto seppelliti sotto i riff marziali e agli assoli fulminanti di dischi basilari quali ‘Sad Wings Of Destiny’, ‘Sin After Sinner’, ‘Stained Class’, ‘Killing Machine’ e soprattutto ‘British Steel’: acciaio inglese allo stato puro, incandescente e sempre più marcato, veloce, debordante. Un ammodernamento incredibile al sound dei Sabbath: in pieno fenomeno punk, quando di moda andavano i Sex Pistols e l’anarchia strafottente, i Priest si fanno alfieri della New Wave Of British Heavy Metal, una corrente musicale che riporta in auge l’heavy metal. Il metal stravince, esaltato dalla sua forte componente qualitativa e di longevità, sotterrando il punk nella categoria ‘fenomeni di passaggio’. E intanto i Priest continuano la loro serie di colpi da Maestro, album leggendari e stratosferici come ‘Screaming For Vegeance’ e ‘Defenders Of The Faith’, fedeli al loro credo metallico, rinvigorito anche nell’aspetto fisico voluto da Halford: il ‘MetalGod’, come viene ormai chiamato da tutti l’uomo dagli acuti terrificanti, ha segnato una rotta fatta di pelle, borchie, chiodi. E tutti gli headbangers hanno seguito la sua strada. LE ORIGINI: DAI BLACK SABBATH AI JUDAS PRIEST

GLI IRON MAIDEN E LA NWOBHM.
Ormai sull’olimpo, negli anni ’80 i Priest lasciano spazio ad una band che emerge dal calderone delle tante ottime scuole della NWOBHM: tra Saxon e Anvil, Samson e Diamond Head spiccano gli Iron Maiden, coloro che si rifiutano di convertirsi al punk quando nessuno più voleva sentire suonare heavy metal. I Maiden, creatura fortissimamente voluta dal loro bassista (e calciofilo) Steve Harris, dicono no alla volontà della casa discografica e proseguono a testa bassa con il loro metal ancora più vivace e innovativo, molto stradaiolo ma fresco e cristallino grazie ad una melodia ricercatissima. Il debutto, l’omonimo ‘Iron Maiden’, desta scalpore e ci porta direttamente nell’epoca moderna, sulle note funamboliche di ‘Phantom Of the Opera’ o su quelle esplosive della titletrack. Basta un altro disco, ‘Killers’, a fare un passo da giganti: ma il cambio di singer, dall’irascibile e inaffidabile Paul DiAnno, troppo spesso schiavo di droga e alcool, al colto e travolgente Bruce Dickinson, fa fare alla band il definitivo salto di qualità internazionale. ‘The Number Of The Beast’ è un classico epocale ed è la chiara sintesi della nuova corrente della formazione inglese: non più stradaiola e aggressiva ma più epica, strutturata nella tecnica ed elaborata nelle liriche di stampo storico, letterario, cinematografico. La voce spettacolare di Dickinson sposa alla perfezione la carica epica delle cavalcate metal suonate da Harris, Dave Murray, Adrian Smith e dal batterista Nicko Mc Brain: il concept ‘Powerslave’ (1984) è un apice tecnico di chiaro valore per gli Iron Maiden che, ormai conosciuti ovunque grazie anche alla loro mascotte –lo zombie Eddie- si mantengono su alti livelli fino a fine decennio. GLI IRON MAIDEN GUIDANO LA RIVOLUZIONE DI METALLO

I MANOWAR E L'EPIC.
Intanto, oltreoceano, il metal prende piede in America e lo fa curiosamente riscoprendo il gusto dell’epica e della leggenda: i Manowar portano al limite del pacchiano il concetto di appartenenza, esibendo un repertorio vastissimo tutto ancorato a parole come war, fight, brother, metal, king, warriors, steel, power e via dicendo. Eppure la loro proposta musicale è incredibilmente esaltante: un suono solenne ed epico che da ‘Battle hymns’ a ‘Into Glory Ride’, proseguendo con ‘Hail To England’ e ‘Sign Of The Hammer’, inaugura un sottogenere che gronda orgoglio e gloria come l’epic metal. I Manowar degli esaltatissimi Eric Adams e Joy DeMaio puntano agli effetti speciali: ritmi ora lenti e ora veloci, sonorità robustissime, ideologie e valori di fratellanza e lotta continua al mondo esterno, ampia glorificazione del proprio ego e del proprio Verbo. Il risultato è travolgente: o li ami o li odi. EPIC METAL, I DEFENDER DELL'HEAVY METAL

IL FENOMENO DEL GLAM.
Eppure gli anni ’80 vedono il metal affrontare un nuovo priodo di sbandamento. Iniziato dall’hardrock dei Van Halen, prende piede il glam metal dei Motley Crue, dei Twisted Sisters, degli Skid Row; un genere più dolce e ballabile, lontano dagli standard di machismo imposti dai Priest pochi anni prima. La forte impronta visiva, rimarcata da look sgargianti, capelli cotonati e abiti da sexy shop, lascia intendere come il glam metal sia stato soprattutto un fenomeno di costume, centrato sulle sregolatezze e dul divertimento a tutti i costi: donne, auto, alcool, soldi, droga. Con il suo suono ammiccante e il suo aspetto curioso, il glam diventa presto la caricatura di se stesso: piace a molti e inizia a finire sulle copertine e nelle hit parade, grazie alla ballad e a band capaci di vendersi al successo senza compromessi: Quiet Riot, Cinderella, Poison. GLAM METAL, SPETTACOLO E SPASSO

I METALLICA E L'AVVENTO DEL THRASH.
Ma l’heavy metal non era nato per essere piacevole, non era nato per essere lustrini e capelli cotonati: qualcuno, in California, si stava decisamente incazzando. Los Angeles, la capitale del glam: qui cresce la desolazione di James Alan Hetfield, frustrato dalle imposizioni dei bigotti genitori e lacerato da una sete di libertà e verità che troppo bene si sposava col suono di una chitarra elettrica, da imbracciare furioso durante un sano headbanging. La rivoluzione parte da qui, dalla stessa Los Angeles: Hetfield cerca un batterista e lo trova in Lars Ulrich, danesino che porta in dote un posto garantito sulla compilation ‘Metal Massacre: Vol.1’. Senza ancora una band, i due registrano ‘Hit The Lights’, e la reazione degli ascoltatori è un tumulto. Troppo veloce, troppo grosso, troppo furioso l’heavy metal che sgorga dagli epilettici riff di Hetfield, per essere accostato al sound classico. E’ una svolta epocale: la band di Hetfield, i Metallica, dopo vari cambi di formazione si sposta a San Francisco –lontano dal furoreggiare del glam, delle spiagge e del lusso scintillante- su richiesta del nuovo eccezionale bassista, Cliff Lee Burton, e qui fanno tremare la prima scossa di un terremoto chiamato thrash metal: ‘Kill’Em All’ (1983) è il loro album seminale, in cui la velocità è accentuata dagli stacchi e cambi di tempo, oltre che da una voce urlata e dai tipici riff spezzettati e sparati a grande rapidità, su un tappeto martellante di batteria. Una sonorità tutta nuova, che apre il sentiero dell’estremizzazione dell’heavy metal. I METALLICA E L'IRRUZIONE DEL THRASH METAL

IL THRASH METAL.
La zona geografica da cui i Metallica mettono al muro il metal innocuo dei glamster, la Bay Area di San Francisco, è particolarmente proficua, e i suoi Figli vanno a completare l’evoluzione e la maturazione completa del nuovo filone. Una corrente per lo più oscura, incentrata sulla rabbia e l’insoddisfazione verso la politica, la guerra, la religione, la società chiusa e dogmatica, ogni forma di imposizione e chiusura verso la libertà spensierata. Gli Slayer sono i più infuriati ed estremi: il colpo grosso arriva nel 1986, al terzo album, l’epocale ‘Reign In Blood’, ritenuto uno dei capolavori massimi del metal nel suo complesso. I Megadeth, fondati dallo schizofrenico Dave Mustaine –chitarrista cacciato dai Metallica per la sua isteria e la passione per gli stupefacenti- accentuano con melodie intricatissime il lato tecnico e strutturale del thrash: ‘Peace Sells’ e ‘Rust In Peace’ restano i lavori più pregiati della casa. Generalmente si tende a parlare di ‘quattro pilastri del thrash’, anche se in realtà gli Anthrax arrivavano da New York e non dalla California: ‘Among The Living’ e ‘Spreading The Disease’ li consegnano ai posteri con il loro fare scanzonato e guascone, il contrario del cupo pessimismo dei loro colleghi thrashers. La Bay Area intanto continuava a produrre talenti. I Testament, che però arrivano cronologicamente appena dopo i gruppi citati, uniscono la melodia e la carica emotiva dei Metallica alla furia degli Slayer: ‘The Legacy’ e ‘The New Order’ fanno il botto. Dalla Bay Area provenivano anche Overkill, Laaz Rockit, i terribili Exodus con il loro immortale ‘Bonded By Blood’ e i Possessed. THRASH, NON SOLO METALLICA- I SOTTOGENERI: DAL THRASH AI GIORNI NOSTRI

IL RUGGITO DEL BLACK.
Il thrash fu una risposta pesante al glam, ma bisogna dire che in Europa il metal era rimasto abbastanza serio per incutere rispetto e timore. Dall’Inghilterra, gli storici rocker Motorhead influenzarono non poche band che, come i Venom, diedero origine al movimento del Black Metal, scarno quasi come il punk e tremendamente lugubre, perfido, satanico. Dischi come ‘Welcome To Hell’ e ‘Black Metal’ ispirarono proprio le band della Bay Area: gli stessi Metallica sono cresciuti con la musica di Cronos e compagni, e il thrash nasce proprio dalle accelerazioni intuite dai blackster. Il filone black proseguì la sua evoluzione inasprendo la musica e le tematiche, supportato via via da alfieri come Bathory, Mercyful Fate, Marduk e Mahyem. BLACK METAL, SANGUE E BLASFEMIA- VIKING METAL, BLACKSTER ALLA NORVEGESE

DAL THRASH AL DEATH.
Il thrash nel frattempo faceva passi da gigante. I Metallica, le stelle più brillanti, mettevano a segno colpi clamorosi con dischi immortali come ‘Ride the Lightning’ e ‘Master Of Puppets’, ritenuto da molti il platter definitivo per eccellenza del thrash e dell’heavy in generale. La band di Hetfield era praticamente sovrana della scena, ora con un repertorio più vario ed elaborato in cui potevano passare indifferentemente dalla velocità spaccaossa degli esordi a macigni ossessivi e potenti, da pezzi aggressivi e duri come rocce ad altri più dolci e melodici, analizzando tutti gli stati d’animo riscontrabili nella personalità umana. Purtroppo nel 1986 la perdita, in un incidente del tourbus, della mente e braccio Cliff Burton, segnerà un’escalation prepotente che già così, mozzata, resterà irripetibile. Mentre i canadesi Annihilator portavano alla massima esaltazione il discorso tecnico aperto dai Megadeth (‘Alice In Hell’, 1989), andava nascendo il figlio diretto del thrash, il death metal: ancora più furioso e caratterizzato da varietà e tecnica maggiori. I Death, i Morbid Angel, gli Obituary: sono i nomi e i programmi di band con i piedi immerse nella sofferenza e nella rabbia, da urlare al mondo (spesso e volentiri con un cantato growl) su uno spartito drammatico di morte e distruzione messe in musica. DEATH METAL, MORTE IN MUSICA

LA CRISI DEI NINETIES.
Sul finire degli Eighties, dopo essere sopravvisuto al punk e al glam, l’heavy metal stava andando incontro al decennio più difficile: gli anni ’90, aperti sotto il segno del grunge e del crossover, avrebbero segnato un lungo periodo di agonia. E pensare il modo stellare in cui si erano aperti: ‘Painkiller’ è il testamento dei padri fondatori Judas priest, tornati a troneggiare sull’olimpo del metallo con un album tellurico che è, da solo, la perfetta sintesi di un genere musicale, di un’ideologia di vita, la dimostrazione più elettrizzante di come si suonano le chitarre e di come una batteria può fare tremare il culo. L’ultimo sussulto dei Priest non bastò a evitare il peggio. I Metallica, proprio loro che il metal duro lo avevano fatto uscire dalla nicchia, lo affossarono con un successo commerciale di proporzioni enormi come il Black Album, un boom radiofonico che portò l’heavy metal nelle case di tutti. Identico il sentiero seguito dagli Iron Maiden (‘Fear Of The Dark’), che andarono anche incontro all’addio del vocalist Dickinson e ad un periodo di crisi nerissima. Quasi tutti i gruppi thrash sparirono dalla scena o iniziarono a produrre album patinati e radiofonici. Solo gli Slayer e i Testament sembrarono resistere, ma senza produrre lavori alla loro altezza. Death e Black erano ormai due blocchi inscalfibili e proseguirono sulla loro strada senza tentennamenti: grandi dischi e grandi band, ma la storia del metal sembrava non passare di lì. Qualcuno credette addirittura che potesse tornare in auge il fenomeno glam metal, grazie alla gloria fulminea ma travolgente di un gruppo grande e dannato come i Guns’n’Roses, che visse un periodo di massacrante splendore prima di affondare nei suoi stessi eccessi.

IL CICLONE POWER METAL.
La strada ora più luminosa sembrava quella nata in Germania negli ultimi anni degli Eighties. Se c’era stato chi aveva preso l’heavy dei Judas Priest e degli Iron Maiden portandolo all’estremizzazone urbana più grezza, c’era ora chi ne ereditava la melodia e la enfatizzava con galoppate fantasiose e piene di pathos, velocissime e tutt’altro che cupe, scandito da una doppia cassa mozzafiato. Gli Helloween e il power metal: storie e leggende, castelli e dragoni, magie e guardiani. Il power che si evolve tra ‘Walls Of Jericho’ e i due ‘Keeper of The Seven Keys’ getta le basi del filone che terrà il metal flebilmente in vita negli anni ’90. Il testimone passa dagli Helloween ai connazionali Blind Guardian, terribilmente più possenti e travolgenti con il loro epico muro del suono che giungeva direttamente dal medioevo. Tre album tellurici e poi una svolta ancor più melodica e di ambientazione fantastica, accentuata dall’introduzione di suoni e strumentazioni particolari che fanno dei Bardi tedeschi uno dei maggiori esponenti di un genere che annovera tra le sue fila anche i Gamma Ray e gli italiani Rhapsody Of Fire, col loro power barocco e rinascimentale davvero innovativo. I Guardian entrano nella leggenda col trittico ‘Somewhere far Behyond’- ‘Immaginations From The Other Sides’- ‘Nightfall On Middle Earth’. Nel frattempo erano rimasti solidamente sulla scena i True Defenders per eccellenza, i Manowar, che non sono power ma che con altri dischi eccellenti come ‘Kings Of Metal’ e ‘The Triumph Of Steel’ diedero fiato agli entusiasmi di chi ancora troppa sete di metallo puro aveva negli anni dell’avvicendamento tra gli ennesimi fenomeni di passaggio: prima il crossover, ora il nu-metal, l’impura contaminazione del Verbo con l’hip-hop e con sonorità di accordatura diversa e molto più fredda di quella tradizionale. POWER METAL, POTENZA E FANTASIA IN MUSICA

LA RINASCITA.
Per fortuna gli anni ’90 sono anche stati gli anni in cui i Dream Theater, musicisti di qualità sproporzionata, hanno definito ed evoluto il progressive metal: un genere tecnicissimo fatto di canzoni lunghissime e intricate, ricche di parti completamente diverse tra loro e capaci di andare oltre la semplice ripetitività di strofe e ritornelli. Un nome per tutti. ‘Images And Words’, capolavoro della band del super drummer Portnoy, dell’infinito singer LaBrie e del portentoso john Petrucci alla chitarra. Il prog metal ha sempre affidato a loro, e ai Queensryche, le proprie sorti. Una boccata d’ossigeno arrivò dal post-thrash moderno dei Pantera di Phil Anselmo e del grande chitarrista Dimbag Darrel, una band furiosa che nei Nineties ha tenuto in piedi il castello del metal incazzato ma non estremizzato (in pratica, del thrash). Grazie a ‘Cowboys From Hell’ , ‘Vulgar Display Of Power’ e ad altri dischi con le contropalle, i Pantera hanno goduto di pochi anni di frenesia che li hanno lanciati nelle enciclopedie del rock duro. Ma ancora una volta, soffocato dal nu metal di band come Slipknot e Linkin Park, o dalla nuova moda metalcore (figlio illegittimo del thrash, diviso tra voce growl e voce melodica emo), che impazzavano a fine anni ’90, il classic metal doveva rinascere. Ci hanno provato i Maiden, riabbracciando Dickinson e tornando a buoni livelli di dischi in studio; sembrano esserci riusciti i metalcorer Trivium, rispolverando in ‘Ascendacy’ e ‘The Crusade’ il thrash dei Metallica: improvvisamente iniziaronono a riunirsi tutte le grandi band, a fioccare i ritorni alle sonorità originarie, a riscoprire il gusto del passato: Megadeth, Testament, Metallica e compagnia organizzano un come back coi fiocchi e si riprendono la scena che è sempre stata loro di diritto. Oltre ai colossi di sempre, l’heavy metal oggi sembra il regno dei nove mascherati indiavolati Slipknot, che dopo i musi lunghi iniziali hanno iniziato a riscuotere i frutti di una carriera ormai decennale che sembra consacrarli ai posteri come unica band di fine millennio che sarà ricordata, tra vent’anni, al fianco dei mostri sacri tradizionali. La loro musica, da caotica e scarna., si è fatta sempre più ‘metal’ e sempre meno ‘nu’, arricchita da assoli e passaggi ragionati: non più solo lo spettacolo di una decina di indemoniati scavezzacolo che distruggono un palco, ma concerti veri e musica vera. L’heavy metal è ancora qui, prepotentemente. Tutto il resto è passato: il metal non morirà MAI. PROGRESSIVE METAL, TECNICA DA MAESTRI- ALTERNATIVE E NU METAL, I NUOVI ORIZZONTI


1. CHI SONO. Li chiamano ‘The Four Horsemen’, i quattro cavalieri dell’Apocalisse, e non a caso: il thrash metal arriva dalla California agli inizi degli anni ottanta, portato con orgoglio da un manipolo di giovani band trainate proprio dai Metallica, i più fieri capipopolo della rivoluzione. Il disprezzo per le conformità, le regole, le imposizioni e la musica ‘facile’ -come quella glam metal, che spopolava a Los Angeles- portarono James Hetfield e Lars Ulrich a sperimentare un sound più veloce e aggressivo, che colpì nelle parti basse i normali metal fans. Grazie ad una qualità compositiva fuori dalla norma e ispirati da un genio della musica come il bassista Cliff Burton, i Metallica evolvono il loro thrash metal progredendo via via di livello, e arrivando a mettere sul mercato quattro album irraggiungibili, potentissimi e asciutti. L’energia e l’innovazione che ha sempre contraddistinto i primi dischi del combo californiano gli ha permesso di ergersi presto a pilastro e portabandiera più rispettato della scena metal mondiale: nella seconda metà degli Eighties, i Metallica scalzano Judas Priest e Iron Maiden e diventano la band metal per eccellenza. All'inizio degli anni novanta i Metallica hanno portato il metal nelle case di tutti, ottenendo un successo clamoroso, seguito però da un declino musicale e personale. Ciononostante i loro dischi più commerciali hanno rafforzato anche nella testa dei non-metal fans la naturale equazione heavy metal=Metallica. Basti pensare a quanti non esperti parlino dell’heavy metal chiamandolo ‘musica Metallica’, facendo sorridere -o inorridire- gli aficionados. Il nuovo millennio ha portato la lenta risalita e il tanto sospirato ritorno alle origini per il combo americano: un ritrovato splendore e una gloria recuperata. Appartengono alla ristretta cerchia di divinità assolute ed imprescindibili, i Metallica, parte integrante di un ipotetico big ten: i pionieri Black Sabbath, gli sferzanti Judas Priest, gli Iron Maiden con le loro galoppate cristalline, Slayer e Kreator per la loro disumana veemenza, i leggendari Death di Chuck Schuldiner, gli stessi Megadeth ed i giganti del power come Blind Guardian ed Helloween, i progster Dream Theater e pochissimi altre icone che possono fregiarsi del ruolo di istituzioni.

2. CARRIERA. Tutto nasce a Los Angeles, da un annuncio messo su un giornale da james Hetfield: risponde Lars Ulrich, batterista danese non certo provetto, che riesce a convincere Hetfield solo dopo un anno. La carta vincente, per Ulrich, è un posto che riesce ad accaparrarsi per la compilation ‘Metal Massacre’: fottutamente assetato di successo, Hetfield non può più dirgli di no e registra con lui la demo di ‘Hit The Lights’, che con la sua velocità e aggressività sconvolge i parametri metal rock del tempo. In formazione si aggiungono il bizzoso ma funambolico chitarrista dave Mustaine, poi cacciato per intemperanze -e futuro leader dei Megadeth, i rivali di sempre- e Ron McGouvney, bassista mediocre. La musica cambia con l’arrivo di Kirk Hammett in luogo di Mustaine e soprattutto con l’ingaggio del fenomenale bassista dei Trauma, Cliff Lee Burton, che propone di trasferirsi a San Francisco per allontanarsi da una scena troppo glam per i gusti hard della band. E’ l’inizio della leggenda e la scintilla seminale del thrash metal, che nasce proprio lì, nella Bay Area di Frisco. Dal grezzo ‘Kill’Em All’, il più seminale e fulgido esempio di thrash diretto e incazzato, si passa alla parabola evolutiva tecnica e compositiva di dischi come ‘Ride The Lightning’, del 1984, e ‘Master of Puppets’, del 1986, sempre velocissimi ed incandescenti ma più strutturati e dotati di una varietà sonora più ampia, complessa e potente. La band negli anni ’80 cresce in maniera esponenziale e sforna una serie di masterpieces potenti, esaltanti, tecnici e praticamente leggendari. Gli assoli cristallini di Kirk Hammett si delineano fulminei sui ritmi serrati scanditi con aggressività da Lars Ulrich alle pelli; James Hetfield canta con rabbia urlata e si dedica con precisione alla chitarra ritmica, mentre il geniale Cliff Burton al basso dona melodia, tecnica e arte compositiva alla formazione, facendole fare il salto di qualità. La tragedia è però dietro l’angolo e si porta via Burton in un incidente del tourbus: una perdita immane per la band e per la storia del rock. I Metallica vanno avanti in onore di Cliff, e due anni dopo danno alle stampe il loro lavoro più tecnico e pesante, ‘And Justice For All’, con Jason Newsted al basso. E’ l’ultimo disco della prima parte della carriera dei quattro cavalieri: nel 1991 l’omonimo Metallica, più semplice e commerciale, si stacca dal thrash e sfonda nelle classifiche col suo sound mainstream. La band ha un successo clamoroso e si adagia sugli allori: soldi a palate, tour senza soste, hetfield che crolla nell’alcoolismo, due album insipidi di hardrock commerciale, ‘Load’ e ‘Reload’, oltre a un live gigalitico [Live Shit, tre cd e due cassette a un prezzo esorbitante], una raccolta di cover, un live con l’orchestra sinfonica di San Francisco, lo scioglimento sfiorato, la dipartita di Newsted e tanti litigi interni. La terapia per uscire dal ciclone nero dei Nineties è St.Anger, album rabbioso che segna un ritorno all’aggressività ma, a causa di un sound ripetitivo e troppo nu metal, non soddisfa i fans, che chiedevano un ritorno alle origini. Ci vogliono cinque anni e ‘Death Magnetic’ [2008] per sancire la rinascita dei Metallica, che finalmente tornano a guadagnarsi il rispetto e gli apprezzamenti che la loro storia merita, pur non riuscendo a non raggiungere l'unanimità di consensi. Più discussa la collaborazione con Lou Reed per l'inascoltabile esperimento 'Lulu'.

3. TESTI. I temi trattati dai Metallica, in tantissimi anni di carriera, sono molteplici, sempre attuali ed estremamente interessanti. Ecco una selezione dei filoni lirici principali, analizzando per lo più le canzoni dei primi cinque dischi, i classici per eccellenza della band. Metal madness: Hit The Lights, Phantom Lord, Whiplash, Metal Militia. La follia per l'heavy metal, la passione incandescente ed il senso di appartenenza vengono narrati con energia dai primi, giovanissimi Metallica, ancora integrati e mescolati ai loro stessi fan, i ragazzi con cui andavano ai concerti, da spettatori, fino a qualche tempo prima. Episodi biblici: The Four Horsemen, Creeping Death. La Bibbia viene citata con epica e potenza, assumendo peraltro un giudizio critico e negativo sulla cattiveria mai citata ma evidente del 'Dio cristiano'. Motori: Motorbreath, Fuel. Il discorso della velocità viene utilizzato come metafora della vita e di chi la vive troppo in fretta e a rotta di collo, a suo rischio e pericolo. Religione ed ideali: Jump In The Fire, Escape, Leper Messiah, Dyers Eve, The God That Failed, Enter Sandman. Il tema della religione come superstizione e imposizione è ampiamente trattato da James, ribelle dalla prima ora nei confronti dei genitori timorati: il tempo gli ha dato ragione. I Metallica hanno sempre fatto dei loro ideali di libertà -fisica, politica, psicologica- una loro bandiera, come cantato in Escape. Dyers Eve narra invece le frustrazioni del figlio che non può più tollerare la dittatura familiare, rifacendosi all'adolescenza di Hetfield per accusare tutte quelle forme di imposizione che giungono da organi che, invece, dovrebbero rappresentare un rifugio ed un punto di partenza verso l'esterno. Guerra: No Remorse, Fight Fire With Fire, For Whom The Bell Tolls, Battery, Disposable Heroes, Blackned, One, Don't Tread On Me. La guerra ha sempre affascinato i Metallica: sia quella vera e già rea di tragedie terribili -One su tutte- che quella 'temuta', il disastro nucleare sempre dietro l'angolo. La guerra è trattata anche come ferocia tra gli uomini, per esempio in Fight Fire With Fire, o come onore per la patria [Don't Tread On Me]. Società e violenza: Ride The Lightning, Battery, Master Of Puppets, Damage Inc, And Justice For All, Eye Of The Beholder, Shortest Straw, Frayed End Of Sanity, Sad But True, of Wolf And Man. La società è stata, da sempre, un tema scottante sotto la lente di Hetfield e compagni. Tutte le sue indecenze e i suoi lati più infimi sono stati rappresentati con tetra e cruda efficacia, attraverso composizioni truci nell'atmosfera ed elaborate nella forma. Si passa così dalla corruzione giudiziaria denunciata in And Justice For All alla manipolazione psicofisica di Master of Puppets, dal controllo totale sugli individui [Eye of the Beholder] alla campagna mediatica attraverso cui la società diffonde il panico [Frayend End f Sanity], dalla falsità delle persone ad altri argomenti spinosi. Sentimenti: Fade To Black, One, Harvester Of Sorrow, To Live Is To Die, Nothing Else Matters, The Unforgiven. Amore, rassegnazione, solitudine: il mondo dei Metallica passa anche per le lande più gelide dell'esistenza terrena, narrate con l'ausilio di melodie struggenti e stratificate. Letteratura: For Whom The Bell Tolls, Trapped Under Ice, The Call Of Ktulu, The Thing That Should Not Be. Temi ispirati soprattutto dai racconti fantasy di Philippe Lovercraft, incentrati sulle storie mostruose dei grandi Antichi e sul ciclo di Cthulu.

4. CAPOLAVORI. Cinque in assoluto, per la band e per la scena metal mondiale, sono imprescindibili. Kill'Em All è thrash metal allo stato puro: sporco, grezzo e soprattutto veloce, velocissimo, con i suoi ritmi serrati, i riff spezzati, gli stacchi e i cambi di tempo da capogiro. ‘The Four Horsemen’ e ‘Seek & Destroy’ diventano degli inni, ‘Whiplash’ e ‘Metal Militia’ sono le killer tracks più sparate, ma ogni pezzo merita un headbanging forsennato. Ride the Lightning presenta l’evoluzione della band: ai brani velocissimi in stile Kill’Em All come 'Fight Fire With Fire' e 'Trapped under Ice' si alternano macigni cadenzati come 'For Whom The bell Tolls', riff esagerati e trame complesse come quelle della titletrack, la prima meravigliosa lenta in crescendo ['Fade To Black'], una magistrale strumentale ed il capolavoro marziale ‘Creeping Death’. Più maturo anche nei testi. Master of Puppets é il capolavoro assoluto, la maturazione definitiva, l’album imprescindibile dell’heavy metal: i Metallica accentuano la propria cupezza, aumentano le velocità e si fanno possenti e quadrati come non mai, risultando terremotanti. Si incomincia con una title track imponente per crudezza ed esaltante per le tre parti, con riffing thrash in avvio e conclusione, un'atmosfera melodica ed un splendido assolo nel mezzo ed una ripartanza devastante, con un secondo assolo al fulmicotone. Il thrash metal tellurico e velocissimo esplide in ‘Battery’, ‘Disposable Heroes’ e ‘Damage Inc’, mentre un drammatico episodio lento-forte come ‘Welcome Home Sanitarium’, il capolavoro strumentale di Burton [l'intricata ‘Orion’] ed il macigno ossessivo di ‘The Thing That Should Not Be’ completano l'opera. And Justice For All é l’apice della tecnica e il capitolo più compatto, potente: pezzi lunghissimi, come la title track, ed elaborati, ricchi di riff e cambi di tempo. Il thrash implacabile è infuocato in ‘Blackened’, 'Shortest Straw', 'Frayend End of Sanity' e ‘Dyers Eve’, le emozioni invece si fanno da pelle d’oca nella monumentale lenta ‘One’ e nella strumentale ‘To Live Is To Die’, in ricordo i Cliff Burton; la titletrack assembla nove minuti di genio, riff in quantità industriale, cambi di direzione ed una tecnica sopraffina. Metallica é l’album del trionfo commerciale: forte di ritornelli facili, melodie più diette e pezzi lineari tutt’altro che intricati, spopola e diventa un hit non sempre gradito dai fans di vecchia data. Le hit: l’energica ‘Enter Sandman’, la cadenzata ‘Sad But True’, le lente ‘Nothing Else Matters’ e ‘the Unforgiven’, la melodica ‘Wherever I May Roam’.

5. STATUS QUO. Oggi i Metallica sono decisamente tornati una band rispettata a degnamente tributata per la grande musica sfornata fino a inizi anni novanta: sono sotterrati gli anni bui dell’hardrock commerciale, del look da popstar e dei problemi interni. La band ora è tornata compatta e ormai da 5-6 anni in sede live si propone con energia e risultati ottimi, garantendo sempre un perfetto viaggio nei classici del passato. I loro capolavori vengono riscoperti e ascoltati quotidianamente, sono un punto di riferimento storico fondamentale e restano basilari nel background di ogni metallaro degno di tale nome. Inoltre i Metallica non si fermano alla loro leggenda, ma con ‘Death Magnetic’ hanno garantito di saperci ancora fare e poter ancora dire qualcosa di interessante alla gente. Il disco ha suscitato anche qualche parere contrario, come é ovvio che sia, ma rispetto al passato recente c'é la sensazione che più nulla possa scalfire l'alone di leggenda acquisito negli eighties: i Metallcia sono su un piedistallo, e hanno contribuito a scrivere pagine memorabili di musica dura. La partecipazione al Big Four of Thrash e le loro scalette live, sempre incentrate sui classici ottantiani, confermano la ricchezza del proprio repertorio ed incoronano il loro passato glorioso. A conti fatti, pochi dei big storici sono rimasti ai livelli dell'epoca d'oro: la maggior parte della band che hanno fatto la storia si limitano a riproporre live le canzoni che li hanno resi immortali, mentre in studio gli album che vengono pubblicati aggiungono poco al loro palmarès. Si tratta di ottimi album, ma certamente non al livello dei masterpieces: si lasciano ascoltare, esaltano, ma alla fine si continueranno ad ascoltare Master of puppets. The Number of the Beast, Painkiller o Peace Sells. Criticare o dare addosso ai grandi vecchi del metal é un'operazione priva di senso: se non si accetta che l'avanzare dell'età e l'accuirsi della vena creativa implichi un ribasso qualitativo, si può tranquillamente ascoltare altro, rispettando invece chi ama poterli vedere ancora dal vivo, certi 'dinosauri'. Si sente spesso dire in giro che la tecnica non è tutto: appunto, e allora perché sottolineare ad ogni concerto piccoli errori o sbavature, quando l'impatto ed il feeling trasmesso rendono l'esperienza molto più esaltante di un live show stilisticamente perfetto ma incapace di scatenare le emozioni che soltanto i Maestri sanno trasmettere?

6 RIPARTENZA. Dopo ‘Load’ e ‘Reload’ la carriera dei Metallica ha sfiorato il ridicolo. I problemi interni si sono sommati alle proteste inferocite dei fans. Pur essendo discreti album di hardrock, erano troppo lontani da quello che il Metallica-sound era diventato nel tempo, rappresentando un abbandono non solo dei canoni thrash ma addirittura delle caratteristiche tipiche dell'heavy metal. Hetfield è sprofondato nell’alcoolismo e ne è uscito brillantemente a inizio 2000, mentre la band sceglieva di videoregistrare in un dvd le liti e i processi compositivi per la creazione di St.Anger: uno sfogo in diretta mondiale, una terapia psicologica che ha svelato la vera natura delle persone che compongono la band. L’addio di Newsted aveva portato nuovi attriti e polemiche, la band si è però compattata sfogando i propri malumori in St. Anger. Ha ritrovato la voglia di suonare on stage, l’antico feeling tra Ulrich ed Hetfield é rifiorito e l’affetto familiare ha fornito un pò di serenità a questi eterni figli del caos. Finiti i tempi dei tourbus, infatti, i musicisti dopo ogni concerto volano in diverse metropoli del continente in cui si trovano per staccare la spina per qualche ora e dedicarsi a mogli e figli.

7. LINE UP. Chiedersi quale sia stata la migliore formazione di sempre é una domanda banale: il genio assurdo di Cliff Burton resta inarrivabile per chiunque, ed ha contribuito a segnare gli anni migliori di questa band. Considerato che Hetfield, Ulrich e Hammett sono rimasti membri fissi dal debut studio ad oggi, il ruolo di bassista diventa l’unità di misura per giudicare il livello delle varie formazioni. Chiarito che i Metallica degli anni ottanta, con Burton all’ascia, erano inarrivabili per chiunque, resta da stabilire chi sia meglio tra Jason Newsted e il suo successore Robert Trujillo. La sfida, a giudizio di molti, è vinta dal primo: troppo metallaro ed estremo il suo animo per cedere punti alla spettacolarità scenica di Trujillo. Pochi lo sanno, ma Jason –tartassato di scherzi pessimi a suo ingresso nella band, come sfogo della perdita di Burton- si oppose alla caduta nel commerciale intrapresa dal combo americano negli anni ’90. Purtroppo non ha mai avuto grossa voce in capitolo, ed ha pagato con l’addio la sua voglia di rimanere ancorati allo stile che tanto aveva amato da grandissimo fan dei Metallica qual’era stato fin dai tempi dei Flotsam & Jetsam. Non mancano i fans estremisti che continuano ad indicare nella primissima incarnazione vera e propria dei Metallica -Hetfield, Ulrich, Mustaine, Burton- il miglior assortimento di genio e sregolatezza, ma rimane una line-up durato lo spazio di pochi concerti e che, se pur capace di porre i semi primigeni da cui nascerà Kill'Em All, non é considerabile ufficiale a tutti gli effetti.

8. CARTE VINCENTI. Sono tanti i segreti dei Metallica, primo tra tutti il mix perfetto tra l’aggressività rapida dei thrashers from Bay Area e la melodia dell’heavy metal maideniano. Ritmiche serrate, musica incredibile sulla quale si distendono incastrandosi magnificamente rabbia, furia, ritornelli esaltanti e ogni quant’altra componente di splendore di cui una grande canzone ha bisogno. Inoltre la citata varietà dei temi trattati, capaci di avvicinare la band alle vicende che ogni giorno scottano sulla pelle della gente comune. Negli anni ottanta, prima dell'arrivo di Kill'Em All, la scena era abituata ad un sound aggressivo ma non ancora così veloce: c'erano gli Iron Maiden ed i Judas Priest, ma la violenza sonora era un gradino inferiore rispetto a quello che verrà proposto dai nostri. per cercare un pò di estremismo bisognava indirizzarsi verso i dischi dei venom, ma il loro approccio scarno ed ignorante era del tutto dozzinale: la classe e la tecnica con la quale i Metallica modelleranno a loro piacimento il thrash ottantiano é di tutt'altro pianeta. Con Ride the Lightning, Master of Puppets e Justice, i quattro californiani sanciranno una netta differenza tra il thrash caotico e rozzo di tante band minori e quello stratificato e maestoso dei grandi nomi, dando alla propria musica un reale valore specifico, tecnico, che pur essendo perfetto nell'esecuzione e nell'arrangiamento non eprdeva un decimo di rabbia, violenza e velocità. Anche l’abbracciare un sound più ‘semplice’ ha garantito un ricambio generazionale e una maggior longevità artistica ai Metallica.

9. DISCOGRAFIA IN STUDIO. 1983 KILL'EM ALL 1984 RIDE THE LIGHTNING 1986 MASTER OF PUPPETS 1988 ...AND JUSTICE FOR ALL 1991 METALLICA 1996 LOAD 1997 RELOAD 2003 ST. ANGER 2008 DEATH MAGNETIC. Discografia commentata. 1983 Kill'Em All: I Metallica debuttano nel 1983, di fatto iniziando il thrash metal. Un disco grezzo, velocissimo e innovativo che è un vero cazzotto nei denti! riff orgasmici a rincorrersi, assoli contorcenti e abrasivi, ritornelli da urlare in coro: la Bay Area esplode le sue micce più frenetiche. 1984 Ride The Lightning: Dopo il violentissimo Kill'Em All, i Metallica tornano a colpire con un lavoro più tecnico e maturo. Ride The Lightning è l'evoluzione naturale della band, un viaggio all'interno delle sofferenze umane sempre a folli ritmi thrash, ma più ragionati ed elaborati. 1986 Master Of Puppets: 'Master Of Puppets' passa alla leggenda senza fermarsi dalla storia. Il disco è un'enciclopedia concentrata di metallo rovente, un'opera completa e piena di sfaccettature lirico-musicali. La potenza tellurica e la cupezza dei toni la fanno da padrone: la velocità thrash riveste ancora un ruolo fondamentale e si sposa terribilmente bene con le strutture sempre più complesse e travolgenti della band californiana. 1988 And Justice for All: Dopo Master Of Puppets, i Metallica colpiscono con un album potente e di livello tecnico elevatissimo. Attaccando il sistema. 1991 Metallica: I quattro cavalieri abbandonano il thrash frenetico, cupo e potente da loro stessi generato e ripiegano su soluzioni tecniche semplificate. Queste sonorità portano a canzoni dirette e più commerciabili. 1996 Load: I Metallica abbandonano il thrash e l'heavy per gettarsi in un hardrock malinconico con venature country e blues. La nuova dimensione della band delude i fans. 1997 Reload: Il dopo Load è un altro Load: i Metallica che suonano un hard rock-blues che non soddisfa affatto i fans tradizionali dei quattro cavalieri. 2003 St.Anger: Dopo gli esperimenti rock & blues di Load e Reload, e la riabilitazione di James Hetfield, i Metallica tornano con un disco più aggressivo ma ancora deludente per il sound e le caratteristiche quasi groove-nu metal. 2008 Death Magnetic: Il ritorno dei Metallica al thrash degli esordi è un album potente e veloce che riporta i consensi tra i fans dei quattro cavalieri.

10. DISCOGRAFIA LIVE. 1993 LIVE SHIT: Binge & Purge, 1999 S&M. Metallica, un ensemble leggendario che Live Shit: Binge & Purge fotografa all'apice della sua forma, fisica e artistica, che dopo aver egemonizzato il trono dell'hard'n'heavy ottantiano con dischi mastodontici quali Master Of puppets e Kill'Em All, si cimenta ora in una sfida ancor più ostica: portare la potenza nelle case di tutti, missione compiuta con l'esplosione patinata del Black Album, pietra della discordia tra fans vecchi e nuovi ma, innegabilmente, prodotto immortale per longevità e impatto socio-mediatico. Metallica aveva chiuso il cerchio del primo, strepitoso decennio dei Four Horsemen, ultimo di cinque dischi stellari; forti di un repertorio ormai sconfinato, i quattro di Frisco erano partiti per un tour ai quattro angoli del globo davvero estenuante, iniziato come 'Wherever We May Roam Tour' (138 date tra ottobre '91 e luglio '92) e terminato come 'Nowhere Else To Roam Tour' (77 date da gennaio a luglio 1993), dopo altre 26 esibizioni al fianco dei Guns'N'Roses tra luglio e ottobre 1992. Infaticabili ed insaziabili, James Hetfield e Lars Ulrich non persero tempo e, appena giunto il momento del meritato riposo, si misero a visionare quintali di videocassette e filmati assortiti di quell'enorme spedizione rockettara che aveva scatenato folle oceaniche, al fine di creare un documentario che tramandasse ai posteri la spettacolare magniloquenza di quella macchina da guerra che erano i Metallica all'apice del connubio tra l'ira scattante e thrashy degli anni ottanta e la teatrale immediatezza dell'era-Black Album.


1.
Chi sono i Judas Priest? I Judas Priest sono l’incarnazione primitiva e più genuina dell’heavy metal. I Black Sabbath, pur avendo originato di fatto il nuovo genere musicale, restano più legati all’hardrock e ad un sound di forma precostituzionale. I Judas Priest, invece, sono i veri padri dell’heavy metal, avendolo plasmato nella sua forma aggressiva, possente, tecnica e iconografica. Il vecchio hardrock assumeva una proporzione sempre più grande e veloce, diventava ora una vera e propria milizia: l’heavy metal, il popolo del cuoio e degli headbangers. Tutto deriva dai Priest, compreso il look con borchie e catene, intuizione del singer Rob Halford. Gli assoli al fulmicotone e i riff poderosi della coppia di chitarre KK Downing-Glenn Tipton dava alla band un’eplosività cristallina e debordante, davvero fuori dagli schemi per gli anni ’70. Il tutto arricchito dagli acuti prodigiosi di Halford. Per due decenni i Priest hanno forgiato nel metallo degli album capolavoro che sono tuttoggi dei pilastri del genere, elevandosi al rango di divinità immortali e leggendarie dell’heavy rock, dei veri mostri sacri viventi.

2. Quali sono le tappe fondamentali della loro carriera? Inglesi, provenienti da Birmingham, i Judas Priest esordiscono con un look hippy e il sound progressivo di ‘Rocka Rolla’ (1974): la musica, in tutti i sensi, cambia presto. Con una serie di album di rock poderoso –‘Sin After Sinner’, ‘Sad Wings Of Destiny’, ‘Stained Class’, ‘Killing Machine’- i Preti di Giuda danno la prima idea di heavy metal alle masse, ponendo le basi del genere. Ormai caratterizzati da un look di pelle nera, borchie, catene e Harley Davidson, i Priest fanno leggenda nel 1980 con ‘British Steel’, acciaio allo stato puro. ‘Point Of Entry’, breve esperimento più semplice, è lo stacco che permette il crescere dell’attesa per il mastodontico ‘Screaming For Vegeance’, un altro peso massimo nei colossi del metal, che resta per anni il capolavoro della band. Anche il successivo ‘Defenders Of The Faith’ è qualcosa di disumanamente spettacolare, praticamente il terzo macigno di heavy metal viscerale e rovente. Con 6 album già seminali e storici più il debut, i Priest si concedono qualche anno di pausa dandosi al glam metal tanto in voga (‘Turbo’) e cercando di tornare alla magia degli anni d’oro (‘Ram It Down’), operazione che riesce con il masterpiece assoluto, datato 1990: ‘Painkiller’, la leggenda metallizzata. Grandiosi come mai, i Priest scoppiano e si dividono però da Halford. Col successore ‘Ripper’ Owens esce un potente album di thrash metal (‘Jugulator’, 1997) e il meno riuscito ‘Demolition’; ma i fans chiedono a gran voce il ritorno di Halford, ‘The MetalGod’, che avviene con l’uscita del classico ‘Angel Of Retribution’ (2005). L’ultimo capitolo si chiama ‘Nostradamus’ (2008) ed è un concept dal sapore meno metallico ma più sinfonico, epico e operistico.

3. Chi è il leader della band? Robert Halford, basta l’aggettivo: MetalGod. Cantante dalle doti vocali straordinarie –irraggiungibili i suoi acuti e i suoi cambi di tonalità- Halford è stato un’icona, da subito, del metallo pesante. Ha inventato il look di cuoio, borchie e catene bazzicando nei sexy shop ed è diventato celebre per le sue apparizioni sui palchi di tutto il mondo a cavallo di una rombante harley davidson. Ha anche sfatato parecchi tabù, rivelando a fine anni ’90 la sua omossesualità. Dotato di un grande carisma ma sempre rimanendo una persona semplice e di buoni valori, Halford ha guidato al successo i Preti di Giuda: gli epocali e seminali ‘British Steel’, ‘Screaming For Vegeance’ e ‘Defenders Of The Faith’ sono stati integrati nel 1990 dal mitico ‘Painkiller’, in cui Rob supera anche se stesso. Dopo questo masterpiece, Rob abbandona i Priest: si vocifera ogni genere di ipotesi per giustificare ciò, dai rapporti non più idilliaci tra i componenti della band alla voglia di trovare nuovi stimoli da solista; però Rob non decolla, né con i Two né con i Fight né con gli Halford. Idem i Priest col sostituto Owens: inevitabile il ritorno in pompa magna del MetalGod ai piedi del colosso ammalato, che rinasce e riacquista tutto l’antico splendore. I fans in delirio applaudono la definitiva consacrazione a icone dei Judas Priest.

4. Quali sono i capolavori assoluti della band? Ce ne sono tanti, tantissimi: da ‘Sad Wings Of Destiny’ a ‘Painkiller’, i Priest hanno posto le basi dell’heavy metal, lo hanno evoluto, irrobustito, melodicizzato, di nuovo indurito e infine portato a livelli di compattezza, precisione ed enfasi tellurica. Lo hanno creato, fatto, disfatto e rifatto a loro piacimento. I capitoli più strepitosi della loro immensa discografia restano però ‘British Steel’, una dichiarazione di intenti già dal titolo, il leggendario ‘Screaming For Vegeance’, l’altrettanto eloquente ‘Defenders Of The faith’ e il monumentale ‘Painkiller’, terremotante orgia di metallo colante allo stato puro: ascoltare tutta la produzione priestiana non è obbligo, è dogma; conoscere questi quattro pilastri lo è ancora di più.

5. Cosa rappresentano i JP nella scena metal mondiale? Oggi e in particolare dal ritorno di Halford, i Priest stanno riscuotendo tutti i tributi e i riconoscimenti che la loro leggenda ha sempre meritato. Non hanno più nulla da dimostrare e possono sbizzarrirsi con progetti insoliti come ‘Nostradamus’. Sono delle icone da venerare, dei miti in carne ed ossa attorno ai quali splende un’alone di grandiosità. Essendo i padri dell’heavy metal moderno, godono della stima incondizionata di ogni metalhead che si rispetti. Grandi lo sono stati da subito: il tempo ha conferito ai grandi dischi degli Eighties un valore ancora più fondamentale e mitologico.

6. Come hanno affrontato il periodo senza Halford? ‘Ripper’ Owens era stato annunciato come cantante dalle doti vocali immense: fan sfegatato della band scoperto da Tipton e Doping in una coverband dei Priest, Owens si rivela un ottimo singer, capace di reggere la pesante eredità di Halford. ‘Jugulator’ è un ottimo album, potentissimo, ma porta i Priest nel thrash metal: i fans ne restano per lo più delusi, ma il disco è strepitoso. Meno efficace ‘Demolition’: pur se bravo, Owens è stato schiacciato dal peso di un Halford sempre presente all’orizzonte, nei cuori dei fans e nei titoli dei giornali, che hanno parlato di reunion ancor prima dell’addio del MetalGod, preannunciando una fuga e ritorno del singer tradizionale.

7. Quali sono i segreti del loro successo? Come è caratteristica anche degli Iron Maiden, l’enorme vivacità, potenza e melodia delle canzoni ha permesso ai Priest di riscuotere tanti consensi. L’energia e il senso di orgoglio e appartenenza che sanno scatenare è unico, e non perde efficacia –grazie alla melodia, ai ritornelli semplici ma grandiosi- nei confronti dei meno propensi a sonorità più toste. Il sound priestiano è terribilmente metallicizzato dal chitarrismo al fulmicotone di KK Downing e Glenn Tipton: i loro rfif liquidi e cristallini, i loro funambolismi allucinanti e la loro velocità mai scissa da una melodia incantevole hanno reso il suono della band praticamente inconfondibile. Una tecnica da Maestri, quella delle due asce inglesi. Senza poi spingersi all’elogio sperticato per la voce acuminata di MetalGod Halford: capace di qualsiasi evoluzione, anche la più scavezzacollo. Un timbro squillante su una colata di metallo purissimo, d.o.c. al 666%!

8. Quanto valgono i Priest oggi? Se la voce di Halford perde colpi, com’è naturale, l’efficacia e la bravura degli altri Priest permette alla band di essere ancora se stessa, ancora dura, ancora travolgente, spettacolare, e per sempre immortale. Lo stesso Halford, pur non sfoderando gli acuti disarmanti degli anni d’oro, ha imparato ad adeguare all’età le sue doti, cantando con una tecnica che gli permette comunque una figura più che dignitosa sul palco. Il MetalGod non si sconfigge facilmente, è più forte della carta d’identità!

9. Discografia in studio. 1974 ROCKA ROLLA 1976 SAD WINGS OF DESTINY 1977 SIN AFTER SIN 1978 STAINED CLASS 1979 KILLING MACHINE 1980 BRITISH STEEL 1981 POINT of ENTRY 1982 SCREAMING FOR VEGEANCE 1984 DEFENDERS OF THE FAITH 1986 TURBO 1988 RAM IT DOWN 1990 PAINKILLER 1997 JUGULATOR 2001 DEMOLITION 2005 ANGEL of RETRIBUTION 2008 NOSTRADAMUS

10. Discografia live. 1975 - Live at Reading Festival// 1979 - Unleashed in the East// 1980 - Admit One// 1987 - Priest...Live!// 1998 - '98 Live Meltdown// 2002 - Live in London// 2005 - live in japan// 2009 - A Touch Of Evil: Live.

KERRY KING ATTACCA DAVE MUSTAINE!!

SE UNA VOLTA l'arena vedeva la carneficina fraterna tra Metallica e Megadeth, oggi apparentemente riappacificati, ora l'astio che si rafforza è quello tra gli Slayer e la sempre discussa fomazione di Dave Mustaine. Anzi, a dirla tutta, più che i Megadeth è lo stesso Mustaine l'oggetto degli attacchi bassi del furioso Kerry King (Slayer). King in una recente intervista ha parlato della sua lunga contesa con il leader dei MEGADETH Dave Mustaine. In merito al recente tour canadese ha dichiarato: "Abbiamo fatto solamente quattro show assieme ai MEGADETH, penso che sia bello per i fan assistere al concerto combinato di queste due band. Tutti si sono preoccupati dell'eventuale litigio fra me e Dave ma io non ci ho pensato molto, non andiamo molto d'accordo com'è noto. Ma non ho nulla contro di lui, penso che sia un grande chitarrista. Quando ho saputo che avremmo suonato insieme ho detto, ok andrò e sarò cordiale, lo saluterò. Ma se sarà uno stronzo lui con me, allora io lo sarò più di lui. Credo comunque che lui sia cresciuto un po' perchè penso che sia un po' borioso e anche un grande ipocrita, questo è personalmente il mio problema con lui. Comunque a livello chitarristico non posso proprio dirgli nulla, è un grande". Ma non finisce qui. Nell'ultimo numero del magazine Guitar World, che vede protagonisti in copertina gli SLAYER, Kerry King non ha esitato a parlar male, ancora una volta, di Dave Mustaine, con il quale ha diviso il palco per un breve tour in Canada. Le sue parole: "Non ho alcun rispetto per Dave. Se parliamo di suonare non posso dirgli nulla. E' eccezionale. Ma so alcune cose sul suo conto. So che è un ipocrita, e non ho alcun rispetto per quel genere di persone. Quando lo vedrò, in ogni caso, lo saluterò tranquillamente. Se non farà lo stronzo con me io non lo farò con lui". Anche il cantante degli Slayer ha parlato di Mustaine: "L'ho incontrato in due occasioni, le persone civili quando si incontrano si trattano come esseri umani di solito. Abbiamo fatto solo quattro show assieme, per me non è cambiato niente sto solo aspettando che apra ancora una volta la sua bocca. Fra noi non c'è nessuna contesa, l'unica cosa è che lui spara un sacco di merda, poi chiede scusa, e poi ricomincia ancora a sparare merda. Avete visto il documentario dei METALLICA "Some Kind of Monster" [dove si vede Mustaine in una scena con Lars Ulrich e con il "motivatore" Phil Towle]? Questo dovrebbe darvi un'idea di che personaggio è Mustaine!". L'astio tra King e Mustaine è qualcosa di preistorico. Il diverbio tra i due iniziò nel 1984, quando King (che a quel tempo già suonava negli Slayer) venne chiamato da Mustaine per suonare negli appena formati Megadeth ma, dopo 5 concerti suonati assieme, King decise di andarsene perché non accettava i comportamenti di Mustaine, definiti da lui imperiosi. I due ebbero ancora problemi nel 1991, durante il tour del "Clash Of The Titans", dato che Mustaine considerò "povere" le vendite degli Slayer in confronto a quelle dei Megadeth e non voleva che la sua band facesse da spalla a quella di King. Tra i due finì di mezzo anche il cantante/bassista degli Slayer, Tom Araya, che a quanto pare ebbe uno scontro fisico con Mustaine dopo che questi gli avrebbe detto ad Araya di succhiarli i genitali (il frontman degli Slayer, durante una data del tour, lo definì "omosessuale" davanti al pubblico). Nel 2004, King affermò in un'intervista che egli è un "dittatore" e che tutti lo odiano, accentuando così l'incrinatura dei rapporti. Il culmine del diverbio tra i due avvenne quando King lo definì "cocksucker" (ciucciacazzi).

LA STORIA DEI FOUR HORSEMEN
METALLICA, ALLA RICERCA DI UN SOGNO
DI RINO GISSI, PARTE TERZA, TRATTO DA METALLIZED.IT

I Metallica salutano gli anni '80 da Signori dell'heavy metal, privati del genio di Cliff Burton ma autori di quattro dischi assolutamente memorabili grazie ai quali si sono insediati sull'Olimpo della musica dura mondiale. Il nuovo decennio nasce sotto un vento nuovo, con l'entrata in studio prima per la registrazione di una cover, Stone Cold Crazy dei Queen, e poi per dedicarsi ad un nuovo disco. La novità è rappresentata dalla scelta come produttore di Bob Rock, nome celebre nel mondo del rock mainstream; di fatto, le voci su un nuovo corso del sound Metallica iniziano a trapelare e ad agitare i fans di vecchia data. Il nuovo album prese forma lentamente, dopo un anno di lavoro intenso e maniacale che puntava alla perfezione assoluta: si sarebbe chiamato proprio Metallica, quasi a voler chiarire immediatamente la nuova dimensione sonora del combo californiano. Per la promozione del disco viene organizzato l'imponente Wherever We May Roam Tour, che dopo un paio di date californiana si sposta in Europa; l'attesa per l'uscita di Metallica, prevista per il 12 agosto, è isterica e incontenibile; e infatti nella sua prima settimana di vita il disco -ribattezzato 'Black Album' per la copertina completamente nera- vende 600 mila copie, entrando nella classifica pop. Il platter aveva un suono molto melodico ed estremamente pulito, non perdeva dell'energia e della potenza tipica dei Metallica ma era meno cruento e più diretto, orecchiabile e decisamente lontano dalle sonorità thrash; a pezzi lunghissimi in cui si concentravano tonnellate di riffs, la band aveva preferito canzoni più semplici arrangiate attorno ad un riff unico e di impatto immediato. 'Black Album' diventa un virus che porta l'heavy metal nelle case di tutti, lo avvicina alle masse e lo fa spopolare nelle classifiche: ciò che i Metallica hanno combattuto a inizio carriera diventa ora il cavallo di battaglia degli stessi Four Horsemen, che assumono la caratura delle rockstar famose e idolatrate anche al di fuori delle canoniche platee metal alle quali erano abituati. Una mossa a lungo criticata dai puristi, ma che invece segna un'evoluzione intelligente sia musicale che professionale: dopo aver toccato gli incredibili apici tecnici in dischi come Master Of Puppets e And Justice For All, infatti, i Metallica scarnificano il loro stile sperimentando nuove soluzioni artistiche, senza mai perdere la credibilità o la cupezza tipica del loro stile. A trainare il disco ci pensano hit come l'energica opener Enter Sandman, la lenta e ossessiva Sad But True o le struggenti ballate The Unforgiven e Nothing Else Matters, prima canzone d'amore scritta dalla band: i fans storici sono sconcertati e storcono il naso, quelli più recenti abbracciano la capacità dei Metallica di saper passare indifferentemente da un repertorio durissimo ad uno più melodico e sentimentale. Alle critiche rispose con orgoglio il bassista Jason Newsted, tipo deciso che non le ha mai mandate a dire: Capisco perfettamente chi vuole sentirci fare solo pezzi velocissimi. Se vi piacciono le band thrash, compratevi i dischi di quelle band e andate ai loro concerti, così possiamo tenerle in vita, ma per favore non disprezzate chi ha aperto la strada e ha sfondato le porte a tanti gruppi che ora apprezzate. I Metallica sono uno dei gruppi che ha avuto un ruolo principale in questa storia. Siamo noi che abbiamo scritto Damage Inc, Fight Fire With Fire e Whiplash. Voi gli date un nome, noi abbiamo contribuito a inventarlo. E siamo ancora capaci di suonarlo meglio di chiunque altro. Posso sfidare qualsiasi gruppo death metal, colpo su colpo, in qualsiasi momento: lo schiacceremmo. Li rispetto molto, ma questi sono i fatti.

Il tour porta i Metallica a girare in lungo e in largo il Vecchio Continente, con setlist entusiasmanti che soddisfano sia il pubblico di ultima generazione che i fans del thrash metal ottantiano; il 28 settembre 1991 i Metallica vengono invitati a suonare con Pantera e ACDC a Mosca, in un concerto gratuito che si teneva in un aereoporto militare in disuso: fu un successo enorme, guastato solo dalla violenza della polizia russa, la quale non esitava a pestare i fans scalmanati quando il loro entusiasmo scavalcava il presunto limite di decenza. Dopo aver messo a ferro e fuoco l'Europa, i Quattro cavalieri presero la via del ritorno con una nuova cascata di date in Nordamerica, prima di concludere l'anno con una trasferta in Giappone, festeggiando il Capodanno al Tokyo Dome. Tra un premio e l'altro, il 1992 nasce sotto il segno di nuove date nel continente natio, che precedono un evento mondano come il Freddie Mercury Tribute Concert, enorme memoriale per il compianto leader dei Queen recentemente arresosi all'AIDS; il momento clou della serata è l'esecuzione di Stone Cold Crazy, in cui Hetfield canta il pezzo supportato dai membri restanti dei Queen e dal leader dei Black Sabbath Tony Iommi.
Una nuova parte del tour di supporto al 'Black Album' prende avvio in quel di luglio, e vede i Metallica condividere la tournèe assieme agli scellerati Guns'N'Roses, colossi del rock mainstream. Quattro mesi in tour gomito contro gomito: la folle psiche di Axl Rose, che spesso minaccia di non salire sul palco per qualche schizofrenia improvvisa, rischia da subito di minare i rapporti tra le due bands, inizialmente cordiali; dopo diverse serate trionfali, in cui i due headliner entusiasmano letteralmente le folle, l'8 agosto a Montreal si va ad impattare contro un evento che avrebbe potuto rivelarsi tragico: durante Fade To Black, James mette il piede in una parte sbagliata del palco, laddove esplode un effetto pirotecnico; avvolto dalle fiamme, il chitarrista sfiora la morte di pochi centimetri e, contorcendosi in dolori atroci [riporterà ferite di terzo e secondo grado a braccio e mano sinistra] viene portato d'urgenza in ospedale; Axl Rose ebbe la bella idea di non presentarsi sul palco lamentando un insignificante mal di gola, che fece infuriare la folla: la furia della gente portò migliaia di danni alla struttura dell'impianto. Il tour venne sospeso per permettere a James di curarsi, ma il cantante tornò presto in pista, dedicandosi solo al microfono e lasciando la chitarra ritmica a John Marshall, come nel 1986; il tour si protrasse fino a inizio ottobre, di città in città, e quando Hetfield fu guarito del tutto prese la volta dell'Europa: Metallica e Guns'N'Roses si salutarono in pessimi rapporti. Le scintillanti esibizioni europee si susseguirono fino a fine anno, e a inizio 1993 la band si esibì affiancata nientemeno che dai Megadeth: fu proprio l'ex 'cavallo pazzo' Mustaine a decretare la fine dell'astio tra le due potenze del thrash metal californiano, riservando parole gentili e di ammirazione nei confronti di quella che era stata la sua ex band; nel luglio di quell'anno, l'enorme tour iniziato nel 1991 giunse al capolinea, dopo aver battuto e ribattuto centinaia di rotte, riempiendo le più grandi arene del globo e attirando folle oceaniche assolutamente impazzite di fronte al delirante successo dei Metallica. Oltre alle metropoli dei maggiori stati europei e nordamericani, erano stati toccati Messico, Hawaai, Giappone, Nuova Zelanda, Indonesia, Singapore, Tahilandia, Filippine, brasile, Cile e Argentina: l'heavy metal portato ovunque, l'heavy metal portato a chiunque, i Metallica alfieri di una nuova corrente capace di diffondere la musica più incazzata con la semplicità di una band da hit parade.

Nonostante il periodo di meritato riposo, Hetfield ed Ulrich non avrebbero comunque saputo rimanere con le mani in mano: si misero così a vivisezionare la mole gigantesca di filmati e registrazioni audio per documentare il tour, un surplus di lavoro che porta a novembre l'uscita di Live Shit: Binge & Purge, un cofanetto a forma di custodia contenente tre cd audio, registrati a Città del Messico nel 1993, e tre cassette con immagini da Seattle 1989 e San Diego 1991, materiale che permetteva di avere una succosa testimonianza dei Metallica pre e post 'Black Album'; il tutto era arricchito da pass, toppe, un libro, gadget vari, 'regali' che fecero lievitare il prezzo del pacchetto fino agli 85 dollari: nonostante le critiche dei fans e della stampa, il Live Shit riscosse un grande successo e divenne un'alternativa gustosa a chi ancora non era stufo dei Metallica e non avrebbe sopportato sei mesi di pausa della loro band preferita. Il ritorno all'attività live, nel 1994, va di pari passo con l'ingresso in studio per la realizzazione di un nuovo album: i Ragazzi scelgono i Planet Studio di Sausalito, California, praticamente a casa loro: segno di una rilassatezza generale che permette alla band di lavorare con serenità, senza fretta e senza la meticolosità maniacale che aveva caratterizzato ogni lavoro precedente. Già nell'agosto 1995, dopo diversi mesi di lavoro in studio, la band presenta live un paio di nuovi pezzi, prima di dedicarsi ad eventi del tutto particolari: come il cinquantesimo compleanno di Lemmy Kilminster, leggendario leader dei Motorhead, omaggiato con travestimento ad hoc -parrucche e cappelli da cowboy- e cover a tema; o come il 'concerto più freddo del mondo', tenuto davanti a 500 vincitori di un concorso nello Yukon, precisamente a Tuktoyaktuk, in un'arena riscaldata da stufe al cherosene. Tuttavia è alle porte l'alba di un'era buia e faticosa per la band e i suoi membri, James Hetfield in primis: il cancro si porta via il padre a inizio 1996, lasciando un segno pesante nel cantante; la malattia di Virgil Hetfield aveva riavvicinato padre e figlio, che avevano finalmente messo da parte anni di incomprensioni. Dolorosi i ricordi di James: Il mio punto di riferimento deve essere mio padre. Mi sono reso conto soltanto dopo di quanto mi ha influenzato, quanto era presente nella mia vita. E quando siamo finalmente tornati insieme ho visto che ci piacevano quasi le stesse cose e ci trovavamo benissimo dopo tutti gli scazzi che avevamo avuto in famiglia. Quando si è ammalato mi sono reso conto di quanto era forte, gli sono stato molto più vicino ed è stato bellissimo perchè tanta gente non ci riesce. A volte le persone se ne vanno e basta, ci lasciano senza preavviso. Con lui almeno c'è stato un pò di preavviso, e alla fine sono riuscito a stargli sempre più vicino.