CREEPING DEATH

LA MORTE STRISCIANTE TRA DIO E DEMONIO. Uno dei pezzi più travolgenti e interessanti dei Metallica è la leggendaria 'Creeping Death', che negli ultimi anni è diventata la classica opener dei live della band. L'apocalittico riff portante è rafforzato da una struttura rocciosa, nella quale si sussegue un riffing letale e solenne dalle diverse sfaccettature, cambi di tempo ed un assolo folgorante da delirio; senza sferrare un canonico attacco thrash, i Metallica sfornano una canzone epica e aggressiva, che concentra le peculiarità melodiche, sinistre e fastose tipiche del proprio sound. All'aggressività e alle splendide parti di chitarra la song aggiunge un significato che va al di là della semplice opinione su un tema d'attualità come spesso capita alla band: essa riprende infatti l'episodio biblico della fuga degli ebrei dall'Egitto. Ma il punto di vista è tutt'altro che religioso, ovviamente. La 'morte strisciante' è Dio, che nella fanghiglia che è l'umanità diventa un protagonista violento come tutti gli altri. Appare come un cespuglio infuocato, promette di piegare l'Egitto con morte e distruzione pur di garantirsi la devozione degli ebrei, definisce i suoi fedeli 'massa mortale' e parla di punizioni atroci ad ogni minimo sgarro. Per gli ebrei è un tiranno che sta dalla loro parte, ma pur sempre un tiranno. La visione dei Metallica è quella di un 'antagonista', e qualcuno l'ha definita persino satanista. In realtà riprende la visione di chi considera il Dio dell'Antico Testamento uno spietato dittatore. E' la tipica concezione che l'heavy metal ha della religione, che nutre profondi dubbi per le ideologie religiose convenzionali e va alla ricerca di un mondo che smentisca la 'versione ufficiale'. Scrive Maurizio De Paola su 'Le canzoni dei Metallica': 'James ha sentito queste storie mille volte da ragazzino, ma a differenza di molti altri ci ha ragionato su'. Già, ed ha concluso che se un Dio esiste non sono certo gli uomini a pretendere di conoscerne le verità!
CREEPING DEATH
Slaves Hebrews born to serve, to the pharaoh Heed To his every word, live in fear Faith Of the unknown one, the deliverer Wait Something must be done, four hundred years So let it be written, so let it be done I'm sent here by the chosen one So let it be written, so let it be done To kill the first born pharaoh son I'm creeping death Now Let my people go, land of Goshen Go I will be with thee, bush of fire Blood Running red and strong down the Nile Plague Darkness three days long, hail to fire Die by my hand I creep across the land Killing first born man Die by my hand I creep across the land Killing first born man I Rule the midnight air, the destroyer Born I shall soon be there, deadly mass I Creep the steps and floor, final darkness Blood Lamb's blood, painted doors, I shall pass.
MORTE STRISCIANTE
Schiavi Ebrei, nati per servire il faraone, prestate attenzione ad ogni sua parola, vivete nel terrore; fede in colui che è sconosciuto, aspettate il salvatore, qualcosa deve essere fatto, quattrocento anni; che sia scritto, che sia fatto: sono inviato dall'eletto. Che sia scritto, che sia fatto: uccidere il primo nato, il figlio del Faraone, sono la morte che striscia. Adesso lasciate andare la mia gente, verso la terra di Dio; andate, sarà con voi, arbusto di fuoco, sangue che scorre rosso e forte lungo il chiodo; fagello, oscurità per tre giorni, salute al fuoco, morite per mano mia; avanzo per la terra uccidendo il primo nato dell'uomo; io governo l'aria di mezzanotte, il distruttore nato; sarò presto là, massa implacabile, io avanzo per i gradini e inondo con l'ultima oscurità. Sangue, sangue d'agnello, porta dipinta, io passerò.
UN DIO SENZA RISPOSTE

I METALLICA E LA RELIGIONE. L'heavy metal e la religione, una discussione infinita che scavalca anche i confini della musica e del rock. La questione, aperta e irrisolvibile, è eterna: credere o meno. C'è chi non capisce come si possa ancora credere, nel 2000, ad un Universo creato da entità superiori. C'è chi non può fare a meno della sua fede, ma per tanti la fede è più una scaramanzia. C'è poi chi si pone nel mezzo, crede in qualcosa ma non sopporta le forzature delle religioni: non si può pretendere la verità in dogmi assurdi di chi vuole mettersi l'animo in pace e sognare un Paradiso Migliore dopo la vita. Il mondo reale è difficile? Meglio viverlo come età di passagio, augurandosi e autoconvincendosi in un qualcosa di meglio 'dopo', in un premio. Ma se un Dio c'è, perchè esistono tanta falsità, odio, corruzione? Perchè vivere sempre col timore che succeda qualcosa di spiacevole [incidenti, stupri, guerre]? Qualcuno dice che Dio ci mette alla prova. Hanno sempre una risposta pronta, e il loro errore sta proprio qui: voler pretendere di essere testimoni della verità del loro Dio. Se un Dio c'è, certo non si manifesta e certo non lascia in testamento i suoi voleri e i suoi dogmi. Chi ci dice che il Dio non intrecci col 'destino' il suo essere? Chi ci dice che non sia invece Satana a muovere tutto, e la divinità 'buona' a cercare di resistergli? Il male che troppo spesso prevale sul bene potrebbe derivare proprio da ciò. O, forse ancora, quello che la massa timorata ritiene 'inferno' è il paradiso di chi ama divertirsi, vivere, provare sentimenti veri e ardenti. Il freddo paradiso è solo luogo di restrizioni, imposizioni e rinunce. Meglio saltare nel fuoco!

ESCAPE

LA VITA E' MIA DA VIVERE A MODO MIO. ESCAPE è stato, nei primi anni ottanta, uno dei motti della band e dei suoi fan. Essa è un'immaginaria evasione da tutto, dalle catalogazioni e dal controllo esterno (tematica questa che verrà ripresa nel successivo Master Of Puppets). Escape fuoriesce dal pessimismo dell'album (Ride The Lightning), è un barlume di speranza: fuggo per salvare la dignità e le mie idee, forse è solo una via di fuga illusoria ma è proprio la forza di volontà e la fede nei propri ideali a crearla dal nulla. Senza momenti depressivi ( Non sento dolore, ma la mia vita non è facile), ma constatando che su questo mondo la falsità e l'ipocrisia ci costringe a lottare, spesso, da soli (So di essere il migliore amico di me stesso/Lotterò sino alla fine Per fuggire dal mondo veramente falso) per cause biologiche, insite nell'animo umano. Il ritornello è tutto un proclama, un grandissimo fuck you ai pregiudizi e alle considerazioni altrui, di chi magari ti deride per il tuo look o la tua passione per il metallo: 'Non ho bisogno di sentire le cose che dicono La vita è per me stesso da vivere a modo mio'. Mille avversità ci contrastano, ma 'Nessuna dannata catena può tenermi per terra'. Impera l'etica dell'heavy metal, la teoria del contrario con la quale sfregiare la morale pubblica: non è chi è fuori dalla normalità ad essere 'malato', ma è la società che si crede normale ad esserlo. Non se ne accorge, ma merita comunque di pagare salato per ciò!
ESCAPE
Feel no pain, but my life ain't easy I know I'm my best friend No one cares, but I'm so much stronger I'll fight until the end To escape from the true false world Undamaged destiny Can't get caught in the endless circle Ring of stupidity Out for my own, out to be free One with my mind, they just can't see No need to hear things that they say Life's for my own, to live my own way Rape my mind and destroy my feelings Don't tell me what to do I don't care now 'cause I'm on my side And I can see through you Feed my brain with your so called standards Who says that I ain't right? Break away from your common fashion See through your blurry sight See them try to bring the hammer down No damn chains can hold me to the ground Life's for my own, to live my own way Life's for my own, to live my own way.
FUGA
Non sento dolore, ma la mia vita non è facile; so di essere il migliore amico di me stesso, a nessuno importa, ma sono molto più forte. Lotterò sino alla fine per fuggire dal mondo veramente falso; destino intatto, non riesco a farmi prendere dal circolo senza fine, il cerchio della stupidità. Da solo per essere libero, tutt'uno con la mia mente, non riescono a capire; non ho bisogno di sentire le cose che dicono, la vita è mia, da vivere a modo mio. Violentate la mia mente e distruggete i miei sentimenti, non ditemi cosa fare, non mi importa adesso, perché sto dalla mia parte e posso guardare dentro di voi. Nutrite il mio cervello con i vostri cosiddetti standard, ma chi dice che non abbia ragione? Sfuggite ai vostri luoghi comuni, guardate attraverso la vostra vista annebbiata: vedete, cercano di colpire duro, nessuna dannata catena può tenermi per terra, la vita è mia, da vivere a modo mio.
LA VITA E' MIA, A MODO MIO

LA VOGLIA DI LIBERTA' DI OGNI METALLARO. I metallari sono gli individui che più di molti hanno voglia di libertà, realtà e onestà. Sin da piccoli soffrono terribilmente le ingiustizie e le imposizioni. Ci sono vari tipi di imposizioni, e spesso quelle dei genitori, per qualsiasi ragione, sono quelle più roventi. La scelta della scuola o la pretesa a pensare allo stesso modo loro, gli orari delle serate fuori e lo stesso uscire troppo: ogni cosa può essere oggetto di sospetti e diktat da parte dei genitori, e i giovani metallari covano dentro sentimenti contrastanti. Sognano la libertà, si sentono dei ribelli ma poi devono fermarsi di fronte a delle leggi nate nella loro stessa casa e per motivi discutibili. I genitori saranno anche in pensiero per i propri figli ma, per dirla alla Metallica, 'La vita è mia da vivere a modo mio'. A scuola, poi, i 'ribelli' si vedono inquadrati in un sistema claustrofobico. I professori non capiscono, spesso, di avere a che fare con dei giovani che hanno soprattutto voglia di vivere e divertirsi. La dittatura culturale può essere terribile: costringere a studiare chi non è fatto per studiare non è solo controproducente, è atroce. Per quello che serve, poi, studiare: nel mondo del lavoro spesso non serve a nulla quello che la scuola insegna, per lo meno quella italiana. Mondo del lavoro che, ovviamente, presenta presto i suoi punti negativi: dirigenti che guadagnano troppo e fanno poco, certo, ma anche un peso psicologico inquietante: si lavora per i soldi, ma al lavoro 'buttiamo' miliardi di ore della nostra vita. Tutti i soldi che guadagnamo valgono i milioni di giorni dedicati a persone e cose di cui non ci interessa minimamente? In ufficio o in fabbrica che sia, ripetere centinaia di volte la stessa routine pensando a cosa si ha voglia di fare nel (poco) tempo libero è molto pesante. Vedi il tuo tempo che scorre -lento, ma scorre- mentre fai cose che non ti interessano, mentre la tua vita -che naturalmente è quella relegata al (poco) tempo libero- è un corri corri che passa troppo veloce. Tutte queste ingiustizie, e molte (troppe) altre, costringono l'individuo a covare in sé una rabbia immane, che sfoga con l'indurimento del carattere e la chiusura glaciale davanti a molte situazioni della vita di tutti i giorni. Anche gli amici a volte ti deludono? Non farti problemi, sii forte e lascia scorrere tutto. L'heavy metal non ti tradisce mai, e se quegli amici lo sono davvero saranno loro stessi a tornare da te. Sii importante per te stesso, sentiti forte. E quando hai bisogno di qualcuno davvero al tuo fianco, accendi lo stereo e scavezza il tuo collo. Non scordarti mai, però, delle persone: per quanto qualcosa ti faccia arrabbiare o star male, il patrimonio umano di tutti gli individui incontrati nella propria esistenza è importante e non va mai tralasciato. C'è chi viene emarginato e chi si emargina da solo, chi cerca solo amici metallari e chi va d'accordo anche con gente normale, a patto che sia in gamba e semplice, alla mano, onesto. Nelle persone regna la falsità: tutti sorridono davanti e poi sparlano alle spalle. Le persone 'vere' non sono molte e si riconosono subito: dalla loro umiltà, dal loro animo 'rock'. Indipendentemente dai loro gusti musicali. A chi vuole farti pensare come lui, vivere come lui, vestire come lui, rispondi solo una cosa: 'Life's for my own, to live my own way '. Andare in giro con i jeans squartati, le borchie e le magliette dai disegni sconvolgenti è il grido di ribellione: io sono così, guardami società borghese e di plastica. Non ti vado bene? Non mi interessa, io sono così.

FADE TO BLACK

CUORE DI METALLARO. Quando tutto sembra inutile, triste, quando la sconfitta della razza umana lascia pensare quanto schifose siano le bassezze del genere a cui apparteniamo, marcisce in noi la dissolvenza nel nero. E' Fade To Black, la prima ballad del thrash metal, il primo approccio dei Metallica a suoni meno cattivi, furenti, la prima volta che anche loro hanno sussurrato con dolcezza malinconica quei sentimenti più deprimenti dell'animo umano; il pezzo rimane comunque tecnico e dotato di un crescendo finale più intenso. 'Perdendomi in me stesso', non riuscendo nemmeno a capire cosa ti turba, perchè tanto 'Niente importa a nessun altro', dove tutti sembrano ostentare la loro superiorità, la loro forza, una felicità di plastica che nel profondo chissà quanto vera sia. Musicalmente siamo di fronte ad un pezzo molto melodico, lento e malinconico, aperto da un arpeggio delicato e poi reso ancor più toccante da alcuni brevi e suadenti assoli armonici; nel finale il brano 'esplode' in una parte più dura, sfociante nel vibrante assolo finale, da capogiro. 'Ho perso la voglia di vivere, semplicemente niente più da dare', due righe strazianti e crude, 'Ho bisogno della fine per liberarmi: le cose non sono come erano una volta'. 'Sentendo la mancanza di uno dentro di me', perchè spesso non siamo quello che vorremmo. O quello che gli altri vorrebbero che fossimo, forse. Escalation straziante di avversione e frustrazione, 'Non riesco a sopportare l'inferno che sento, il vuoto mi sta riempiendo sino all'agonia', chi non l'ha mai provato? 'Nessuno se non io può salvarmi, ma è troppo tardi', perchè dobbiamo saperci rialzare da soli da certe situazioni. Non sempre tutti ci riescono, e allora 'La morte mi saluta amichevole, adesso dirò addio'. E' Fade To Black, brividi toccanti per imparare a trovar la forza e la voglia di superare le sconfitte. L'ennesimo insegnamento targato Metallica.
FADE TO BLACK
Life, it seems, will fade away Drifting further every day Getting lost within myself Nothing matters, no one else I have lost the will to live Simply nothing more to give There is nothing more for me Need the end to set me free. Things not what they used to be Missing one inside of me Deathly lost, this can't be real Cannot stand this hell I feel Emptiness is filling me To the point of agony Growing darkness taking dawn I was me, but now he's gone No one but me can save myself, but it's too late Now I can't think, think why I should even try Yesterday seems as though it never existed Death greets me warm, now I will just say goodbye.
DISSOLVENZA NEL NERO
Sembra che la vita svanirà lasciandomi andare di più ogni giorno, perdendomi in me stesso; niente importa a nessun altro, ho perso la voglia di vivere, semplicemente non ho niente più da dare, non c'è nient'altro per me. Ho bisogno della fine per liberarmi, le cose non sono come erano una volta; sentendo la mancanza di uno dentro di me, perdita mortale, non può essere vero, non riesco a sopportare l'inferno che sento; il vuoto mi sta riempiendo sino all'agonia, buio che cresce e si prende l'alba. Ero io, ma adesso se n'è andato: nessuno se non io può salvarmi, ma è troppo tardi; non riesco a pensare, pensare perché dovrei persino provarci. Ieri sembra che non sia mai esistito, la morte mi saluta amichevole, adesso dirò addio.
NON SOLO VIOLENZA SONORA

LE BALLAD, UN HEAVY METAL 'INSOLITO'. Fade To Black è la prima 'ballad' della storia del metal 'pesante'. I Metallica si stavano evolvendo e alle canzoni killer velocissime di KEA aggiungevano ora pezzi sempre più ricercati e variegati. All'inizio i fan di vecchia data storsero un pò il naso, ma fulminea fu la rettifica: Fade To Black era un grande pezzo, che conferma che anche i più duri metalhead hanno un cuore e dei momenti di debolezza. Il finale in crescendo strizza l'occhio alle sonorità thrash e fa felici proprio tutti. Nell'album successivo a Ride The Lightning, il copione si ripete con 'Welcome Home (Sanitarium)'. Stessi arpeggi dolci, stessa sanguinosa malinconia, stessa rabbia comunque nascosta tra le righe. E tanti sentimenti reali e 'umani' svelati da James, sotto il cuoio. In 'Justice' c'è One, che parla di un mutilato di guerra e, praticamente, di eutanasia. Inizia tristissima e ovattata da una fredda nenia, si scatena dopo la metà canzone e termina con un incedere potente. Ad accomunare tutti questi pezzi dolci ci sta la struttura, inizialmente triste, lenta e malinconica, ma capace di esplodere nell'irruenta escalation finale, culminante in guitar solos spaziali, sempre fortemente melodici. 'Non faremo mai una canzone d'amore', dicevano i Metallica, e invece sull'album omonimo ecco 'Nothing Else Matters', la song dolce per eccellenza, che ora la band dedica a tutti i fans. Il pezzo più conosciuto dei Metallica considerando anche chi mastica poco non solo di rock, ma anche di musica in generale. Sul Black Album spicca anche l'armonia tristissima di The Unforgiven, che trova un seguito su 'Reload' e il terzo episodio in 'Death Magnetic', dove c'è anche 'The Day That Never Comes' a rinverdire i fasti di 'One'. Tralasciando Load e Reload, su St. Anger non compare nessuna canzone lenta, mentre 'The Day that Never Comes', di 'Death magnetic', è un ideale ponte di collegamento con la cara vecchia 'One'.

TRAPPED UNDER ICE

Ai tempi degli Exodus Kirk Hammett scrisse una canzone che poi i Metallica hanno rielaborato col titolo 'Trapped Under Ice', il cui titolo originario era Impaler. La versione che appare su Ride The Lightning è fortemente influenzata dall'orrore per l'ignoto mondo di Lovercraft, anche se alcune interpretazioni vogliono il testo riferito ad alcuni esperimenti di criogenia. In realtà i Metallica parlano dei mostri e delle divinità del phanteon mitologico lovercraftiano, che sono in attesa di tornare alla vita per prendere il dominio della terra. Questo avverrà solo quando il loro nome verrà evocato correttamente, difatti spontaneamente sia Lovercraft che i Metallica sbagliano a scrivere nelle loro opere il nome di Chtulu, uno dei Grandi Antichi. Il pezzo è veloce e sostenuto da un'eccitante ritmica thrashy, tra le più spedite di un full length, Ride The Lightning, in cui la violenza e la rapidità esecutoria di Kill'Em All lasciava ampio spazio alla melodia e a potenti mid tempos di caratura heavy; Trapped Under Ice viene ingiustamente sottovalutata quando non addirittura dimenticata, ma resta una vibrante dimsotrazione di forza, capace di dare una marcia ulteriore al platter di origine, col suo riffing incisivo e la ritmica martellante, nonché con una sezione solista davvero all'attesa delle aspettative che questa band già agitava.
TRAPPED UNDER ICE
I don't know how to live through this hell Woken up, I'm still locked in this shell Frozen soul, frozen down to the core Break the ice, I can't take anymore Freezing, can't move at all Screaming, can't hear my call I am dying to live Cry out I'm trapped under ice Crystallized as I lay here and rest Eyes of glass stare directly at death From deep sleep I have broken away No one knows, no one hears what I say Scream from my soul Fate mystified Hell forevermore No release from my cryonic state What is this? I've been stricken by fate Wrapped up tight, cannot move, can't break free Hand of doom has a tight grip on me.
INTRAPPOLATI SOTTO AL GHIACCIO
Non so come sopravvivere a quest'inferno; sveglio, sono ancora rinchiuso in questo guscio, anima ghiacciata, ghiacciata sin nel profondo. Rompi il ghiaccio, non ce la faccio più, congelato,  non riesco a muovermi; urla, non riesco a sentire il mio richiamo, sto morendo dalla voglia di vivere. urla, sono intrappolato sotto il ghiaccio, cristallizzato, mentre sono disteso qui a riposare, occhi di vetro guardano diritto la morte, sono sfuggito dal sonno profondo, non lo sa nessuno, nessuno sente quello che dico. Congelato urlo dalla mia anima; fato, ingannato, inferno sempre di più. Nessuna liberazione dal mio stato d'ibernazione. Che cos'è? Sono stato colpito dal fato, legato forte, non riesco a muovermi, non riesco a liberarmi, la mano del destino mi stringe forte.
CLIFF BURTON

Indimenticabile Cliff Burton. Un incidente mortale se lo portò via, in quel lontano 1986, quando aveva solo 24 anni. Da allora i Metallica non furono più ciò che erano stati prima, privati di un bassista formidabile, di una fonte di ispirazione ricchissima [Cliff era un appassionato dei racconti di Lovercraft], di un ragazzo molto sensibile nonostante le apparenze. Era stato un anno denso di avvenimenti, quel 1986. Master Of Puppets e il tour con Ozzy Osbourne, certo, ma anche l'incidente al braccio che aveva rischiato di mettere fuori gioco James. Un presagio, forse. Il 26 settembre i Metallica si esibirono a Stoccolma, Svezia. Lo show fu un successo, grazie anche al ritorno di James alla chitarra dopo diversi mesi di assenza e a Cliff Burton che si esibì prima in un inedito assolo di basso melodico e poi 'Star Spangled Banner', l'inno nazionale USA. Quella notte sembrò che nulla potesse fermare la potente macchina dei Metallica. Il 27 settembre 1986, durante un viaggio sul bus ufficiale del tour Europeo, nei pressi della cittadina di Ljungby, in Svezia, Burton e Kirk Hammett, giunta ormai la sera, decisero di giocarsi a carte il posto nel letto a castello del loro bus. Il vincente avrebbe dormito vicino al finestrino, il perdente dal lato opposto. Burton vinse e dormì nel posto più prestigioso. Durante la notte l'autista del bus perse il controllo del mezzo, forse a causa di una lastra di ghiaccio sull'asfalto (o a causa dell'abuso di alcol, come molti sostennero). Ormai fuori controllo, il grosso veicolo continuò la sua corsa in un tratto d'erba per poi ribaltarsi. Dalle lamiere contorte uscì per primo lo stesso autista, seguito da James Hetfield e Kirk Hammett, che avevano qualche piccola abrasione sul corpo, e, infine, Lars Ulrich che aveva un alluce fratturato. Accortisi della mancanza di Cliff, i Metallica si spostarono sul retro del mezzo e lì videro uno spettacolo raccapricciante. 'Vidi il bus su di lui. Vidi le sue gambe spuntare fuori. Diedi di matto. L'autista del bus, ricordo, stava tentando di dare uno strattone alla coperta sotto il suo corpo per usarla per le altre persone. Dissi, 'Non farlo cazzo!'. Avrei voluto ucciderlo. Non so se fosse ubriaco o se urtò del ghiaccio. Tutto ciò che sapevo era che lui stava guidando e che Cliff era morto', raccontò James. Cliff, durante la drammatica carambola del bus, era scivolato fuori dal mezzo, sfondando con il suo corpo l'ampia vetrata posta vicino al suo letto, proprio nel momento in cui l'autobus si stava rovesciando. Il bassista era rimasto completamente schiacciato dal veicolo, fatta eccezione per le gambe che in parte spuntavano dalle lamiere. Immediatamente la situazione di Burton apparve notevolmente preoccupante per gli altri membri della band, che chiamarono in fretta e furia i soccorsi, sperando che Cliff non fosse morto ma solamente svenuto. Dopo circa un quarto d'ora una gru giunse sulla scena per sollevare il bus. Sotto gli occhi dei compagni di band e dei soccorritori, l'argano iniziò a sollevare l'autobus. Quando il mezzo fu rimosso, per Cliff non c'era più nulla da fare. L'autopsia del Dr. Anders Ottoson rivelò come causa del decesso una 'compressio thoracis cum contusio pulm' ['compressione toracica con contusione polmonare']. L'autista del bus motivò l'incidente come dovuto da un urto su un 'pezzo di ghiaccio nero' e fu rilasciato dalla polizia, nonostante questo frammento di ghiaccio non fosse mai stato trovato sul luogo dell'incidente. La polizia aveva inoltre constatato che la temperatura dell'aria sulla scena era sì fredda, ma non tale da creare simili lastre ghiacciate sulla carreggiata. Il corpo del musicista fu riportato pochi giorni dopo negli Stati Uniti. Il funerale ebbe luogo il 7 ottobre 1986 nella Chapel Of The Valley di Castro Valley. Cliff fu cremato e sepolto nel Maxwell Ranch di proprietà della famiglia Burton. Clifford Lee Burton nacque alle 21:38 del 10 febbraio 1962 da Jan e Ray Burton. Il padre Ray, nativo del Tennessee, lavorava come assistente stradale nella San Francisco Bay Area, mentre la madre Jan era originaria della California e lavorava per il distretto scolastico di Castro Valley, la città di residenza della famiglia Burton, come assistente di bambini con problemi fisici o mentali. La famiglia, oltre a Clifford, aveva avuto altri due figli, Scott e Connie, entrambi più grandi. Cliff trascorse un' infanzia felice. All'età di sei anni si avvicinò, sotto spinta del padre, al mondo della musica classica e iniziò a prendere lezioni di pianoforte. Clifford affiancò lo studio della musica, allo sport, giocando nel campionato amatoriale di baseball. A 14 anni, Cliff abbandonò grazie alla spinta di alcuni suoi amici, lo studio della musica classica per avvicinarsi al jazz e al primo heavy metal. Affascinato da queste sonorità, così diverse dalla musica a cui era abituato, decise di abbandonare definitivamente gli studi di pianoforte per iniziare a suonare il basso. Imparò a suonare lo strumento in breve tempo, grazie anche alle lezioni private tenute dal maestro Steve Hamady, e, migliorando di giorno in giorno. Cliff decise di unirsi ad alcune piccole band locali venendo a contatto con nuove influenze e stili. Aveva una cura maniacale in ogni dettaglio e passava circa sei ore al giorno, tra lezioni e prove con i suoi gruppi, perfezionando la sua abilità e il suo stile. Burton aveva intanto iniziato da alcuni anni a lavorare in un'azienda di noleggio di Castro Valley, chiamata Castro Valley Rentals e si era diplomato alla Castro Valley High School. Nel 1980 abbandonò le lezioni private per iscriversi ai corsi di musica del Napa Valley Junior College della California del Nord.Sempre nel 1980 Cliff Burton si unì alla blues rock band Trauma, un giovane gruppo già affermato nella Bay Area sia per le qualità musicali che per le esibizioni live, capaci di intrattenere il pubblico attraverso movimenti sul palco e giochi pirotecnici all'insegna della massima spettacolarità. Cliff riuscì a carpire nuove influenze musicali e ad assimilare diverse tecniche da sfruttare nelle sue linee di basso. Nei Trauma Cliff fu certamente uno dei membri che si distinsero maggiormente per talento e presenza on stage, caratterizzata da prolungati e scatenati headbanging, valorizzati dai suoi lunghi capelli rossi. Il gruppo non pubblicò mai nessun album e gli unici prodotti giunti fino ai nostri giorni sono solo alcuni demo. Una delle loro canzoni più famose rimase 'Such A Shame', traccia ascoltabile nella rara raccolta della Metal Blade Records, Metal Massacre II. I Trauma si sciolsero nel 1982 quando Cliff, divenuto ormai icona del gruppo, lasciò la band dopo aver accettato la proposta di diventare bassista della thrash metal band Metallica. I Metallica stavano cercando un bassista da sostituire a Ron McGovney, che aveva lasciato il gruppo nel 1982 in seguito a litigi con Dave Mustaine. Sentendo parlare bene di un certo Burton, decisero di assistere a un suo concerto con i Trauma al famoso locale 'Whisky a Go Go'; colpiti dalla sua abilità, i tre musicisti decisero di reclutarlo immediatamente. Il musicista accettò subito la proposta della band alla sola condizione che i Metallica trasferissero la loro sede a San Francisco, in quanto Burton non aveva molta stima della caotica Los Angeles. Accettata la proposta, un mese dopo l'esibizione Cliff era già membro stabile del gruppo. Cliff diede immediatamente il suo apporto, contribuendo con la sua tecnica musicale e con nuove idee a livello compositivo; per molti il contributo di Burton fu essenziale per il futuro successo internazionale dei Metallica. Il bassista suonava il suo strumento come nessuno aveva fatto prima; i suoi assoli toccavano molti stili, variando dal jazz a melodie psichedeliche, ed erano dominati da grande sentimento e grande attenzione per i particolari. Classici esempi delle sue capacità e del suo stile emergono nell'album Kill 'Em All, il primo lavoro che il musicista pubblicò con la band californiana nel 1983, e, soprattutto, nella traccia (Anesthesia) Pulling Teeth. Cliff contribuì largamente anche alla realizzazione del disco successivo, Ride The Lightning (1984), per il quale scrisse e compose un buon numero di tracce. In questo disco Burton da il meglio di sé nella famosa traccia The Call of Ktulu che, per una buona parte, compose lui stesso. Un altro brano in cui sono messe in risalto le sue doti musicali è For Whom the Bell Tolls, la cui introduzione è divenuta esempio dell'attento uso della distorsione da parte del musicista. Nel 1986 Cliff Burton partecipò a pieno ritmo alla produzione dell'album Master of Puppets, forse il disco più famoso del gruppo; qui le linee di basso di Cliff divennero maggiormente complesse e prominenti. In Orion, settima traccia dell'album, è ascoltabile un assolo del bassista. In tutti questi anni trascorsi con i Metallica, Cliff non perse mai la sua incredibile personalità on stage e riuscì a farsi più volte apprezzare come grande uomo al di fuori del palco, divenendo di fatto uno dei membri più amati della lunga storia della band. Con i Metallica Burton produsse tre album, Kill 'Em All, Ride The Lightning e Master of Puppets, dischi, a tutt'oggi, descritti come fra i migliori prodotti di questa band. Poi, quel fottutissimo, bastardissimo 27 settembre. James Hetfield ha ammesso in numerose interviste che le influenze musicali portate da Burton nei Metallica furono le principali responsabili di gran parte della musica prodotta dalla band nella sua lunga carriera e dell'immagine che il gruppo esibiva in pubblico. Infatti Cliff, che esordì musicalmente come pianista, portò nei Metallica la sua grande conoscenza teorica che fu immediatamente integrata nel sound del gruppo e nello stile di ogni singolo componente. Burton inserì giri di basso che solo poche band dell'epoca erano capaci di presentare e insegnò a James Hetfield un nuovo modo di suonare la chitarra e di armonizzare. È anche noto che l'ossessione di Cliff per lo scrittore horror H.P. Lovecraft fornì alla band quegli spunti che portarono verso la creazione delle copertine tenebrose e surreali che caratterizzarono la carriera dei Metallica. Inoltre il 'culto' di Lovecraft portò nuove tematiche alla band, che si dilettò così nella composizione di brani surreali come 'The Call of Ktulu' e 'The Thing That Should Not Be'. Anche l'apprezzamento del gruppo per i The Misfits, i Samhain e Glenn Danzig è diretta conseguenza dell'entrata nella band di Burton, che propose fino alla nausea questi artisti a Lars Ulrich e compagni.

FOR WHOM THE BELL TOLLS

ROMANZI DI GUERRA. Il ritmo lento, cadenzato e maciullante di 'For Whom The Bell Tolls' riporta la guerra nelle liriche dei Metallica, un argomento che tornerà spesso da quel 1984 in poi. La canzone è ispirata al celebre romanzo di Ernest Hemingway, 'per chi suona la campana' appunto. I riferimenti sono principalmente alla prima guerra mondiale, come capiterà ad esempio anche in 'One'. Lugubri rintocchi di campana scandiscono la morte in trincea, rivelando crudelmente la realtà a chi ancora crede alla favola della 'bella morte' sul campo di battaglia, per l'onore e la patria. Cliff Burton dà il meglio del suo genio con l'iniziale assolo di basso, sinistro e maestoso, che introduce ad un pezzo potente, cupo e glaciale nelle sue fattezze puramente heavy. In guerra uccidere diventa una routine, un circolo vizioso che annichilisce il senso di ogni cosa: 'combattiamo perchè abbiamo ragione. Ma chi l'ha detto?' si chiedono i Metallica in questo capolavoro che diventa uno dei loro classici da brividi. Il nemico è un fantasma che spesso non si riesce nemmeno a guardare in faccia, distrutto dalle granate e dal fuoco che proviene dalle trincee. E i soldati sono semplici burattini da spedire all'inferno, con licenza d'uccidere ma senza dar troppo peso alla loro singolarità, come fossero ingranaggi tutti uguali (quindi sostituibili) di una triste catena di montaggio.
FOR WHOM THE BELL TOLLS
Make his fight on the hill in the early day Constant chill deep inside Shouting gun, on they run through the endless gray On they fight, for they are right, yes, but who's to say? For a hill, men would kill. Why? They do not know Suffered wounds test their pride Men of five, still alive through the raging glow Gone insane from the pain that they surely know For whom the bell tolls Time marches on For whom the bell tolls Take a look to the sky just before you die It's the last time he will Blackened roar, massive roar, fills the crumbling sky Shattered goal fills his soul with a ruthless cry Stranger now are his eyes to this mystery He hears the silence so loud Crack of dawn, all is gone except the will to be Now they see what will be, blinded eyes to see For whom the bell tolls Time marches on For whom the bell tolls.
PER CHI SUONA LA CAMPANA
Lottava sulla collina all'inizio, un freddo perenne dentro, un urlo di fucile, corrono per il grigio infinito; avanti con la lotta, perché hanno ragione, sì, ma chi lo può dire? Per una collina gli uomini ucciderebbero, perché? Non lo sanno, ferite sofferte mettono alla prova il loro orgoglio, gruppi con cinque uomini, ancora vivi nel bagliore che impazza, impazziti dal dolore che conoscono sicuramente. Per chi suona la campana? Il tempo va avanti, per chi suona la campana? Guarda il cielo prima di morire, é l'ultima volta che lo farai. Un boato annerito, un boato enorme riempie il cielo che si sgretola, uno scopo distrutto riempie la sua anima con un grido spietato. Sono estranei adesso, i suoi occhi, a questo mistero: sente il silenzio così forte, all'alba, tutto è perduto tranne la volontà di esistere. Adesso la volontà vede quello che sarà, occhi accecati per vedereper chi suona la campana. Il tempo va avanti, per chi suona la campana?
SIAMO ANCHE LETTERATI

METALLICA E LETTERATURA. Nella loro vasta discografia, i Metallica si sono più volte cimentati con la letteratura. 'For Whom The Bell Tolls' è l'esempio più importante: in essa i quattro cavalieri dipingono gli orrori della guerra 'utilizzando' il romanzo di Hernest Hemingway. Nello stesso album, 'Ride The Lightning', è presente la strumentale 'The Call Of Ktulu', tratta dall'omonimo titolo di Howard Philip Lovercraft. I racconti horror-fantasy dello scrittore americano ha ispirato a lungo la band, soprattutto Cliff Burton. In 'Trapped Under Ice' i Met parlano dei mostri e delle divinità del phanteon mitologico lovercraftiano, che sono in attesa di tornare alla vita per prendere il dominio della terra. In 'The Thing That Should Not Be' attingono nuovamente dal repertorio di Lovercraft, riportando i versi di ben tre racconti contemporaneamente ['il richiamo di Ktulu', 'la maschera di Innsmouth' e soprattutto 'le montagne della follia']. In essi si parla di Ktulu, sommo sacerdote dei Grandi Antichi, le divinità primogenie che hanno governato il nostro pianteta per milioni di anni ma sono state spazzate via da un cataclisma. Sono questi i pilastri dell'unione tra Metallica e letteratura. Tanto per ribadire l'essenza di una band decisamente 'colta'.

RIDE THE LIGHTNING

DEI DELITTI E DELLE PENE. La pena capitale, la sedia elettrica, le macabre angosce di un condannato a morte: l'esplosivo e straziante riff di 'Ride The Lightning' getta lo sguardo sulla fine che giunge come pena capitale. E' il 1984, e i Metallica pubblicano l'album omonimo in cui la title track descrive proprio l'agonia di un condannato alla sedia elettrica: 'Legato alla sedia elettrica Non è possibile che stia succedendo a me! Dio, chi ti ha fatto dire 'Ti toglierò la vita!' Un flash da vanti agli occhi E' ora di morire'. Destino irrevocabile, con la convinzione di essere innocente: 'Stanno cercando di portarsi tutto via! Non voglio morire Il tempo scorre lento I minuti sembrano ore Vedo l'ultima chiamata di scena Quanto è vero tutto ciò?'. Musicalmente, il pezzo è un heavy costruito attorno a molteplici riff e cambi di tempo, con qualche accelerazione esaltante ed una trama molto elaborata, che iniziò a far emergere l'evoluzione technical della band e che ruotava attorno ad un assolo di chitarra fibrillante, prolungato e denso di scale e parti intense. I Metallica nella canzone non esprimono la loro opinione a riguardo, ma in un'intervista James Hetfield ha dichiarato di essere favorevole alla pena capitale, anche perchè sicuro che essa non possa venire utilizzata contro degli innocenti. Tuttavia, proprio la canzone [che forse parla di un incubo] è una denuncia della teatralità con cui il sistema giudiziario utilizza la vendetta pubblica come messaggio per rassicurare la società, lavando davanti a tutti le colpe dei criminali senza dar peso alle colpe e agli scandali attribuibili alle cosiddette 'brave persone'. Nel complesso si può dunque affermare che la pena di morte può servire in certi casi estremi, senza però utilizzarla spacciandola come soluzione di tutti i problemi: non è la morte di un individuo che basta a pulire il sangue della società americana.
RIDE THE LIGHTNING
Guilty as charged But damn it, it ain't right There's someone else controlling me Death in the air Strapped in the electric chair This can't be happening to me Who made you God to say, 'I'll take your life from you'? Flash before my eyes Now it's time to die Burning in my brain I can feel the flame Wait for the sign To flick the switch of death It's the beginning of the end Sweat, chilling cold As I watch death unfold Consciousness my only friend My fingers grip with fear What am I doing here? Someone help me Oh please, God help me They are trying to take it all away I don't want to die Time moving slow The minutes seem like hours The final curtain call I see How true is this Just get it over with If this is true, just let it be Wakened by horrid scream Freed from this frightening dream.
CAVALCA IL FULMINE
Accusato colpevole, ma dannazione, non è giusto; c'è qualcun altro che mi controlla, la morte é nell'aria. Legato alla sedia elettrica, non è possibile che stia succedendo a me! Dio, chi ti ha fatto dire 'Ti toglierò la vita'? Un flash da vanti agli occhi, é ora di morire, bruciando nel cervello posso sentire le fiamme; aspetta il segnale per girare l'interruttore della morte, é l'inizio della fine. Sudore, freddo gelido, mentre osservo spiegarsi la morte; la coscienza la mia sola amica, le mie dita si stringono per la paura: che cosa ci faccio qui? Qualcuno mi aiuti, oh per piacere, Dio aiutami, stanno cercando di portarsi tutto via, non voglio morire! Il tempo scorre lento, i minuti sembrano ore, vedo l'ultima chiamata di scena. Quanto è vero tutto ciò? Finiamola, se questo è vero, lascia che sia svegliato dall'orrido urlo liberato dal sogno spaventoso.
AL DI SOPRA DI OGNI COSA
I METALLICA E LA SOCIETA' 'SPORCA'. I Metallica non hanno mai, di fatto, espresso una posizione politica. Nelle loro canzoni hanno sempre parlato di temi scottanti, esponendo però i fatti come stanno e lasciando all'ascoltatore la possibilità di prendere un'opinione, senza influenzarlo. In RTL viene presentata la brutalità della pena di morte e della sedia elettrica: in altre canzoni si mettono davanti agli occhi di tutti gli orrori delle guerre [One, Disposable Heroes su tutte], in altre ancora vengono additate la corruzione del sistema giudiziario [And Justice For All], in una complessiva panoramica sulla società, soprattutto americana, che ha parechi lati oscuri su cui ragionare. I Metallica sono dunque una band 'intelligente', che fa ragionare i propri fans; allo stesso tempo non sono una band 'impegnata', non si fanno nè portatori di un ideale da seguire nè tantomeno simboli di un settore politico. Giusto così, perchè ognuno può avere una propria idea e allo stesso tempo amare i Metallica. I Four Horsemen sono al di sopra di tutte le parti, non sono nè rossi nè neri, ma interpretano la vita e la realtà con oggettività e realismo, cioè con quanto di più concreto ci sia. Un ragazzo che muore mutilato in guerra deve far riflettere tutti, a destra e a sinistra.
METALLICA YEAR BY YEAR: 1994
INFATICABILI ED IMPLACABILI

RITORNO IN SCENA. Immersi nei loro sei mesi buoni di pausa meritatissima, dopo i tre anni di tuor post 'Black Album', i Metallica tornano a dare notizia di sè a maggio, quando decidono di tornare on the road per qualche mese. Il 28 maggio 1994, a Buffalo, parte il tour 'The Shit Hit The Seets 1994: Binging And Purging Across The Usa'. Le date in Nordamerica vedono i Metallica sul palco assieme ai Danzig, e in alcune date qualche componente di questa band salirà sul palco assieme a Hetfield e compagni per eseguire delle divertenti versioni di 'Last Caress' o 'London Dangeon' dei Misfits. Altra spalla dei Metallica in quei mesi erano i Suicidal Tendencies, che invece preferivano 'apparire' in 'So What'; col bassista dei Suicidal, Robert Trujillo, i Metallica stringono una duratura e sincera amicizia. La carovana attraversa il Nordamerica in uno svariato numero di date, consolidando la loro fama di fenomeno del momento grazie a pezzi come l'energica 'Enter Sandman' o alle ballate alla'Nothing Else Matters', pur senza mai smettere di fucilare le vecchie cariche dinamitarde del calibro di 'Master Of Puppets', 'Creeping Death' e 'No Remorse'. Il 21 agosto, al Bicentennial Park di Miami, la band esegue una cover della priestiana 'Rapid Fire', e sul palco vengono raggiunti nientemeno che dal MetalGod Rob Halford in persona: un momento magico in cui si uniscono, di fatto, alla vecchia guardia dell'heavy metal mondiale. A ottobre, i Metallica tornano in sala prove per dedicarsi al materiale che andrà a comporre l'ossatura del nuovo studio album. Curioso il look che vede Jason, da ormai qualche mese, con i capelli cortissimi.

FIGHT FIRE WITH FIRE

FAI CIO' CHE E' STATO FATTO A TE. Pugno in faccia apparente alla morale cristiana del 'porgi l'altra guancia', Fight Fire With Fire apre il secondo disco dei Metallica, Ride The Lightning, caratterizzandosi come la prima delle 'morti' che collegano tutti i pezzi del disco: è la morte calata dal fato, per volontà ferrea di un destino che non puoi modificare e che nelle righe del pezzo puoi vedere sotto varie forme. Quella più evidente, la grande paura della guerra nucleare che impazzava nei telegiornali e nelle tv americane negli anni '80 ['Ma cosa diavolo sta diventando questo mondo? Annienta il mondo La guerra nucleare ci seppellirà'], ma anche la vendetta tra gli uomini, che porta alla loro autodistruzione, ironicamente contemplata dagli dei ['Gli dei stanno ridendo, perciò respirate per l'ultima volta']. Chitarre e basso graffiano simulando i bombardamenti, la batteria pesta irruenta e fulmicotonea su un ritmo mitragliato che devasta ad ogni livello sonoro e psicofisico: song straordinaria da tutti i punti di vista, che funge da collegamento con lo stile thrash serrato e irruento di Kill'Em All. Da un lato la canzone dà forza, voglia di mandarsi a fottere tutti quelli che giocano con la tua vita in ogni piccola sfaccettatura, rispondendo loro con la stessa furente moneta, dall'altro però fa constatare come in questo mondo folle e isterico troppo spesso non ci sia il tempo per pensare e riflettere, e ancora più spesso gli interessi dei singoli individui mettano continuamente in conflitto le persone. Purtroppo, insomma, spesso si può solo rispondere al fuoco con il fuoco.
FIGHT FIRE WITH FIRE
Do unto others as they've done to you But what the hell is this world coming to? Blow the universe into nothingness Nuclear warfare shall lay us to rest Fight fire with fire Ending is near Fight fire with fire-Bursting with fear We all shall die Time is like a fuse, short and burning fast Armageddon's here, like said in the past Fight fire with fire Ending is near Fight fire with fire Bursting with fear Soon to fill our lungs, the hot winds of death The gods are laughing, so take your last breath Fight fire with fire Ending is near Fight fire with fire Bursting with fear Fight fire with fire Fight!
COMBATTI IL FUOCO COL FUOCO
Fai agli altri come è stato fatto a te: ma cosa diavolo sta diventando questo mondo? Annienta il mondo, la guerra nucleare ci seppellirà; combatti il fuoco con il fuoco, la fine è vicina! Combatti il fuoco con il fuoco, scoppiando di paura moriremo; il tempo è come un fusibile, corto e brucia veloce. E'arrivato l'Armaggedon, come è stato detto nel passato, combatti il fuoco con il fuoco, i venti caldi della morte riempiranno presto i nostri polmoni. Gli dei stanno ridendo, perciò respirate per l'ultima volta.
JAMES HETFIELD
Una folla oceanica dedica festante il degno tributo alla più grande metal band di sempre, mentre James Hetfield saluta i suoi fan dopo l'ennesimo, mastodontico, concerto. Nei suoi occhi l'orgoglio di essere un mito, il creatore del mito Metallica. Nel suo cuore la soddisfazione di aver trovato l'equilibrio ad una vita fatta di metallo sfrenato, che da un pò ha però trovato stabilità, felicità estrema, una splendida famiglia ed il successo interminabile degli eterni, enormi Metallica. Da Seek & Destroy a For Whom The Bell Tolls, da Master Of Puppets a Blackened, da Enter Sandman e Nothing Else Matters: anni di capolavori leggendari, tutti sotto il segno della voce di James Hetfield! James Alan Hetfield nasce nei sobborghi di Los Angeles il 3 agosto 1963. Figlio di un camionista e di una cantante lirica, James dimostra fin da giovane un discreto talento musicale, iniziando a seguire lezioni di pianoforte a nove anni, passando poi alla batteria (suonata dal fratello David) e infine, all'inizio dell'adolescenza, alla chitarra. Nonostante le lezioni di piano, James suona la chitarra da autodidatta e non legge né scrive spartiti. Nel 1976 a 11 anni Hetfield rimase duramente scosso dall'improvviso divorzio dei suoi genitori, nonostante in seguito affermerà che entrambi gli volessero molto bene. Le sue prime passioni musicali sono per i KISS e per gli Aerosmith: iscrittosi alla East Middle School, conosce diversi ragazzi con cui condividere la passione per il rock; uno di questi, è Ron McGovney. Nel 1977, Hetfield si iscrive alla Downey High School di Los Angeles; McGovney, in una intervista a Shock-Waves nel 1993, affermerà: 'Alle superiori avevano tutti la loro cricca: c'erano le cheerleaders, i palestrati, la banda musicale, e alla fine ti ritrovavi a frequentre gli sfaccendati senza un vero gruppo sociale, e tra questi c'eravamo io e James. Lui era fissato con Steven Tyler, il leader degli Aerosmith.' In questi anni, i suoi gruppi preferiti sono Scorpions, AC/DC, Thin Lizzy, Black Sabbath, Aerosmith, UFO e KISS. I genitori di Hetfield erano adepti di Christian Science: da sempre ciò causa nel giovane musicista numerosi conflitti interiori, che ispirarono alcuni brani tra cui Dyers Eve e The God That Failed. In una intervista a Playboy, il chitarrista affermerà: 'Sono stato educato da scientista cristiano, che è una strana religione. Il principio fondamentale è che Dio cura tutto. Il corpo è solo un involucro, non servono medici. Era alienante e difficile da capire. Non potevo fare le visite mediche per giocare a football. Era assurdo dover lasciare le lezioni di educazione fisica durante la scuola, e tutti i ragazzini dicevano: 'Ma perché te ne vai? Che sei handicappato?'. Da ragazzino non vedi l'ora di far parte della squadra. Chiacchierano sempre di te e pensano che sei strano. Era davvero fastidioso. Mio padre insegnava al catechismo, era fissato. Mi è stato imposto. Avevamo dei piccoli testimonial, e c'era una ragazza col braccio rotto. Si alzava in piedi e diceva: 'Mi sono rotta il braccio ma adesso, guardate, va molto meglio'. Ma era, insomma, storpia e basta. Ora che ci penso era alquanto disturbante'. I genitori di Hetfield moriranno di cancro dopo aver rifiutato ogni cura, fedeli nella provvidenza divina: ciò ispirerà nel giovane musicista alcuni brani tra cui Dyers Eve e The God That Failed. Nel 1980 Hetfield inizia la carriera da chitarrista negli Obsession, un gruppo composto da lui alla chitarra ritmica, Ron McGovney al basso, Rich Veloz alla batteria, e Jim Arnold alla seconda chitarra. Le prove avvenivano nel garage di Veloz, eseguendo cover di Black Sabbath, Led Zeppelin, Deep Purple, Thin Lizzy e UFO. Non vi era un vero e proprio cantante, ma Hetfield era quello che sembrava più portato per questo ruolo, benché venisse alternato da Arnold e Veloz. Gli Obsession, comunque, ebbero vita breve, poiché i rapporti tra Hetfield e Veloz non erano dei migliori. Il chitarrista, insieme a McGovney e ai fratelli Arnold [Jim e Chris], formarono dunque un nuovo gruppo, i Syrinx, che si stabilizzò come cover band dei Rush. Nonostante la buona volontà, Hetfield fu sconvolto da un grave lutto: la madre, Cynthia, morì di cancro. Dopo la morte della madre, la famiglia si trasferisce a Brea, in California. Hetfield si iscrisse alla Brea Olinda High School, dove conobbe Hugh Tanner, un chitarrista. Con Tanner e McGovney, al quale Hetfield si propose di dare lezioni di basso, Hetfield formò i Phantom Lord. McGovney ricorda così l'avvenimento: 'James mi propose di far parte dei Phantom Lord come bassista, ma io gli ho detto che non lo sapevo suonare bene, e che non ce l'avevo nemmeno un basso mio. E James ha detto 'Ti faccio vedere io come si suona', così abbiamo affittato un basso e un amplificatore e James mi ha insegnato le basi, quello che dovevo fare per seguirlo alla chitarra'. Anche i Phantom Lord ebbero però vita breve: finite le superiori, Hetfield e McGovney si trasferiscono in una casa dei genitori del bassista, abbandonata, che i due organizzano come sala prove. In questo periodo fondano i Leather Charm, gruppo nel quale Hetfield lascia la chitarra per essere un vero e proprio frontman-cantante. Alla chitarra e alla batteria, furono chiamati alcuni amici di McGovney. Fu con questa formazione che si iniziarono a comporre i primissimi brani, tra cui Hit the Lights. Dopo il diploma, James inizia a lavorare in una ditta di stampa di adesivi, per poter acquistare una strumentazione decente ed iniziare la carriera musicale vera e propria.Nel 1981, assieme al batterista Lars Ulrich, al chitarrista Dave Mustaine e a Ron McGovney, fonda i Metallica. McGovney se ne va, mentre Mustaine venne cacciato dallo stesso Hetfield e da Ulrich, per il suo carattere rissoso e per il suo continuo abuso di droga e alcol, che non gli permetteva di concentrarsi sulla musica. I Metallica degli esordi suonano un thrash isterico e velocissimo, concentrato in canzoni dirette e dai riff immediati. Poco prima delle registrazioni di Kill'Em All [1983], arrivano Kirk Hammett alla chitarra e Cliff Burton al basso. Con questa formazione verranno pubblicati anche Ride The Lightning [1984] e Master Of Puppets [1986], album che segnano una grande maturazione sia nelle liriche, più curate e complesse, che nella struttura articolata dei brani, pur sempre molto veloci e potentissimi. Lo stile di James, più urlato e sguaiato agli inizi, si irrobustisce con Master Of Puppets. Dopo la tragica morte di Cliff Burton, nel 1988 i Metallica registrano il primo album con il nuovo bassista, Jason Newsted. And Justice For All segna un cambio di stile nel suonare il thrash metal, reso qui più tecnico e intricato. A parere di molti, in questo album e nel suo relativo tour si può apprezzare il miglior James Hetfield di sempre per liriche e voce. Nei testi delle canzoni, James parla della società, del sistema, accusa l'America di corruzione e denuda la falsità delle persone, le oscenità della guerra e della droga. Negli anni '90, Hetfield e i Metallica diventano tra i gruppi di maggiore successo commerciale della scena metal, grazie al grandissimo impatto sul pubblico del celebre Metallica, uscito nel 1991. La carriera della band subì una flessione con i successivi Load e Re-Load [1996 e 1997], più orientati all'hardrock e con testi molto introspettivi per James, ma non acclamati dai fan di vecchia data. A metà degli anni '90, dopo gli stess degli interminabili tour del Black Album, James va incontro al periodo più duro della sua esistenza. Sprofonda nell'alcoolismo e perde anche il padre, con cui si era da poco riappacificato. Il baratro in cui crolla sembra coinvolgere anche la band, che rischia lo scioglimento. Il punto di ripartenza è St. Anger [2003], prodotto sempre da Bob Rock, che in quell'occasione ha anche suonato le parti di basso per le registrazioni in studio. Robert Trujillo, attuale bassista della band infatti, arriverà qualche mese più tardi. Con questo disco i Metallica fanno psicanalisi, espongono i loro problemi e sfogano le loro frustrazioni. La rinascita è graduale: torna la sintonia tra i membri del gruppo, tornano monumentali prestazioni live e torna la serenità per produrre un nuovo grande album di thrash vecchio stile, Death Magnetic, pubblicato nel 2008. James è cambiato molto, in tutti i sensi, nel corso della carriera. Anche nel look: capelli lunghi, imberbe e con lo sguardo da ragazino agli inizi; metallaro cattivo&duro negli anni d'oro, con barba, capelloni, catene e abiti neri; stile country, con capelli sulla nuca e basettoni, a metà anni '90; infine, capelli cortissimi e pizzetto oggi, quando, abbandonati gli eccessi e l'esuberanza giovanile, è un buon padre di famiglia e un metallaro felice. A causa della sua dipendenza da alcol, Hetfield aveva avuto molti problemi familiari. Dal momento della sua riabilitazione, cerca di trascorrere molto più tempo con sua moglie e i suoi figli. James è sposato dal 1997 con Francesca Tomasi, e da lei ha avuto tre figli: Cali Tee, Castor Virgil e Marcela.
METALLICA YEAR BY YEAR: 1993
UN TOUR INDIMENTICABILE

PACE CON MUSTAINE. Il 1993 inizia con un evento particolare, organizzato dall'Elektra e denominato 'Metallistore': in una location di Manhattan, i quattro cavalieri passarono una giornata con i fans, incontrandoli, rilasciando autografi e vendendo gli album e il merchandising della band. Per l'occasione fu prodotta una cassetta contenente un medley di brani tratti dallo show di Mosca del 1991: James disegnò la copertina abbozzando un teschio insanguinato con le ossa incrociate, immagine che negli anni a seguire sarà stampato su t-shirt e gadget vari. Il Wherever We ay Roam Tour riprese forma sotto le spoglie di Nowhere Else To Roam Tour: una gigantesca spedizione che marciò dal Minnesota alla Florida dopo essersi fermato per 5 date in Messico, 2 alle Hawaai, 6 in Giappone, una in Nuova Zelanda, 9 in Australia, 2 in Indonesia, una ciascuna a Singapore, in Tahilandia, alle Filippine; 2 serate videro la band impegnata in Brasile, una in Cile, altre due in Argentina. Il mondo non era ancora stufo della musica dei Metallica e la band decise di tenere nuove dati in posti dove si era già esibita: riabbracciò dunque i fans tedeschi, ceki, danesi, svedesi e finlandesi, in una nuova terrificante scia di concerti. Il 5 giugno alla Milton Keynes Bowl, nel Regno Unito, i Metallica si esibirono in una serata epocale, con nientemeno che i Megadeth come spalla: in quella data epocale erano presenti anche i Diamond Head, il cui leader Sean Harris dichiarò a proposito dei Four Horsemen: 'Sono dei ragazzi meravigliosi. James fa un pò paura, secondo me lo fa apposta. Ma con noi sono stati molto simpatici'. In occasione della data che riappacificava ufficialmente Metallica e Megadeth, Dave Mustaine salì sul palco proclamando: 'I dieci anni di scazzo tra Metallica e Megadeth sono finiti'; spiegherà in seguito: 'Penso che i Metallia siano parte integrante della mia persona: quello che fanno, come lo pensano. Perchè abbiamo iniziato tutti e tre con la stessa testa. Ci sono delle affinità che la gente non vuole ammettere; le pose che abbiamo sul palco io e James per esempio: alcune sono identiche! Un sacco di cose che dice Lars sono cose che una volta dicevo io. Quando li guardo è come se vedessi una parte di me, e sono pcontento per loro'. Forse ironicamente aggiUnse 'con Lars mi sento continuamente'. Mustaine procedette: 'Non so per quale motivo io e James non abbiamo ancora appianato il passato. A me piaceva suonare nei Metallica; quando poi mi hanno buttato fuori ho perso una cosa che mi piaceva e ho iniziato a odiarli. Ora ogni mattina mi inginocchio e ringrazio Dio perchè riesco finalmente a vedere questa realtà'. Sul palco la qualità audio dei Megadeth fu misera, ma clamorosamente Dave non si incazzò, ammettendo umilmente che è la prassi per un gruppo spalla avere l'audio più basso degli headliner. Non vedeva nessun complotto in questo. Il tour proseguì in Slovacchia, Ungheria, Olanda, Francia, Portogallo, Spegna, Svizzera, Italia, Turchia, Austria, Grecia, Israele e Belgio. I Metallica mandavano puntualmente in delirio le platee degli stadi, e avevano ormai assunto l'aurea delle rockstar in merito alla loro capacità di attirare folle bibliche a concerti di heavy metal; concerti in cui i nuovi aficionados avevano si la loro dose di 'Nothing Else Matters' e 'The Unforgiven', ma nei quali andavano anche pericolosamente face to face con le vecchie killer tracks come 'Whiplash' e 'Disposable Heroes'. In luglio il tour si avvia alla conclusione e la band si dedica ad un periodo di riposo con le famiglie. Kirk e Jason si immersero nel tempo libero, ma James e Lars, spaesati, decisero di mettersi a visionare l'enorme materiale video e audio registrato on the road. Era giunta l'ora di mettersi a pensare al primo album live dei Metallica, anche per dare un colpo al mercato rimasto immobile da ormai un paio di anni. La selezione dei brani migliori richiese molto tempo, ma finalmente il 29 novembre 1993 esce 'Live Shit: Binge&Purge', cofanetto a forma di custodia con 3 cd, 3 videocassette, booklet e oggettistica varia: pass del backstage, toppe, una matita. Il cd audio comprendeva una registrazione unica datata febbraio '93, a Città del Messico; il materiale video si concentrava attorno ad una serata a San Diego nel gennaio '91 e ad una a Seattle nell'agosto '89, scelte che permettevano di avere a disposizione sia i Metallica pre-Black Album che quelli post-trionfo. Il live ebbe un grande successo, ma si attirò critiche molto aspre a causa del prezzo molto elevato [85$]. Critiche a cui Lars rispose in modo convincente: 'Dentro c'è tutto, nove ore di musica, un libro di 72 pagine, i pass del backstage e la matita, le chiavi di casa nostra... e quindi se vi sta bene lo prendete, e se no andatevene affanculo!'. 'Live Shit' era un modo per liberarsi del tour e ripartire da zero: l'album era fatto, il tour anche: ora arrivava anche la documentazione del tour. La band si prese sei mesi di pausa e diede in pasto ai fans più accaniti qualcosa con cui intrattenersi nell'attesa.



DENIM AND LEATHER

SAXON [HEAVY METAL, 1981]
Ci sono piccole cose il cui valore non è stimabile materialmente. Per scoprirne l’ importanza dobbiamo infatti gustarle ed apprezzarle giorno per giorno. Sono queste le cose per cui vale la pena di vivere? C’è chi sarebbe pronto a rispondere di sì. Un momento felice accanto alla propria donna od ai propri amici, un’ opera d’arte o qualcos’ altro. La Musica. Un buon disco, certamente, fa parte di quella non tanto ristretta cerchia di piccoli effetti che regalano o possono regalare momenti indimenticabili. Di certo nella storia dell'Heavy Sound molteplici potrebbero essere gli esempi da citare e soprattutto da apprezzare. Molto infatti, si deve alla creazione di dischi quali appunto questo ‘Denim and Leather’ il quale, ancor oggi, è da considerarsi come tra gli emblemi più nitidi e incontaminati del sound della tanto cara Albione. Parlare ordunque di un disco come questo, semplice e diretto nella sua immediatezza hard'n'heavy ancora agli albori e lontana da tecnicismi e derivazioni anche parziali, è quanto mai complicato. La demagogia e la retorica sono alla porta e pronte ad attenderti, se si parla di opere d’arte di questa maestosità infatti, è logico ed oserei dire fisiologico, attendersi i soliti commenti entusiastici e le solite frasi di circostanza. Ai Saxon, ed a Biff Byford, demiurgo di questa incantevole creatura , va perciò il merito di aver plasmato una gemma -non unica, invero- che rimarrà per sempre, indelebilmente, nei cuori e nelle menti di noi tutti. Come prescindere signori miei, da quella voce un pò così, che c'infastidisce quando tentiamo di canticchiarla sotto la doccia: ma, dannazione, Byford come fa? Come prescindere da quei riffs unici, che tanto abbiamo amato e che hanno rappresentato, in molti casi, la colonna sonora di alcuni passaggi più o meno importanti della nostra esistenza? Come prescindere dal groove accattivante e da un appeal prettamente ottantiano della sbarazzina ‘Never Surrender’, e che dire poi, della cadenzata ‘Princess of The Night’ che, nella sua essenza, racchiude la storia e le gesta dei primi anni 80; quelli in cui, per intenderci, la nwobhm andava per la maggiore? Naturalmente a ciò non si può, in alcun modo, ovviare. I Saxon sono fra le bands più amate nel panorama heavy metal proprio per questi motivi. Il pubblico li ha sempre apprezzati per la loro genuinità e per il loro sound profondamente diverso dal comune. Il successo molte volte ha un suo ben preciso motivo. Poi ovviamente, album come questo non si riassumono ad un paio di pezzi: quindi parlare di una qualsiasi delle canzoni, equivale in linea di massima alla possibilità di estendere lo stesso giudizio anche a tutte le altre. Filler songs, manco a sbagliarsi. Passi falsi? Macché! Chi ha avuto l’onore, ma soprattutto il piacere di gustare dell’ ascolto di capolavori indelebili come ‘Out of Control’ e ‘And The Bands Played On’ si sarà già reso conto come la genialità nuda a cruda, coesa al punto giusto con una buona preparazione tecnica possano dare vita a qualcosa di unico, di clamoroso. Che guaio poi, per i padiglioni auricolari, che si trovano giocoforza drogati da tanta perfezione stilistica. Ne vorranno sempre di più e, mai contenti, ve ne chiederanno sempre di più. Perché ‘Denim And Leather’ è subdolo: entra in testa immantinente, ma di uscirne non ne vuol sapere. Ci sono piccole cose, dunque, il cui valore non è stimabile materialmente. Che dite, ‘Denim And Leather’ è una di queste? Truemetal.it
STRONG ARM OF THE LAW

SAXON [HEAVY METAL, 1980]
Fra i tanti pionieri della NWOBHM, pochi sono stati sottovalutati come i Saxon. Forse per il loro stile troppo diretto, forse perché non tecnicamente perfetti, ma in ogni caso il loro nome viene spesso snobbato fra quelli che hanno fatto grande l'heavy metal anni ‘80. Un peccato sul serio perché meritano di essere presi in considerazione, soprattutto per questo 'Strong Arm Of The Law' del 1980, considerato il loro capolavoro di sempre. Un heavy metal semplice ed essenziale, quello di questi bikers britannici, ma trasudante feeling e intriso della passione semplice e ancora embrionale di questo genere, vissuto agli albori degli anni ottanta ed ancora a stretto giro di gomito col vecchio hardrock. Forse risulta meno immediato rispetto all’album precedente, ma ascoltando un opener come 'Heavy Metal Thunder', con il gracchiare di Biff Bydford e le chitarre distorte che formano un muro di suono, non si può non rimanere impressionati. 'To Hell And Back Again' è una canzone movimentata e dotata di quella buona dose di speed che solo l'heavy metal possiede. E poi c'è il capolavoro, la title-track 'Strong Arm Of The Law', con un ritornello strepitoso in cui Byford dimostra che razza di polmoni possiede. Questa canzone la si adora già dal primo ascolto perché rimane proprio impressa dentro. In 'Taking Your Chances' va apprezzato soprattutto il grande lavoro delle due chitarre, suonate da Paul Quinn e Graham Oliver. Il piccolo intermezzo e poi gli assoli finali sono proprio belli, a dimostrazione che pur componendo riff piuttosto semplici, i Saxon sanno anche suonare come i grandi metallari. In '20,000 Feet', uno dei pezzi più trascinanti del lotto, la batteria di Peter Gill sembra non fermarsi mai e tutta la band è in grande spolvero. 'Hungry Years' è un bel blues-metal, mentre 'Sixth From Girls' ci presenta un riff ossessivo suonato per tutta la canzone. Un capolavoro chiude l'album: 'Dallas 1 PM', che narra la tragica morte del presidente John F. Kennedy avvenuta nel 1963. Il basso di Steve Dawson in questa canzone è formidabile, sopratutto nell'intro dove poi subentrano le chitarre. Belle anche le parole della canzone, con Byford impegnato in una splendida performance. Questo album non lascia respiro dall'inizio alla fine, non un pezzo lento, non una chitarra senza distorsione. Continuare a snobbare un album del genere sarebbe un grande errore, perché di dischi così al giorno d'oggi non se ne fanno più!
WHEELS OF STEEL

SAXON [HEAVY METAL, 1980]
C'era un tempo nel quale quando usciva un disco di heavy metal si trattava effettivamente di heavy metal puro e non, come accade oggi, di sottogeneri che spesso poco o nulla hanno a che fare con il metallo. I Saxon rappresentarono i veri capiscuola e paladini della allora nascente nwobhm. La working class band per eccellenza, con una immagine tremendamente metallara e un aspetto distante anni luce da molte patinate HM band di oggi. La loro attitudine non si è fermata alla sola musicalità, ma ben rappresentata dall'iconografia metallara come l'aquila che campeggiava nelle mega toppe cucite sui chiodi e sui giubbotti in jeans di quegli anni formidabili. Nella loro musica, le infinite praterie brumose battute da cavalieri armati sono state sostituite dai più degni epigoni di questa epicità, ovvero le highway d'asfalto con i motociclisti a bordo di neri cavalli d'acciaio. Wheels of Steel, uscito il 4 Aprile del 1980, è uno dei top heavy metal album di sempre. Quando uscì, il recensore dell'illustre magazine inglese 'Sounds' Geoff Barton gli affibbiò una eccezionale recensione nella quale, preso dall'entuasiasmo per quanto stava sentendo, si interruppe piu' volte per ricomporsi e riprendere fiato! Il disco si apre come meglio non puo', ovvero con la devastante, per potenza e impatto, 'Motorcycle Man', autentica testimonianza di come debba essere un pezzo heavy metal: violenza, velocità, potenza, sincerità e fierezza; non per niente questa probabilmente è la più amata delle Heavy Metal tracks nell'ambiente dei motociclisti. Seguono 'Stand Up And Be Counted', che risalta il lato più 'rallenty' dei Saxon, e '747 Strangers In The Night', un grande classico tutto d'un pezzo, con un pathos tutto particolare. La title track 'Wheels of Steel' è semplicissima nell'arrangiamento ma contiene uno dei riff leggendari della storia del nostro amato metallo; sempre eseguita dal vivo negli anni successivi, rappresentava una specie di pegno che la band doveva pagare nelle sue incandescenti esibizioni dal vivo. Tra i pezzi da sogno compare la successiva 'Freeway Mad', che in soli 2' e 40’ sintetizza il perfetto connubio fra chitarre di chiara discendenza punk con l'attitudine di un ideale pezzo HM. Le rimamenti quattro canzoni non sono comunque da meno nel panorama del british metal. Un commento particolare lo merita però 'Suzie Hold On', la song più lenta dell'album, che rivela il lato più dark dei Saxon. Cari Defender e non, queste ruote d'acciaio e i fischi di Byford non si spegneranno mai nei nostri sogni, il platter è un autentico ‘must’ da avere ad ogni costo, contiene musica immortale, solo puro british metal, solo sogno. Da Truemetal.it
TRIUMPH OR AGONY

RHAPSODY of FIRE [SYMPHONIC POWER METAL, 2006]
Tornano, dopo un solo anno dalla pubblicazione di ‘Live In Canada 2005: The Dark Secret’, i Rhapsody o meglio, ‘Rhapsody Of Fire’. A causa, infatti, di problemi relativi al copyright del nome ‘Rhapsody’, recentemente rivendicato dagli americani ‘The Rhapsody’, i nostri sono stati costretti a modificare leggermente il loro monicker. Tutto ciò non ha però intaccato minimamente il sound della band, ora più che mai dedita a quel ‘film score metal’ che da tempo li caratterizza. Il nuovo ‘Thriumph Or Agony’ è, di fatto, il lavoro più epico composto dal five piece capeggiato dalla coppia Turilli-Staropoli, nonché secondo capitolo della ‘Dark Secret Saga’, iniziata col precedente ‘Symphony of Enchanted Lands Pt II’. Ancora una volta il disco è stato prodotto proprio dai due guru della band, come sempre affiancati dall’onnipresente producer Sascha Paeth. I risultati di questa collaborazione ormai pluriennale, vengono esaltati al massimo dalla presenza di un’orchestra ed un coro per un totale di 70 elementi. Sebbene ‘Triumph Or Agony’ contenga tutte le caratteristiche tipiche delle produzioni recenti, si nota uno spostamento verso composizioni più lente e operistiche e trovano in esse minor spazio le sfuriate di doppia cassa tipiche del passato. Apre il disco un'intro sinfonica, prima dolce e poi progressivamente sempre più intensa, preludio alla successiva titletrack, traccia stilisticamente distante dalle bordate power solitamente poste in apertura, ma articolata, con cori da paura e un ritornello potente e maestoso. Con la successiva ‘Heart Of The Darklands’ la band fa un piccolo passo indietro verso il periodo dei primi due dischi. Il pezzo, sempre sostenuto da imponenti orchestrazioni, si mantiene su coordinate canoniche e tipiche del power-prog degli esordi. Buona anche se non certo innovativa l’apertura melodica del chorus, in cui risalta la voce potente e allo stesso tempo cristallina di Lione. ‘Old Age Of Wonders’ è il primo lento del disco ed è inoltre uno dei momenti meglio riusciti dello stesso, frutto anche dell’inserimento di vocals femminili a livello del ritornello e dell’ottima interpretazione di Fabio. Il vocalist raggiunge però il massimo dell’espressività nella ballata ‘Il Canto Del Vento’, totalmente in italiano e non a caso tutta farina del suo sacco. Il risultato è ottimo e la prova del singer è da pelle d’oca, non resta che sperare di poterla apprezzare pienamente in sede live. Ottima, forse la migliore del lotto, ‘Silent Dream’, un mid tempo molto diretto con ritornellone in crescendo orecchiabilissimo. Un altro potenziale caposaldo nelle future esibizioni on stage. La durata media dei pezzi si assesta intorno ai 4-5 minuti, le composizioni sono quindi più corte e snelle rispetto al precedente album in studio ed anche i tecnicismi chitarristici e tastieristici trovano molto meno spazio. Verrebbe da chiedersi: e la mega suite finale? Niente paura, eccola qua con i suoi 16,26 minuti di durata e suddivisa in ben cinque parti. Ad aprire questo lungo episodio un bell’arpeggio che, affiancato da archi e flauti, lascia presto la scena ad un riff in pieno Manowar style, adornato da cori ed orchestrazioni. La traccia prosegue con un bel chorus ed accelerazioni improvvise, contrapposte a parti più lente e narrate nelle quali fa capolino ancora una volta Christopher Lee (in arte Saruman de ‘Il Signore Degli Anelli’). In definitiva, siamo di fronte ad un buonissimo disco, tecnicamente ineccepibile, in linea con le migliori uscite della band e contenente diversi brani candidati a diventare dei classici. La copertina è realizzata da Jeff Easley ed è, come al solito, molto bella ed adatta alla proposta musicale. Resta solo il rammarico della quasi totale assenza di elementi innovativi e la convinzione che i Rhapsody Of Fire potrebbero, a questo punto della loro carriera, osare un po’ di più senza comunque snaturare il loro ormai inconfondibile sound. Da Metalitalia.com
SYMPHONY OF ENCHANTED LAND II

RHAPSODY [SYMPHONIC POWER METAL, 2004]
Il nuovo disco dei Rhapsody era molto atteso per vari motivi. Come tutti i fan della band sanno, il precedente ‘Power Of The Dragonflame’ aveva messo la parola fine alla saga scritta da Luca Turilli e, fattore molto importante, aveva chiuso il sodalizio artistico con la LMP di Limb. L'aver firmato poi per un'etichetta potente come la SPV, i cui mezzi finanziari sono di molto superiori a quelli di Limb, lasciava ben sperare per il futuro del combo italico. Inoltre, molto si era parlato negli ultimi mesi del nuovo sound creato dalla band, il già ormai famoso Film Score Metal, e della presenza come narratore dell'attore Cristopher Lee, il Saruman della recente trilogia cinematografica ‘Il Signore Degli Anelli’. Il suono, che nell'ultimo platter si era fatto più roccioso, speed and power, ora prende coordinata maggiormente improntate sul symphonic. Tutte le aspettative non sono andate deluse, e ‘Symphony Of Enchantend Lands II’ si presenta come un assoluto capolavoro, certamente il migliore dal punto di vista sinfonico. E non a caso il titolo richiama alla mente il secondo disco, quel ‘Symphony Of Enchantend Lands’, must del metal sinfonico che consacrò il gruppo a livello internazionale. Chiara quindi l'intenzione di Turilli e soci di richiamare in questa sede le atmosfere di quel disco, senza per questo dimenticare ciò che era stato fatto con i due album successivi. Questa volta i Rhapsody hanno potuto contare su un'orchestra e un coro completi, quelli della Bohuslav Martinu Philharmonic Orchestra della Repubblica Ceca, ottenendo una resa sonora eccezionale e di una bellezza sconvolgente. Quindi, tutto è suonato da strumenti veri, e non è stato necessario come in passato integrare il suono degli strumenti classici con qualche violino sintetizzato e cose del genere. Per quel che riguarda i testi, la nuova saga racconta avvenimenti accaduti qualche anno dopo quelli conclusisi nella precedente, risultando quindi collegata ad essa. Dopo tutte queste doverose premesse, andiamo ad analizzare la musica contenuta nel disco. L'inizio è affidato alla consueta intro seguita da ‘Unholy Warcry’, singolo apripista della nuova release, nel classico stile della band in cui però è già riscontrabile una maggiore profondità nei cori e nelle orchestrazioni rispetto al passato. ‘Never Forgotten Worlds’ è incentrata su cangianti atmosfere medioevali dalle quali nasce la classica cavalcata power del gruppo, con un Lione che raggiunge livelli di liricità fuori dal comune. La strumentale ‘Elgard's Green Valleys’ fa da preludio alla lenta e maestosa ‘The Magic Of The Wizards Dream’, mentre con la successiva ‘Erian's Mystical Rhymes’ si inizia a capire cosa sia il Film Score Metal. Con questa canzone vengono evocate atmosfere dai connotati drammatici; Lione con i suoi giochi di voce e Staropoli, in splendida forma, prendono per mano la band e la conducono verso uno degli episodi meglio riusciti dell'intero lavoro. ‘The Last Angels' Call’ è molto immediato e prende spunto dal recente passato della band: anche qui il ritornello è assolutamente indimenticabile e la prova di Turilli da incorniciare. ‘Dragonland's Rivers’ è un tanto breve quanto piacevole pezzo in stile medioevale, che cede il passo a ‘Sacred Power Of Raging winds’, autentica gemma dell'intero lotto. Qui la band tira fuori il meglio di sé, regalandoci una composizione dai repentini cambi di tempo; passando da suadenti e incantevoli momenti melodici, a feroci sfuriate metalliche. L'apporto dell'orchestra crea un suono uguale, in tutto e per tutto, a quello delle migliori colonne sonore e grazie a Lione, vengono raggiunti momenti di teatralità pazzesca. Dopo tutte queste emozioni, viene lasciato spazio ad un lento cantato in italiano, ‘Guardiani Del Destino’, un pezzo che è pura magia, in cui Lione si diverte a fare il verso a Branduardi. Spazio ora a ‘Shadows of Death’, la canzone più metal ed aggressiva del disco, seguita da ‘Nightfall On The Grey Mountains’ che chiude in maniera solenne questo magnifico disco. Non c'è alcun dubbio: i Rhapsody hanno abbattuto una nuova frontiera nel campo dell'heavy metal sinfonico, creando un sound unico nel suo genere che non conosce rivali.

POWER OF THE DRAGONFLAME

RHAPSODY [SYMPHONIC POWER METAL, 2002]
Nel 2002 esce sul mercato ‘Power Of The Dragonflame’, quarto full lenght degli Italiani Rhapsody. Dopo un leggero calo qualitativo del precedente ‘Down Of Victory’, la band capitanata da Luca Turilli e Alex Staropoli sembra essere tornata sulla giusta strada. Il nuovo disco è un magistrale e irresistibile esempio di Hollywood Metal, pomposo al punto giusto, ma molto più aggressivo rispetto ai suoi predecessori. E' infatti la velocità a dominare sull'album, a partire da ‘Knightrider Of Doom’, pezzo sparato e veramente epico che al suo interno vede parti cantate in italiano. L'uso della lingua madre è una grossa novità per i Rhapsody, infatti molte tracce di ‘Power Of The Dragonflame’ al loro interno contengono brevi frasi in italiano che danno un tocco di originalità e di pathos alle composizioni della band. Come detto precedentemente il sound è molto più aggressivo, basta prendere la strepitosa title track o ‘When Demons Awake’ per riscontrare un Rhapsody sound molto vicino a certe produzioni di black metal melodico-orchestrale; addirittura troviamo un Fabio Lione che storpia non poco la sua voce per rafforzare l'oscuro irrobustimento del lato più cattivo della band. Immancabili ovviamente pezzi ultra epici, da ‘The Pride Of The Tyrant’, il cui ritornello molto deve alla colonna sonora di Braveheart, alla classica suite ‘Gargoyles, Angels Of Darkness’ [ben diciannove minuti!!], brano potente e dalla struttura ovviamente complessa e articolata come Turilli insegna. Capitolo a parte merita ‘Lamento Eroico’ pezzo interamente cantato in italiano dallo stile ‘Bocelliano’: se ad un primo ascolto può sembrare una sorta di pop commerciale, tale brano se analizzato un attimo più in profondità risalta tutte le doti compositive dei ragazzi triestini. I Rhapsody hanno saputo ritrovare una nuova freschezza nel songwriting, soprattutto sperimentando nuove soluzioni artistiche ed un sound più cattivo, il tutto senza snaturare lo stile che li ha resi famosi in tutto il mondo. Non c'era davvero modo migliore per concludere in bellezza la saga di Algalord e della Spada di Smeraldo!