GLOBAL WARNING (JON OLIVA'S PAIN). Heavy metal classico e classicheggiante, in pieno stile Oliva e Savatage. Concept album sinistro sul cammino dell'Angelo della Morte e il suo percorso in un mondo mandato alla rovina dall'uomo.
MACABRE nubi solcano un cielo opaco, la fine si avvicina annunciata da profezie rindondanti solenni macumbe. Non è pazzia, è Jon Oliva che ci parla del mondo e di come l'uomo lo sta rovinando, tema centrale del suo nuovo concept album Global Warning. Che Oliva, ex drappo magico dei gloriosi Savatage, sia un genio del metallo non lo discute nessuno; quello che è straordinario è che nonostante il passare degli anni il paffuto singer si mantiene a livelli altissimi sia dal punto di vista compositivo che pratico, con le sue poliedriche canzoni piene di passione ed epicità. Global Warning, e i Pain in modo allargato, sono l'eredità dei Savatage stessi, un gruppo che fa dell'heavy metal classico la sua fede ben sostenuta con competenza e abilità. Il termine "classico" calza a pennello per Oliva, che ancora una volta impregna il suo lavoro di sonorità epiche, solenni, completate da strumentalità esterne, sinfoniche, alle classiche armi dei metallers più truci. La title track è introdotta da una sinfonia epicissima e classicheggiante, con sonorità sinistre e parti di tastiere, con Oliva che incede minaccioso su un brano macabro. Più soft ed elegante è l'orecchiabile Look At The World. Mi è piaciuta un pò meno Adding The Cost, nonostante il riff tosto che la apre e il cantato aspro e disperato. Firefly è un pezzo lento e molto dolce, incalzato dalla mazzata di Before I Hang: inizio lento, primo inasprimento (coinvolgente) e grande ritornello, oscuro, truce e sontuoso. E' carina Master, col suo riff iniziale accattivante e una voce filtrata per sembrare metallica, su uno sfondo di suoni ferrosi e cibernetici. The Ride è un altro lento ben riuscito, come del resto O to G, quasi angelica nell'intensità. Dopo la triste melodia, riuscitissima, di Walk Upon the Water, arrivano i riff rocciosi e gli assoli stordenti di un brano (Stories) di cui non ho apprezzato troppo alcuni coretti. Open Up Your Eyes è un altra ballata, epica e triste. C'è ancora spazzio per metallo di quelli pesanti e borchiati, con You Never Know: intro robusta, e Oliva perfido nel gracchiare tra un assolo e l'altro. Poco altro resta in Someone Solus, altro lento (forse troppi, i pezzi lenti) che conclude un album nel complesso importante e affascinante, sia nelle tematiche che nella classe particolare, tutta nel pieno Oliva's style, di leggere l'heavy metal.
Nessun commento:
Posta un commento