GODS OF METAL 2008: DAY THREE
LA STORIA SI CHIAMA PRIEST
LA STORIA SI CHIAMA PRIEST
BOLOGNA- Si conclude con una terza giornata di caldo asfissiante il Gods Of Metal 2008, sicuramente da ricordare come la più sahariana delle edizioni! Una giornata che è stata praticamente divisa in tre parti dagli organizzatori, non sappiamo quanto logicamente: all'inizio, un miscuglio di esibizioni eterogenee, fra le quali la strombazzata performance del Redentore dei 'metallari brutti, sporchi e cattivi', quel Fratello Metallo poi finito a far brutta figura di sè in una trasmissione deprecabile e ultra-trash quale Lucignolo; in mezzo, l'ondata di metal estremo vedente quale protagonisti i grandiosi norvegesi Enslaved (esibitisi dopo il frate, alquanto particolare, non vi sembra?) e le due 'vecchie glorie' Obituary e Morbid Angel; infine, drastico cambio di rotta e ritorno a sonorità che più classiche non si può, grazie all'arrivo di SuperMalmsteen - graziato dall'intervento di un certo 'Ripper' Owens - degli Iced Earth (con Barlow rientrato alla voce) e dei MetalGods per contratto, i Judas Priest.
MORBID ANGEL
OBITUARY
ICED EARTH
YNGWIE MALMSTEEN
JUDAS PRIEST, GLI ETERNI
BOLOGNA- Finalmente il grande momento della serata è arrivato! I Judas Priest, forti del nuovo disco 'Nostradamus' da poco nei negozi, stanno per dar vita ad uno show sensazionale! La strumentale 'Dawn Of Creation' crea il giusto pathos prima che Glen Tipton, K.K. Downing e Rob Halford facciano la loro apparizione. Il Metal God appare all’improvviso sulla parte alta del palcoscenico con tanto di scettro e tunica argentata, mentre nel frattempo partono le note di 'The Prophecy'. Halford canta in modo profondo e teatrale, anche se praticamente immobile, e il suo carisma ha un qualcosa di sovrumano. 'Metal Gods' e 'Eat Me Alive' riportano i Priest su lidi più classici, dominati dai riff di chitarra e vocals ruggenti come il metal insegna. La scaletta proposta è sorprendente, vengono ripescati un sacco di vecchi brani che da anni non venivano proposti: 'Between The Hammer And The Anvil' e 'Devil’s Child' vengono accolte con un boato dalla folla. Halford non ha più l’estensione di un tempo, i suoi acuti non convincono come una volta, ma l’esperienza e l’espressività con cui il singer inglese impreziosisce le sue performance fanno dimenticare che l’età avanza anche per un Dio del Metallo. Come se non bastasse, anche il mitico duo Tipton/Downing, con una serie di sbavature, attacchi sbagliati e imprecisioni, non si è dimostrato in giornata; nulla però di talmente grave da compromettere l’esito dello show. Si continua con 'Breaking The Law' ed 'Hell Patrol', due classici Priestiani che colpiscono dritti in faccia tutti i presenti lanciati in un furioso headbangin’. 'Dissident Aggressor' precede 'Angel', che serve per concederci una pausa dall’alto tasso di adrenalina in corpo. Momento topico dell’intero show è la maratona 'Electric Eye'/'Rock Hard Ride Free'/'Sinner', in cui maestosità, filosofia metallica e rabbia si sono lanciate in un vortice di sensazioni con cui hanno travolto l’intera arena. Veniamo svegliati - ahinoi! - da questo sogno idilliaco da una scarsa versione di 'Painkiller', in cui la stanca voce di Halford si confonde con quella di Udo Dirkschneider. 'You’ve Got Another Thing Coming' cala il sipario su uno spettacolo intenso, emotivo, con qualche pecca di troppo, ma memorabile. I padri dell’heavy metal si ostinano a tenere lo scettro della musica pesante, d’altronde nessun erede è all’altezza di scalzarli.
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