SIN AFTER SIN
JUDAS PRIEST [1977], HEAVY METAL
Anche grazie al clamore ed al successo suscitati da 'Sad Wings Of Destiny' i Judas Priest vengono messi sotto contratto dalla CBS, prima label di una certa importanza a credere fermamente nel progetto della band, dando così alle stampe nel 1977 S'in After Sin', terzo album della loro lunga e ricca discografia. Tutto ciò mentre in line up avviene un importante ma non definitivo cambio, con l'uscita dell'ex batterista Alan Moore, sostituito da un ancor giovane ma bravo Simon Phillips. Come nel caso del suo predecessore, si tratta ancora di heavy metal nella sua forma primordiale, ciò che oggi definiremo magari heavy rock, ma che per quel periodo poteva considerarsi la prima forma di musica metal e che da lì a poco avrebbe dato vita a quella seconda ondata metallica che ha visto il suo epicentro nella Gran Bretagna e che da tutti è conosciuta ed indicata come NWOBHM; infatti il sound espresso nel platter in questione mantiene coordinate simili ai precedenti lavori dei Preti di Giuda, ma inizia anche a presentare caratteristiche che saranno proprie della suddetta corrente, come una sezione ritmica spesso incalzante, nonostante una produzione ancora vetusta e poco adeguata, che penalizza proprio la potenza del sound, curata dal bassista dei Deep Purple Roger Glover. Le atmosfere cupe e maligne incastonate in esaltanti trame melodiche sembrano risentire dell'influenza esercitata dai grandi maestri, visto che non sarà difficile intuire nelle composizioni priestiane elementi dovuti a band come Led Zeppelin, Deep Purple e Black Sabbath. A conferma di ciò, l'impronta dei Purple è evidente nell'opener Sinner, ma al tempo stesso inizia anche a delimitarsi e distinguere il futuro metalsound, grazie in particolare ad una sezione ritmica energica ben interpretata dalla coppia Hill-Phillips, un riffing tagliente ed un chorus maligno; nella più cupa e lenta Here Come The Tears, invece, i vocalismi esasperanti ed ossessivi di un grande Halford ricreano un'atmosfera inquietante e quasi orrorifica, nella quale non sarà difficile intravedere echi di sabbathiana memoria. Certamente tra i brani che più sembrano anticipare l'arrivo della NWOBHM si possono citare 'Starbreaker', pezzo all'epoca molto pesante, e 'Let Us Prey, Call For The Priest'. Quest'ultima è introdotta da un coro melodico e sfocia in una ritmica veloce al limite dello speed, su cui vanno ad inserirsi azzeccati stacchi melodici. La conclusiva 'Dissedent Aggressor' è brano di puro heavy metal che avrebbe fatto scuola tra quelle future generazioni di musicisti che di lì a poco avrebbero vissuto e rappresentato la NWOBHM. Molto rappresentativa dello stile dei Priest è anche 'Raw Deal', nella quale si assiste ad una grande prova delle due asce e ad un finale particolarmente sommesso e triste; song unica e straordinaria è certamente la lenta 'Last Rose Of Summer', intensa e malinconica: essa mostra il lato più pacato e riflessivo della band, che anche nel comporre le ballad riesce a distinguersi nel sapere al meglio costruire trame melodiche in grado di cogliere ed esaltare le emozioni. Menzione speciale merita la bellissima e sognatrice cover 'Diamonds And Rust', di Joan Baez. 'Sin After Sin' rappresenterà una tappa fondamentale nella lunga carriera dell'act britannico, considerando che il successo ottenuto con quest'album decreterà la definitiva ascesa dei Judas nel panorama musicale internazionale.

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