SOULS OF BLACK
TESTAMENT [1990], THRASH METAL
'Souls Of Black' è il quarto capitolo discografico dei Testament. A livello di composizione, venne premiato per la musicalità e per il livello tecnico maturato dal quintetto, che da band sotto l'influenza degli Slayer divenne un gruppo con uno stile a sé, rimanendo classificato nel thrash metal. L'ensemble californiano, dopo i primi due dischi di prepotente thrash metal violento e melodico al tempo stesso, rigorosamente col piede sull'acceleratore, si era dedicato ad un sound più raffinato in 'pratice What You Preach', seguendo un'evoluzione tecnica notevole che si completa in 'Souls Of Black', potente esempio di heavy metal robusto e veloce, thrash oriented e ancora robustissimo nonostante non più devastante e massacrante come agli esordi. La melodia originata dalle sei corde dell'eclettico Skolnik dona al sound della band il solito quid di melodia e virtuosismo che ha sempre reso particolare e tridimensionale la musica proposta dai Testament, diversificandola dal thrash ignorante e prepuberale di tanti orgasmici compagni di moshpit ai tempi della Bay Area. A livello di produzione, l'album venne un po' criticato, dato che i suoni di tutti gli strumenti non sono molto chiari e distinti ma la risposta dei fans fu calorosa ugualmente. Da notare, inoltre, che la composizione dei brani coinvolge, ora, tutti i membri della band e non solo Peterson e Skolnick. Il lavoro inizia con 'The Beginning of the End', un breve intro strumentale con richiami di flamenco eseguito con chitarre classiche e percussioni, per poi dare spazio alla poderosa 'Face In The Sky'. 'Falling Fast' è un brano che accentua il sound aggressivo del gruppo, che si affievolisce con la title track 'Souls Of Black'. Essa merita una particolare citazione soprattutto per l'assolo di Skolnick: solitamente nell'heavy metal gli assoli vengono suonati su di una sezione ritmica che ricalca quella della strofa o del chorus; nel caso in esame invece, il virtuoso chitarrista solista intreccia magistralmente pentatoniche e minori melodiche su di una ritmica diversa da quella delle strofe e del chorus, sostituendola con un segmento più melodico e meno monotono che, nonostante le differenze, si integra alla perfezione nella granitica struttura dell'intero brano. 'Love To Hate' è il tipico brano thrash, veloce e pesante che però, forse leggermente ripetitivo rispetto agli standard del platter. 'The Legacy' è una triste e catacombale pseudo-ballad che placa, per un po', la violenza di questo disco; il brano è considerato uno dei migliori del quintetto. 'Seven Days Of May' è il brano che chiude il disco, album che continua la serie positiva della band. Questo è anche l'ultimo album dei Testament 'vecchio stile', dato che il sound del combo americano subirà radicali cambiamenti stilistici.
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