LIVE REPORT: ROMA, 4 GIUGNO 2010
MEGADETH NELLA CITTA' ETERNA
TRATTO DA 'TRUEMETAL.IT'
MEGADETH NELLA CITTA' ETERNA
TRATTO DA 'TRUEMETAL.IT'
ROMA, ATLANTICO LIVE. Sold out! E' questo il risultato di anni di attesa per Roma e per una buona parte della penisola per poter rivedere una band con un nome altisonante come quello dei Megadeth. Accompagnati da due formazioni italiane di grande prestigio come Labyrinth e Sadist, che peraltro stanno vivendo entrambe, per motivi diversi, un momento di grande rilancio nelle rispettive carriere, Dave Mustaine e soci sbarcano nella capitale per la seconda data italiana del loro Endgame Tour: un tour estenuante che li vedrà girare l'Europa in lungo e in largo fino ad ottobre e che andrà a rispolverare i grandi classici del repertorio del combo californiano. Il 2010 è infatti l'anno del ventennale di 'Rust In Peace', il masterpiece assoluto -a detta di molti fans e critici- del combo capitanato dall'autoritario Megadave, che dopo la cacciata dai Metallica sfornò prima un esempio abrasivo di puro speed'n'thrash [Killing is My Business, 1985] e poi due gioielli di thrash più strutturato e tecnico, anche nelle liriche riottose ['Peace sells', che poi è uno dei quattro pilastri del thrash metal datati 1986/87, e 'So Far So Good So What]. L'apice della carriera dei Megadeth coincise appunto con 'Rust In Peace' del 1990, superbo manifesto di technical thrash metal: il decennio successivo sarà caratterizzato da un sound più morbido, ma le enciclopedie continuano ancora oggi a ricordarci la grandezza del materiale proposto due decadi or sono.
LABYRINTH E SADIST. Sono le 20.00 in punto quando, con puntualità svizzera e dopo controlli all'ingresso modello 'aeroporto americano' che hanno alleggerito gli avventori dell'Atlantico di ogni tipo di ferraglia senza curarsi di qualsivoglia valore affettivo, i toscani Labyrinth attaccano gli strumenti per la loro esibizione di apertura. La metal band che ha lanciato per prima il power tricolore nel panorama internazionale ha da poco ritrovato la sua formazione originaria, fatto salvo per il batterista, che questa sera è Alessandro Bissa dei Vision Divine, e per il bassista, il buon Sergio Pagnacco dei Vanexa. E' di nuovo Olaf Thorsen, dunque, l'ascia principale che, in attesa di presentare con i dovuti onori il tanto atteso seguito di Return to Heaven Denied, in uscita il 21 giugno, guida i Labyrinth in questo minitour di spalla alla band americana. C'è da dire subito che la prova dei 6 risulterà superlativa. Nonostante il settaggio dei suoni non sia ottimale, penalizzando soprattutto la tastiera di Andrea De Paoli, brani come In the shade, New Horizons e la celeberrima Moonlight vengono proposti con un coinvolgimento ed una perizia inappuntabili, con un Roberto Tiranti in forma strepitosa ed i divertenti duelli della coppia Thorsen/Cantarelli ad infiammare un pubblico che non solo si dimostra ben disposto alla loro proposta musicale ma che, anzi, è carico a livelli probabilmente inattesi finanche dal gruppo stesso. Non manca di sottolinearlo difatti il buon Roberto, che non dimentica, prima di lasciare il palco, di annunciare nuovi appuntamenti romani in vista del nuovo disco, di cui è stato pure suonato un gustoso antipasto. Cambio palco e cambia anche la musica perchè è il turno dei genovesi Sadist che presentano il nuovo ottimo disco Season in Silence. L'esibizione del quartetto è apparsa purtroppo un po' incolore. Certamente il fatto di suonare per secondi non li ha certo aiutati da un punto di vista tecnico, ma quello che è sembrato mancare in questa prova è proprio la carica e lo scambio emotivo con l'audience che hanno sempre contraddistinto Trevor e soci. I brani che si sono susseguiti sono stati eseguiti in maniera inappuntabile, come sempre, ma mancavano un po' di sale insomma. Una scaletta concentrata in larga parte sulle ultime uscite, poi, non ha forse contribuito all'attenzione di un pubblico che, bisogna dirlo, anche se solo in parte, era partito già prevenuto, acclamando sin dal primo pezzo eseguito il nome dei Megadeth. Il furioso death metal dei Sadist con i suoi virtuosismi ipertecnici forse questa sera non ha trovato il teatro o la serata giusta per strabordare come al solito. Sarà per la prossima volta.
MEGADETH. Quando i Sadist lasciano il palco è tutto un susseguirsi di fragorosi boati da parte del pubblico trepidante, il più grosso dei quali sale contemporaneamente al grosso telo raffigurante il gigantesco logo dei Megadeth. Mancano 5 minuti alle 22 quando parte l'intro di Endgame ed entrano in scena uno dopo l'altro i quattro musicisti per attaccare 'Dialectic Chaos'. La strumentale di apertura dell'ultimo lavoro si porta dietro immancabilmente anche 'This Day We Fight', per una doppietta tremenda che esalta il moshpit sempre più selvaggio. La band è in forma e spara cartucce senza dire una parola. Giunge subito il momento di 'Wake Up Dead', e si fa un tuffo nel passato fino al capolavoro 'Peace Sells'. Il pubblico urla a squarciagola le parole del testo, l'adrenalina è alle stelle quando finalmente, al termine del pezzo, il rossocrinito Dave decide di rivolgersi decisamente al pubblico, ma solo per annunciare brevemente che si festeggiano i 20 anni dalla pubblicazione di un certo album: ma non fa in tempo a ricevere una risposta che l'inconfondibile, tagliente riff di 'Holy Wars' squarcia il fragore della sala. Certamente stasera si è capito che ci saranno ben poche parole da parte degli americani, ma che fatti! 'Holy Wars' resta uno dei brani thrash più devastanti della storia, e questa sera viene eseguita con una violenza ed una velocità davvero fantastiche. Il pit esplode, mentre i quattro gli sparano contro uno ad uno tutti i brani di quello splendido disco che è 'Rust in Peace': 'Hangar 18', 'Take No Prisoners', 'Tornado of Souls', 'Lucretia': è sempre un grande piacere poterne godere dal vivo. Il figliol prodigo David Ellefson si muove molto e sembra divertirsi come un tempo; Chris Broderick è un autentico mostro nel riproporre alla perfezione le parti di un certo Marty Friedman e aggiungendoci anzi, il più delle volte, dell'ottima farina del suo sacco; Shawn Drover è semplicemente impeccabile dietro le pelli, mentre il silenzioso Mustaine col trascorrere del tempo fa trasparire non pochi limiti vocali; ci sono stati momenti in cui sembrava addirittura fare il pesce, come si dice in gergo. E' evidente che le sue corde vocali non siano proprio in forma smagliante. Tant'è che il concerto prosegue senza troppi fronzoli ma con tanta sostanza che risponde al nome di 'Head Crusher', 'Sweating Bullets', 'Symphony of Destruction', finanche una 'Trust' dal discusso 'Cryptic Writings'. Nel mezzo l'ammancabile ballad 'A Tout le Monde 'cantata in coro con tutto l'Atlantico munito di accendini. La chiusura è affidata ad una un po' frettolosa 'Peace Sells' che termina riprendendo il finale di 'Holy Wars'. I nostri si spendono ora nei saluti di rito, con Dave Mustaine che si trattiene un paio di minuti in più per ringraziare come merita un pubblico che non ha smesso di osannarlo nonostante il suo atteggiamento, durante la serata, non sia stato così cordiale ed empatico come forse ci si augurava. In ogni caso, dal punto di vista professionale e della carica emotiva riversata nella musica, i Megadeth di questa sera hanno offerto una prova maiuscola nonostante i sopra citati problemini vocali di cui probabilmente in pochi si saranno accorti. Il paragone con qualche altra band del passato, magari più di grido, come gli alter ego Metallica del Palalottomatica, per quanto riguarda la tenuta dal vivo, oggi come oggi appare addirittura impietoso. Qui a Roma si è assistito ad un'ora e mezza di puro concentrato thrash metal dopo la quale in pochissimi si sono lamentati, ma solo perchè ne volevano ancora. A buon intenditor, poche parole.
Nessun commento:
Posta un commento