INDIVIDUAL TOUGHT PATTERNS
DEATH [DEATH METAL], 1993
Esiste, nella mente di ogni artista, un'innata tensione alla completa maturazione del proprio percorso, ed in più generale al raggiungimento della perfezione artistica tramite l'espressione del proprio messaggio più puro e intenso. E i Death sono una delle pochissime band ad avere raggiunto tale traguardo; il cammino verso la perfezione di Schuldiner e dei suoi compagni di viaggio, che si concluderà, a parere di chi scrive, con l'immenso Symbolic, passa anche e soprattutto da Human e Individual Thought Patterns, dischi che lanciano la band verso le vette di un genere da essa partorito e che si mostrerà, negli anni, uno dei più interessanti e prolifici dell'intera scena. Una volta assorbita completamente la vena techno/progressive del precedente Human, i Death proseguono la strada intensificando l'approccio tecnico ma senza minimamente snaturare la vena death che dai tempi di Scream Bloody Gore portava la band ad eccellere nel panorama metal mondiale; il risultato è un disco di grandissima classe, imperniato su tecnicismi al limite dell'esasperazione funzionali ad una varietà stilistica che va oltre alla semplice presenza di tempi complessi e repentini cambi di ritmo. L'approccio della band non si limita infatti a rendere più articolate le strutture ritmiche e soliste, ma mira invece ad usare questa tendenza per integrare la carica distruttiva delle atmosfere macabre e maligne dei brani; ottenendo come risultato che queste risultano ancora più folli e frenetiche nella loro implacabile marcia verso la devastazione finale. Ad esempio di ciò si potrebbe prendere Jealousy: si tratta di un brano pesante, dall'incedere cupo, che fa dei mastodontici giri di basso di DiGiorgio il cardine perfettamente oliato della propria macchina da guerra; allo stesso modo brani come l'opener Overactive Imagination, la title-track o la famosissima conclusiva The Philosopher ci testimoniamo di una band in gran spolvero, capace di coniugare ritmiche serrate e irresistibili -Hoglan è perfezione assoluta per quanto riguarda la pulizia esecutiva- alla presenza di melodie marce e oscure, in grado di catalizzare l'attenzione dell'ascoltatore sull'ipnotico lavoro di riffing del geniale Schuldiner; il tutto a servire, come al solito, testi di una qualità superiore, e di gran lunga, alla media. Il disco si snoda lungo dieci tracce di media lunghezza per 40 minuti totali in cui una stellare line-up mette in mostra tutte le proprie carte in un'escalation di classe sopraffina: dalle irrefrenabili corse senza sosta di Overactive Imagination ai mid-tempos più cupi e opprimenti di Jeaolusy e Mentally Blind, dalle pesanti incursioni di DiGiorgio in brani molto bass-oriented come Destiny e Out Of Touch allo straripante lavoro solistico di Schuldiner (In Human Form, giusto per citarne una), è tutto un concentrato di momenti irripetibili e irraggiungibili, da anni punto di riferimento per chiunque si getti nel genere. Da Metallized.it
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