OUTCAST

KREATOR [ALTERNATIVE THRASH METAL], 1997
Quello che da molti venne visto come una sorta di declino del metal -e in particolar modo del thrash- negli anni '90 portò alcuni gruppi esponenti di tale movimento ad una brusca virata verso l'utilizzo di sonorità nuove e più sperimentali; i Kreator non sfuggirono a questa sorta di 'purgatorio obbligato' e, dopo aver incominciato a introdurre grosse novità già con Renewale cause For Conflict, nel 1997 diedero alle stampe il discusso Outcast. Dette novità non riguardavano solo lo stile musicale del gruppo di Essen: alla chitarra fu infatti reclutato Tommy Vetterli, ex-Coroner, che porterà con sé qualcosa -forse anche solo il tocco- del caratteristico sound della sua precedente band, nonostante al suo arrivo il songwriting di Outcast fosse quasi del tutto completato. L'inizio lascia abbastanza di sasso. Parte Leave This World Behind e una domanda si fa strada nella nostra mente: è mai possibile che la melodia faccia capolino tra i solchi di un disco del combo teutonico? Con Phobia ritroviamo nelle asce una qualche reminescenza dei vecchi Kreator seppur con gli echi delle grandi innovazioni che il disco reca con sé; la song comunque risulterà immancabile nella setlist dei futuri show dei tedeschi. Uno dei picchi della release è senz'altro Forever, che con le sue vocal malate e i ritmi cadenzati lascia addosso all'ascoltatore come una sensazione di oscura malsanità, precipitandolo in un oblìo allucinato di disperazione che non lascia scampo. L'interpretazione piuttosto melodica e pulita di Petrozza che ascoltiamo nella parte iniziale della successiva Black Sunrise è una rarità che lascia stranito il fan di vecchia data, per poi tornare nel prosieguo della stessa alle più consuete urla notoriamente appartenenti allo stile del frontman. Enemy Unseen ha un attacco inziale che può addirittura ricordare alcuni pezzi dei conterranei Rammstein, mentre la title-track si fa largo nel nostro cervello opprimendolo col suo incedere solenne e maestoso, incutendo al tempo stesso una sorta di timore e soggezione;anche questa traccia rappresenta sicuramente uno degli highlight del disco. In Whatever It May Take il buon Mille ci esorta a non arrenderci alla sua maniera: c'è chi potrebbe obiettare, però, che la voce filtrata con 'effetto robotico' che si sente verso la fine del brano possa lasciare qualcuno piuttosto interdetto, ma questa -unita al ritmo ossessivo della canzone e soprattutto al testo- risulta invece abbastanza consona ed efficace. Alive Again è caratterizzata da un bel riff massiccio così come A Better Tomorrow che, a tratti, risulta addirittura ipnotica. Outcast è caratterizzato da sonorità quasi industrial e dalla penuria degli indemoniati assolo di chitarra che da sempre sono stati il marchio di fabbrica di Petrozza e soci, ma rispetto agli album che lo hanno preceduto si distingue per un sound molto più cupo e atmosfere grevi ed opprimenti. La pesantezza va a discapito della velocità abituale ma la rabbia rimane invariata, solo essa viene espressa in maniera differente rispetto al thrash sparatissimo a cui la band ci aveva abituati. Non v'è dubbio che i Kreator hanno fatto -e faranno anche nel nuovo Millenio- album migliori, ma Outcast resta comunque un esempio di sperimentazione coraggiosa e per niente banale; alcuni episodi di questo platter sono sicuramente degni di grande attenzione pur avendo bisogno di tempo per essere assimilati appieno: del resto a distanza di anni si può affermare che il disco in questione sia più apprezzato oggi rispetto al periodo appena successivo alla sua uscita. C'è chi lo reputa una piccola gemma e chi invece lo ritiene un terribile passo falso: provate ad ascoltarlo con la mente libera da eventuali pregiudizi e decidete autonomamente da che parte stare. Talvolta la verità sta nel mezzo.

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