FISTFUL OF METAL

ANTHRAX [1984], THRASH METAL
La storia del thrash metal trova le sue origini in una manciata di dischi, tuttora considerati delle vere reliquie per gli adepti del filone più corrosivo, eccitante e veloce del pianeta. Il thrash si originò principalmente dall'incrocio di diverse correnti, avvenuto nel Nuovo Continente grazie al prolifico scambio di cassette che i giovani metalhead locali attuavano al fine di colmare la loro insaziabile sete d'acciaio. La melodia e la tecnica dell'heavy metal inglese, certamente, muoveva un ruolo di primissimo piano nella scena di aficionados americana, che però iniziava anche a coltivare una certa attrazione per l'attitudine bastarda e punkeggiante di band come i Motorhead e, ancor più marcatamente, i Venom, inglesi che muovevano le fila del loro black metal pseudosatanico alle spalle del movimento NWOBHM. In America, la miscellanea tra queste diverse smagliature stilistiche, sorse anche in risposta al dilagante fenomeno del glam metal, troppo colorato ed ammiccante per i ragazzini ribelli che chiedevano uno sfogo più irruento per le proprie frustrazioni represse. La rivolta iniziò a muoversi in città come Los Angeles e San Francisco, nella cui Bay Area la scintilla divenne un focolare: inutile ripercorrere per l'ennesima volta una storia conosciuta anche dai muri. A centinaia di chilometri di distanza, però, il thrash metal stava trovando ulteriore terreno fertile. A New York, nel 1981 nascono gli Anthrax, una di quelle band che andrà a costituire l'ossatura dei celebri Big Four of Thrash Metal. Una band che, sin dal primo colpo sferrato, quel Fistful Of Metal che ora andremo a riscoprire, si pone tra i pionieri e gli artefici di un sound fino a quel momento sconosciuto ed estremo. Qualcuno sostiene che la canzone Metal Thrashing Mad, indiscutibilmente un cavallo di battaglia per i thrashers di ogni generazione, sia nata prim'ancora della definizione di 'thrash metal', e che addirittura questa sia derivata dalla canzone stessa per opera di qualche misconosciuto fanzinaro dell'epoca. Fu la Megaforce Records di John Zazula, che di li a poco scoprirà anche i Metallica, a puntare forte sul debut di questi ragazzi, sorti dall'incontro tra i chitarristi Scott Ian e Danny Lilker. proprio con i Metallica, gli Anthrax condivideranno lo studio di registrazione a New York, stringendo un forte legame di amicizia che li porterà a frequentarli e ad aiutarli nei problemi pratici che degli adolescenti possono trovarsi ad affrontare, quando chiamati a registrare un disco dall'altra parte dell'America. Gli Anthrax all'apice della loro violenza e della sporcizia sonora. Il disco d'esordio degli Anthrax esce nel febbraio 1984, dopo due demo e un singolo, con un artwork tremendamente thrash adolescenziale, e con mezz'ora abbondante di durata è già di per sè un classico. La formazione a cinque prevedeva Neil Turbin al microfono, Dan Spitz e Scott Ian alle chitarre, l'ordinato Charlie Benante alla batteria e Danny Lilker al basso. Una ritmica martellante, riff secchi, esplosivi e letali, refrain da delirio inconteniile, da gridare a squarciagola, la voce stridula ma azzeccatissima del bistrattato Neil Turbin: sarà anche un cantante sublime, il suo successore Belladonna, ma per il thrash più incontaminato ed abrasivo la voce di Turbin era nettamente più azzeccata. Sembrerà una bestemmia, eppure è così, perchè dal disco successivo la band newyorkese si eleverà dal rango di comune thrash band ed evolverà il proprio sound in direzione più melodica ed allegrotta, e non è detto che tutti i puristi abbiano gradito questo cambio di rotta. In Fistful of Metal , il thrasher medio può trovare pane per i suoi denti (nonostante la presenza di un paio di pezzi meno isterici, che conferiscono varietà e melodia al full length), a cominciare dalle velocità farneticanti e dal riffing da psicosi; gli acuti di Turbin violentano ulteriormente la soglia di resistenza inibitoria, già scossa dalle fiondate ritmiche e dai letali assalti sferrati dalle chitarre di Dan Spitz e dell'ancor lungocrinito Scott Ian. I nervi restano tesi come una corda per quasi tutta la durata del disco, e nonostante una tecnica ancora perfettibile i ragazzi dimostrano una buona caratura pratica, delineando trame chitarristiche non piatte e sezioni soliste di grandissimo valore melodico, calde e dallo straordinario gusto armonico, probabilmente ancora ispirate alla tradizione della scuola classic heavy europea, ben combinata con la matrice punk del riffing thrash americano. Gli espedienti degli stop'n'go e delle ripartenze fulminanti, in assolo, vengono utilizzati con sapienza e naturalezza, ma quello che piace particolarmente è l'incastro di improvvise parti serratissime in canzoni dalla struttura di per sè non propriamente devastante; il suono appare così già maturo e delineato, ovviamente non ai livelli di un Among The Living ma sicuramente di grande valore storico e artistico. Quanti fans old school avrebbero preferito ascoltare più a lungo gli Anthrax di Fistful Of Metal? Non pochi, a detta di chi scrive, anche se l'evoluzione di Spreading The Disease permetterà al combo americano di elevarsi dalla massa di comuni thrash metal bands, eccitanti ma inammovibili sul medesimo canovaccio stilistico. Quel che è certo è che Fistful of Metal è di gran lunga superiore a tutto quanto fatto in casa Scott Ian a partire da State Of Euphoria in poi, e su questo non ci piove. La tensione balza subito a mille, perchè il pezzo d'apertura è il più devastante di tutti, il migliore del lotto forse: Deathrider piomba sull'ascoltatore con il suo riffone fottutamente thrash, tra urla, ritmica forsennata, velocità allucinante, la voce graffiante terribilmente underground di Neil Turbin ed un assolo squillante, abrasivo. Stop e ripartenze da delirio, dal primo all'ultimo minuto. Il biglietto da visita è, insomma, incoraggiante. Tuttavia, nei due brani successivi -nonstante siano dei veri e propri hit classici della band- sembra si allenti la pressione: Metal Thrashing Mad, a dispetto del titolo e del valore simbolico del pezzo, è esaltante nel refrain vocale e nel riffing, ma ritmicamente non è particolarmente imbizzarrito e definibile propriamente thrash. Stesso discorso, a maggior ragione, va perpetuato per I'm Eighteen, che poi è una cover di Alice Cooper, e come tale affonda le proprie radici nell'hardrock, marcatamente. Si ritorna finalmente a scuotere le teste con Panic, dotata di riffing frenetico, teso e sferrato a velocità elevata. Il pezzo è peraltro arricchito da un guitar solo di grande bellezza melodica, quasi accostabile alla tradizione classica inglese (leggasi: Iron Maiden), anthemico e infarcito di variazioni, scale, tapping. L'efficace guitarwork in fase solista emerge anche in Subjugator, pezzo dal ritmo coinvolgente ma non da pura follia: questo diventa assolutamente splendido quando, poco prima dei tre minuti, la traccia rallenta, quasi si ferma e riparte improvvisamente con un assolo esorbitante, velocissimo, sorretto da una ritmica fasdt'n'furious. Soldiers of Metal è un altro anthem, che si fa gradire sopratutto per la solennità del riffing-base, Death from Above è un'altra corsa avvincente, mentre Anthrax, dal riffing tenebroso, sintetizza l'inconfondibile approccio e il suono stesso della band di cui porta il nome. La breve strumentale Across the River, dalla ritmica prepotentemente thrash, sfocia in un assolo incendiario immediato che riporta ancora alla mente i primissimi Maiden: e anche il pezzo finale, Howling Furies, viene vitalizzato da una sorprendente sezione solista, più che dall'andamento globale dello stesso. Alla fine, il disco si rivela più che ottimo, e un posto nei classici, per valore storico e affettivo, se lo merita eccome. Seminale.

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