KILLING IS MY BUSINESS... AND THE BUSINESS IS GOOD
MEGADETH [1985], THRASH METAL
Metallica, la storia passa sempre da qui. Si perde nella notte dei tempi il diverbio che fece traboccare il vaso tra James Hetfield, Lars Ulrich, da una parte, e il loro chitarrista Dave Mustaine dall'altra. Il bizzoso rosso di La Mesa, pur dando un gran contributo alla nascente causa Metallica, era ormai diventato insopportabile per i suoi compagni: isterico, imprevedibile, destabilizzato da alcool e droghe. Mustaine era un prezzo troppo alto da pagare per la band. Così, dopo l'ennesima bravata, fu allontanato dal gruppo. Fu l'inizio di una rivalità infinita: Mustaine creò i Megadeth, carro armato di metallo che da quel momento ribatterà colpo su colpo le mitragliate dei 'Tallica, ponendosi come altra faccia della stessa medaglia. Non fu facile per Mustaine ricreare la magia del sound del suo ex combo, tanto che l'album di debutto 'Killing Is My Business... And Business Is Good' sembra un tentativo evidente di emulare il celebre 'Kill'Em All'. Il disco si impernia sul medesimo rifferrama thrash, battente e velocissimo; ma, salvo qualche eccezione, si compone di pezzi che restano inferiori alle 10 killer track che splendono nel disco dei rivalissimi. E' fresco e pieno di energia adolescenziale, con tutti i difetti di esperienza che questo comporta, ma proprio questo lo rende più diretto ed epidermico. 'Killing Is My Business..' è bello perché ingenuo e semplice, ma suonato come Bay Area comanda: è un viaggio col piede costantemente sull'acceleratore, esaltante e mai privo della giusta dose di melodia. Il brano migliore, è indubbiamente 'The Mechanix': Mustaine lo scrisse e lo suonò con i Metallica, e ne mantenne i diritti dopo la sua dipartita dalla band; Hetfield e soci ne riscrissero il testo e la rallentarono, intitolandola 'The Four Horsemen' e pubblicandola su 'Kill'Em All'. La canzone si delinea presto su una linea di riff schizofrenici davvero incandescenti, con l'acida voce di Mustaine a rendere il tutto ancora più corrosivo. Nel resto del disco spiccano le lugubri tastiere che aprono 'Last Rites/Loved To Deth' o la controversa 'These Boots', parodia maledetta di un pezzo di Nancy Sinatra. Per il resto, ogni buon thrasher può gustarsi i colpi impazziti della batteria e le ritmiche schizzate che caratterizzano i vari brani, dalla title track a 'Rattlehead'. Nel complesso l'album resta importante, sia per aver segnato la nascita di uno dei pilastri del thrash che per aver contribuito a dare forma e seguito al genere.
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