MASTER OF PUPPETS

METALLICA [1986], THRASH METAL
Il 1986 è l'anno di grazia dell'heavy metal, genere all'apice della sua grandezza. I Metallica, il gruppo più rappresentativo, pubblicano il loro capolavoro, 'Master Of Puppets', regalando al mondo un monumento irreplicabile e immancabile nel cuore e nella collezione di ogni amante della musica rock e metal. E' anche un anno storto, per la band californiana: prima un paio di infortuni al braccio di James Hetfield, quindi la tragica morte dell'indimenticabile bassista Cliff Burton in Danimarca, durante il tour promozionale del disco. Ma i Metallica non sembrano fermarsi davanti a nulla, e così 'Master Of Puppets' passa alla leggenda senza fermarsi dalla storia. Il disco è un'enciclopedia concentrata di metallo rovente, un'opera completa e piena di sfaccettature liriche e musicali. 'Kill'Em All' aveva portato all'estremo il concetto di heavy metal, generando i riff elettrici e le sonorità battenti tipiche del thrash; 'Ride The Lightning' aveva introdotto maggior versatilità e poliedricità alle serrate ritmiche del suo predecessore: 'Master Of Puppets' andava a completare e suggellare l'evoluzione e la maturazione dei Metallica, che superano anche la loro stessa grandezza con otto canzoni assolutamente esaustive, piene, dense di significati, atmosfere, potenza fusa a funerea melodia. Passando dal thrash metal veloce e devastante all'heavy più potente e strutturato, attraverso le sue sfaccettature ora lievi e melodiche ed ora arcigne e trascinate, i Metallica dimostrano al mondo di possedere uno spettro sonoro ormai completo, tecnico e violentissimo. Otto tracce per sbattere in faccia alla gente una triste verità, cioè il controllo psicofisico che il sistema impone sulle persone, otto tracce per passare dalla furia più estrema ['Damage Inc.'] alla melodia più malinconica ['Welcome Home Sanitarium'], otto tracce che si sublimano nella title track. Un pezzo devastante sia per la cattiveria messa in spartito che per l'attacco frontale alla società che ci manovra come burattini. Brano di oltre otto minuti di durata, esprime a pieno il suono del quartetto, accogliendo in una volta e in rapida alternanza tempi veloci di batteria, ritmi sincopati e parentesi melodiche. 'Master of Puppets' denuncia la schiavitù al sistema alla quale tutti siamo sottoposti. La società distrugge i tuoi sogni e promette solo falsità, e in questa canzone i riferimenti alla tossico dipendenza intesa come male da combattere sono palesi: il riff iniziale è sinistro e lascia percepire la galoppata all'inferno che la chitarra di Hammett e le urla di Hetfield stanno per innescare. La canzone spara subito cartucce feroci, prima di lanciarsi in una commovente parte melodica strumentale di livello apocalittico, che tocca addirittura picchi di progressive e scatena le emozioni più profonde ed indescrivibili dell'animo umano. Il pezzo prosegue con un assolo da pelle d'oca, e riparte riservandoci le strofe finali, che con l'incedere diventano sempre più truci, incazzate, potenti. L'album intero è un colossale compendio di heavy metal: James Hetfield e compagni lavorano sodo per ottenere un prodotto del genere, soffermandosi su ogni minimo dettaglio, ogni minimo incrocio di un plettro con una corda, ogni minimale impatto sulla batteria: ogni singola nota è studiata e analizzata con attenzione maniacale. Kirk Hammett lavora alla chitarra con passione e assiduità; Cliff Burton accresce sempre più la sua maestria col basso, mentre Lars Ulrich si dedica con frenesia quasi paranoica alla composizione perfetta delle parti dedicate alla sua batteria. Lo stesso James presenta un cantato più robusto, complesso e profondo. 'Battery' apre il massacro, introdotta quasi soavemente da cinque chitarre acustiche: poi si sguinzaglia in un thrash battente e veloce, incentrata sull'ira che può soffocare e stravolgere un uomo. I riff velenosi, scagliati con rapidità feroce e a rincorsa incessante, sfracellano fin da suubito le remore di chi dubitava del micidiale potenziale offensivo dei Four Horsemen: il drastico assalto ritmico aiuta i profani a ricordarsi come si suona thrash metal. Dopo la title track arriva una marcia funerea e cadenzata, 'The Thing That Should Not Be', che fa riferimento in parallelo alla dipendenza dalla droga e ad un racconto del solito ispiratore Lovercraft. Segue 'Welcome Home Sanitarium', una ballata lenta e malinconica alla Fade To Black, con tanto di finale rabbioso, parla dei tormenti di un uomo rinchiuso in un ospedale psichiatrico, che sogna un'impossibile fuga dal mondo che lo circonda. Le due tracce successive, spesso sottovalutate, sono altri due cazzotti straordinari: nella devastante 'Disposable Heroes', una delle sfuriate più devastanti del lotto, i Metallica narrano le contraddizioni delle guerre, creando l'atmosfera di un campo di battaglia con accelerazioni e cambi di tempo improvvisi; in 'Leper Messiah' attaccano duramente l'usanza americana dei predicatori religiosi, che per i loro spettacolini domenicali intascano offerte generose dai credenti più ingenui, il tutto condito da una crescente combinazione di velocità, melodia e violenza. La superba 'Orion', strumentale scritta da Cliff Burton, è una composizione tecnica articolata in tre parti, con diversi cambi di ritmo, atmosfere epiche e oscure, un sound coinvolgente ed un mirabolante incrocio di riff, rallentamenti ed emozioni. La conclusiva 'Damage Inc.' è una delle mitragliate più cruente, in assoluto, del combo califoniano, una tipica mazzata di incandescente thrash metal. Parla di violenza e distruzione, e di come mafia e criminalità si infiltrino subdole e bastarde ad ogni livello della società. Dopo un inizio con giro di basso armonico, Hetfield sfoga una scarica elettrica di adrenalina a ritmi insostenibili, tra assoli fibrillanti, bordate batteristiche martellanti e riff al vetriolo scoccati a velocità supersonica. E' l'ecatombe finale, che pone la parola fine ad un focolare di metallo che non smetterà mai di ardere in tutta la sua grandiosità!

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