REIGN IN BLOOD
SLAYER [1986], THRASH METAL
Reign In Blood: basta la parola per immergersi nell'aria rarefatta e claustrofobica di un incubo sinistro, presto macchiato da un'agghiacciante pioggia di sangue. Il capolavoro degli Slayer arriva nel 1986, lo stesso anno di Master Of Puppets, dei rivali Metallica: l'heavy metal dunque partorisce in contemporanea gli album massimi della sua storia, prodotti dalle due band che più di tutte avevano generato e influenzato il thrash della Bay Area a inizio anni '80. Quello che avevano creato gli Slayer, con i seminali 'Show No Mercy' ed 'Hell Awaits', aveva di fatto aperto l'estremizzazione più sfrontata del genere. Da qui alla nascita del death metal il passo sarà breve, ma nel frattempo 'Reign In Blood' prepara la leggenda. Nel disco precedente la band aveva toccato degli importanti apici qualitativi, producendo pezzi dalla struttura elaborata e complessa; adesso, con 'Reign In Blood', la band riprendeva quei canoni tecnici velocizzandoli e brutalizzandoli con una perfezione disumana ed una furia cieca, sfornando un disco formalmente diverso ma di ancor superiore fatturato tecnico e sonoro, nel quale i pezzi non erano più lunghi ma anzi molto brevi. Come a voler dimostrare di saper suonare il medesimo thrash complesso e violento con una furia ed una velocità ancor più letale, sintetizzato in schegge brevi e fulminee. I riff massacranti delle asce King-Hanneman triturano ogni ostacolo, le folli ritmiche imposte dal drumwork terremotante di Dave Lombardo rendono esplosivo il disco, il tutto ammorbato dai feroci vocalizzi del cileno Tom Araya. In appena mezz'ora di furia incandescente e sempre con il piede furiosamente schiacciato sul pedale dell'acceleratore vengono concentrati e inaspriti tutti i caratteri tipici del thrash californiano, dai riff spezzati e sparati a velocità folle su ritmiche rapidissime alle drum telluriche incessanti. Tutti i pezzi della scaletta sono dei titani cari ad ogni headbangers, ma quattro in particolare sono le killer track che diventano immediatamente dei classici imprescindibili dell'heavy metal: prima menzione per l'opener 'Angel Of Death', incentrata sulla figura di un folle gerarca nazista: Araya apre con un urlo lancinante, le chitarre disegnano una scorribanda atroce e travolgente nella quale la nevrotica batteria diventa manifestazione della rabbia più infuocata. 'Jesus Saves' è celebre per il suo sinistro rifferrama, 'Postmortem' per la sua cadenza funerea. La quarta gemma, l'apocalisse assoluto e definitivo, è 'Raining Blood', introdotta da tuoni e suoni pluviali. E come le mille gocce di pioggia battono al suolo, così la doppia cassa di Lombardo violenta i timpani dell'ascoltatore. 247 battiti al minuto, una cosa disumana. Il demonio e le tenebre scendono sulla terra e regnano nel sangue, nelle liriche come nell'atmosfera creata dalle note devastanti e dal leggendario riff d'apertura; la velocità serrata e la furia cieca imperversano con una violenza mai udita prima e scatenando il pogo e l'headbanging tra i metalhead all'ascolto, quelli con gli smanicati sdruciti coperti di toppe ed un boccale sempre pieno di birra in mano! Il resto del disco è tutto una furia inaudita, sparata a mille tra cambi di tempo che fanno respirare la Bay Area. Non mancano episodi meno 'tipici', più rallentati, con rovente finale in crescendo, soprattutto nelle ripartenze delle linee vocali ['Altar Of Sacrifice', 'Criminally Insane', 'Aggressive Perfector', le ultime due nella versione rimasterizzata]: in ogni caso, tremendamente efficaci. Capolavoro senza punti deboli, 'Reign In Blood' si erge a simbolo e monumento del metallo più spinto, una scarica adrenalinica capace di scuotere e incendiare come poche.

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