SCREAMING FOR VENGEANCE

JUDAS PRIEST [1982], HEAVY METAL
Signore e signori, ecco a voi l'album che ha reso possibile ai Judas Priest di svettare più in alto dell'Olimpo degli Dei del Metallo; uno dei pochi dischi che a distanza di trent'anni risulta sempre fresco ed originale. Le composizioni di questo disco trasudano fede ed acciaio dal primo all'ultimo minuto, sin dall'introduttiva strumentale 'The Hellion', che ci propone subito il guitar-work della leggendaria coppia Tipton/Downing: la specialità di questo disco e di casa Priest, un equilibrio straordinario tra pesantezza metallica e potenza melodica. La seguente 'Electric Eye' è un poderoso esempio di quanto appena detto. In questo caso è d'obbligo lodare come il massiccio riffing si sposi in modo splendido con la prestazione sopra le righe per espressività e tecnica di Rob 'Metal God' Halford. Il pezzo è uno di quelli immortali, dotato di un riff inconfondibile e degi soliti sprazzi melodici che si intersecano in un arcobaleno esplosivo di rovente heavy metal. Questa song è una esplicita denuncia contro la tecnocrazia, tema molto caro ai Preti di Birmingham. Con un'irruzione devastante delle drums da parte del baffuto Holland, irrompe 'Riding On The Wind': una vera e propria esplosione continua di metallo pesante fuso che fiamma fuori dalle casse e colpisce in faccia l'ascoltatore! Oltre alle tostissime linee di chitarra, anche qui Halford è incotenibile nelle sue performances vocali e firma una della pagine più belle dell'esperienza nei Priest, toccando sempre toni alti in perfetta coerenza con l'infernale guitar-work delle asce duellanti Tipton/Downing: i due 'gemelli' affinano ancora di più il loro stile e le loro fenomenali capacità preludendo a un brillante futuro di grandi successi. Proseguendo troviamo un un'altra pietra miliare di questo disco: 'Bloodstone', in cui il primo ed inimitabile screamer HM ci regala degli acuti spaventosi. Il disco continua con 'Take these Chains' e 'Pain and Pleasure': due canzoni un po' differenti dalle tracks precendenti, ma sempre dotate di quel connubio 'pesantezza & melodia' che costituisce la linea-guida di tutto l'album. Magari tra le due, la prima song qui citata è quella più coinvolgente e interessante nel refrain e per gli assoli, dimostrazione che i Priests non sono bravi solo in velocità. Giunti a questo punto dell'album, sta per incombere un assalto nucleare di Metallo Pesante: l'omonima title-track 'Screaming For Vengeance'. Il Dio Corazzato di Borchie e Pelle usa le corde vocali come artiglieria pesante e colpisce senza pietà, cantando in screaming durante tutta la durata della canzone; si associano a lui i due axe-man, armati di chitarre-squartatrici, formando un trio spaziale. La sezione ritmica è semplicemente devastante e letalmente precisa; la sola 'Screaming For Vengeance' merita l'acquisto dell'album. Meno tirata, meno violenta e più in linea con l'album è 'You've got another thing comin', altro esempio di metallo tipicamente priestiano e, da qui in poi, uno dei cavalli di battaglia degli show di questi pazze, incredibili Leggende dell'Heavy Metal. La coinvolgente ed emozionante 'Fever' si ricollega in parte ai due episodi 'Take these Chains' e 'Pain And Pleasure', anche se questa traccia al contrario delle precedenti partecipa a quel crescendo generale di perizia tecnica e espressività che si nota nell'ascolto dell'album. Si arriva così alla prestazione tecnica da delirio in 'Devil's Child' dove Halford imposta incredibili linee vocali, dominando sulle strane melodie delle chitarre [favoloso l'assolo] fino ad esplodere in una performance da infarto nel secondo refrain della canzone. In conclusione questo è un disco eccezionale, sia per il suo valore storico che per la freschezza e l'originalità delle canzoni; incredibile, vulcanico e assolutamente immancabile a chi vive per l'Heavy Metal oltre che obbligatorio per tutti coloro che vanno pazzi per l'acciaio britannico dei Judas Priest.

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