HEADLESS CROSS
BLACK SABBATH [1989], HEAVY METAL
Headless Cross dei Black Sabbath, registrato nei Soundmill, Woodcray e Amazon Studios nel novembre del 1988, sotto la supervisione di Sean Lynch, fu pubblicato nel 1989. E’ certamente il migliore dei cinque album della band britannica con lo straordinario Tony Martin alla voce. Il sound e le liriche, piene di diavoli, legioni di cavalieri, paura e morte, sono marcatamente epiche come già nel precedente The Eternal Idol. Ciò rappresenta un significativo ed apprezzato cambiamento del genere musicale del gruppo. I primi lavori con Ozzy Osbourne, infatti, sono decisamente doom, mentre quelli del periodo con Ronnie James Dio ricalcano un hard rock che ricorda molto quello proposto dai Rainbow di Ritche Blackmore, band nella quale, peraltro, aveva militato lo stesso Dio. I Black Sabbath con questo disco fanno dimenticare le precedenti deludenti release (Born Again con un improponibile Ian Gillian alla voce e Seventh Star, in realtà progetto solistico di Tony Iommi coadiuvato da Glenn Hughes). L’album si apre con la cupa ed intensa The Gates Of Hell, un breve assolo di tastiere suonato dal session-man Geoff Nichols (ricorda secondo me un po’ il preludio di 2112 dei Rush) che fa da apripista alla title-track vero gioiello dell’intera produzione della band. Pezzo di grande impatto dotato di una sezione ritmica possente e di riffs ispiratissimi che sgorgano dalla chitarra di Tony Iommi. La terza traccia Devil & Daughter si fa notare per l’ottima performance del compianto Cozy Powell alla batteria. When Death Calls è un brano interessante specialmente perché il solo di chitarra è curato dal chitarrista dei Queen, Brian May. Kill In The Spirit World è un altro ottimo pezzo che ha la particolarità di iniziare con una melodia atipica per i Black Sabbath. Call Of The Wind (originariamente chiamato Hero ma modificato perche’ un brano con il titolo uguale era già presente nell’album Rest For The Wicked di, ironia della sorte, Ozzy Osbourne) e Black Moon rappresentano, invece, i punti deboli di questa release: si tratta, infatti, di due pezzi che non incidono più di tanto e scorrono sull’ascoltatore come acqua sul marmo. Bellissima la conclusiva Nightwing, dove Iommi gioca abilmente con due chitarre (acustica ed elettrica), che suggella un album intenso, nel suo complesso di elevato spessore artistico-compositivo, da considerare certamente la release più significativa dei Black Sabbath da Heaven And Hell in poi. Metallized.it
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