FEEL THE FIRE

OVERKILL [1985], THRASH METAL
Gli Overkill nascono nel New Jersey nel 1980, ispirando il proprio moniker all'omonima canzone dei leggendari Motorhead e dedicandosi inizialmente alle cover. Ma il futuro che attende questo manipolo di ragazzini scapestrati è assolutamente stellare, perchè come tutti ben sappiamo li porterà ad innalzarsi sull'Olimpo delle leggende dell'heavy metal. Tutto accade in rapida successione: la line up si assesta, con il muscolosissimo Bobby Ellsworth al microfono, l'eclettico Bobby Gustafson alla chitarra, D.D. Verni al basso e Rat Skates alla batteria. La giovane band aumenta la violenza e la potenza dei suoi primi pezzi inediti, pubblicati in un paio di demos datati 1984 (Power in Black e l'omonimo Overkill), e nel 1985 è pronta per un debutto sontuoso, quel Feel The Fire che aprirà la strada a gemme del calibro di The Years Of Decay e Horrorscope, per una carriera ultratrentennale infarcita di sudore, adrenalina e corrosivo thrash metal a tinte power, merito di un songwriting ricco e ad un'enorme gusto per la melodia e l'evoluzione tecnica dei singoli musicisti. L'album si apre con l'heavy veloce di Raise the Dead, che nel folgorante solo di chitarra si fa ancora più rapido, conferendo un sunto valido di ciò che ci aspetta nel resto dell'opera, incluse le nervose vocals dell'adrenalinico Bobby Ellsworth; con lo scorrere delle tracce la ritmica accelera verso lidi sempre più marcatamente thrasy, incendiando l'istinto da moshpit tra rallentamenti, cambi di di tempo e improvvise ripartenze col piede decisamente schiacciato sul pedale dell'acceleratore. I riffs e la velocità si fanno sempre più serrati e canzoni come There's No Tomorrow vengono approfondite con toni cupi e sinistre parti lente e annichilenti, dalle quali la band riparte a briglie sciolte con fulminanti scatti d'ira e assoli orgasmici. La voce di Ellsworth la fa da autentica protagonista, contornata dai classicissimi riffs 'a rincorsa' partoriti dal thrash metal più isterico e masturbatorio che gli States ci hanno tramandato; tuttavia un ruolo di rilievo enorme è rivestito dalle ipnotiche parti soliste di Bobby Gustafson, a dir poco convulsive, spaziali, prolungate e da delirio immediato. Il groove della title track, con le diversificazioni atmosferiche e l'enfasi teatrale delle vocals, è a dir poco apocalittico: il pezzo è l'emblema della struttura intricata delle canzoni proposte dal four pieces a stelle e strisce, e proprio in Feel The Fire arriva l'ennesimo assolo frastornante, prolungato oltre il linite dell'umana soglia di resistenza, il migliore forse del platter assieme a quello di Second Son. La tendenza al funambolismo spaziale di Gustafson è evidente in tutte le dieci tracce che caratterizzano questo disco leggendario, infarcito di refrain assassini ed ultra esaltanti, progressioni devastanti a velocità incontrollabile, riff apocalittici (Overkill, un titolo a dir poco autocelebrativo!) oltre che di una cover dei Dead Boys, Sonic Reducer, naturalmente dotata di solo chitarristico pazzesco. Da notare il suono molto heavy-power della chitarra, un complemento roccioso all'essenza thrash del combo americano: Gustafson è assolutamente eccelso nel suo agile districarsi tra riffs abrasivi ed assoli fluidi, cristallini, iperveloci, dalla melodia incandescente: il gusto con il quale il fenomenale musicista riesce a impreziosire anche in più frangenti una stessa canzone è assolutamente spettacolare e genera un godimento naturale e continuo. Tuttavia il marchio che rende unici e inconfondibili gli Overkill è la voce nervosa di Ellsworth, a metà tra la teatralità del power metal e l'acidità del thrash più underground, ennesimo elemento che tende a stratificare la profondità e la polivalenza di questa leggenda hard'n'heavy verso una denominazione che non si può limitare all'etichetta riduttiva di banale 'thrash metal'. Il drum di Rat Skates è un potentissimo ed incessante martellamento, che al fianco del lavoro al basso di D.D. Verni va a comporre una sezione ritmica da paura per compattezza e precisione. Disco monumentale, da possedere a tutti i costi: per molti il migliore e il più genuino dell'intera saga targata Overkill. Anche se la varietà dei pezzi abbraccia una vasta gamma di dimensioni, si può ovviamente dire che a prevalere è la classica sfuriata speed/thrash, e difatti Feel The Fire è una mazzata folgorante che schizza via con distruttiva rapidità, un prodotto stellare che rasenta la perfezione nel suo connubio di melodia, cattiveria, potenza, velocità e poliedricità. Rino Gissi, Metallized.it

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