HUMAN
DEATH [DEATH METAL], 1991
I Death. Per molti il punto zero del Death inteso come stile per altri la band del genio Schuldiner, per tutti quelli che a qualsiasi titolo e con qualsiasi inclinazione personale amano il Metal una band storicamente imprescindibile almeno da Scream Bloody Gore in poi. Quanto la morte prematura di Chuck abbia contribuito ad ingigantire la fama della band è difficile dirlo –perché i Death erano Chuck Schuldiner- ed in ogni caso è una componente da tener presente quando si parla della leggenda Death, quello che è certo è che il gruppo si sarebbe comunque assicurato un posto di assoluto rilievo nel panorama musicale estremo e, a mio giudizio, in quello della musica in generale. Le innovazioni apportate dai Death sono state infatti tali da rimanere scolpite indelebilmente nella struttura portante di molti dei generi che oggi sono dati per stilisticamente assestati e definiti, ma che all’epoca di Scream Bloody Gore erano nella migliore delle ipotesi ancora incerti in quanto forse solo abbozzati in forma grezza da Venom, Hellhammer e pochi altri, e trovano probabilmente il loro momento più significativo nel rapporto musica-testi impegnati con il raggiungimento di un equilibrio espressivo pienamente Technical Death con Leprosy prima, Spiritual Healing poi, ed infine con la consacrazione Human, l’oggetto della presente recensione. Nonostante una produzione rivedibile, con particolare riferimento alla resa del basso dell’ottimo Steve DiGiorgio Human è uno di quei dischi che vanno oltre la resa acustica dei pezzi, forti di un’aura di potenza, violenza, carica espressiva, architetture musicali –nella fattispecie inglobando elementi prog, jazzy e non facendo mistero di riferirsi in ultima analisi al Metal classico- testi improntati al sociale che parlavano spesso di droga ed aborto che nel Death non sono certo usuali. Human è un ribollente concentrato di riff precisissimi ed intricati, di attacchi sonori subdolamente portati con tempi dispari, veicolato da lyrics di livello superiore alla media, chitarre ultracompresse e claustrofobiche, aperture insospettabilmente ricercate in rapporto alla malvagità pura che ammanta di una cappa di oscura velenosità un lavoro tanto geometricamente perfetto, quanto magmatico e cangiante nelle emozioni suscitate. Un continuo accelerare al limite massimo per poi sbattere l’ascoltatore in una dimensione destabilizzante con neri controtempi da vertigine, per poi ripartire senza pietà, senza limiti, il tutto giovandosi di una line-up che oltre al suo mentore ed al già citato DiGiorgio, si avvaleva del duo Masvidal/Reinert, successivamente coinvolto nel grandioso progetto Cynic. Non si è ancora citato nessun pezzo? Perché, voi siete in grado di descrivere quale preferite tra la perfezione simmetrica di 'Flattening of Emotions' e quella di 'Togheter as One'? Tra la violenza selvaggia di 'Lack of Comprehension' e la ricercatezza di 'Suicide Machine', quella di 'Secret Face' o di 'Cosmic Sea'? E' un album semplicemente e incontrovertibilmente magnifico in tutto, produzione zoppicante compresa, ed assieme ad alcune prove di Cynic, Atheist e Carcass tanto per fare qualche nome, ha marchiato un’epoca e quelle seguenti. Semplicemente epocale. Da Metallized.it
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