SPIRITUAL HEALING

DEATH [DEATH METAL], 1990
La prima parola che viene da pensare a proposito di quest’album dei Death è 'sottovalutato'. E a pensarci un po’, ne verrebbe in mente anche un’altra, ovvero 'evoluzione'. A molti sfugge l’importanza di questo 'Spiritual Healing'. Ogni gruppo, specialmente se possiede una discografia invidiabilmente estesa, annovera almeno un album che, non si sa perché, richiama meno attenzione o semplicemente viene un po’ accantonato per poi essere dimenticato. Spesso lo si ricorda senza che gli venga riconosciuta la giusta importanza a livello prettamente musicale. Si, perché molte volte è più facile dimenticarsi di album belli che di quelle ciofeche che ci fanno ridere per mesi. Questo è un vero e proprio paradosso. 'Spiritual Healing' venne partorito nel silenzio che seguiva il boato per la pubblicazione di un 'Leprosy' che già mostrava segni di una futura evoluzione o semplicemente di una futura maturazione. Dopo il massacro operato su uno degli album più importanti di tutti i tempi nel campo del death metal, 'Scream Bloody Gore', Chuck Schuldiner decise di dare una svolta al suo progetto. Rick Rozz venne scaricato dal gruppo e al suo posto fu chiamato un certo James Murphy. Il posto da batterista rimase a Bill Andrews, anche se questa militanza non durò molto, estinguendosi lo stesso anno, prima delle registrazioni di Human. Terry Butler si occupò del basso e così il gruppo fu pronto a registrare quest’album, uno Spiritual Healing che servì come solido ponte tra il passato feroce e il futuro proiettato alla sperimentazione e alla tecnica. Le cose stavano cambiando e lo si può già notare dalla copertina, per poi non parlare dei testi. Morte e scheletri non ci vengono più sbattuti in faccia senza troppe preoccupazioni e ad essi subentra una riflessione sulla società moderna, sul crimine, sulle speculazioni e sul potere dei soldi, un concept incentrato su di una decadenza morale, non più fisica. Vengono affrontate così tematiche disparate come l'aborto o persino la predicazione televisiva; e c’è la preoccupazione per una società ormai svuotata da ogni valore e da ogni paura, una società che si lancia in sperimentazioni sugli umani senza preoccuparsi delle conseguenze. Chuck urla i misfatti come a volere denunciare che non è questa la strada giusta da imboccare. La musica segue gli stessi binari a cavallo tra la classica oscurità delle sezioni più doom-oriented e la ferocia d’esecuzione riservata per le veloci partenze. La tecnica dei musicisti qui coinvolti è evidente e lo stesso Chuck mostra di aver fatto passi da gigante con la sua chitarra. Le sue partiture soliste ora sono più pulite nell’esecuzione e si scontrano perfettamente con quelle di un Murphy immortalato ai tempi d’oro. A dire il vero, l’approccio iniziale di Living Monstrosity non mostra segni di cambiamento rispetto al passato. La registrazione è molto simile a quella di Leprosy, ma il tutto risulta notevolmente più pulito. Tuttavia, possiamo già notare che alcune sezioni di chitarra, duetti specialmente, mostrano influenze progressive, con notevoli cambi di tempo. L’intensità è invidiabile, per poi non parlare della facilità di memorizzazione dei pezzi! Essi sono sempre catchy e travolgenti. 'Altering the Future' dà suo contributo alla sperimentazione con partiture sicuramente originali e mai provate dal gruppo prima d’ora. Non mancano le feroci partenze, tuttavia la voglia di cambiamento attecchisce sui riffs creando un perfetto ibrido. Le parti soliste sono più armoniose e melodiche se vogliamo, senza dimenticare che si tratta comunque di un disco death metal. 'Difensive Personalities' è da segnalare per i suoi tempi sì selvaggi, eppure estremamente coinvolgenti. Le parti in mid-tempo ancora una volta mostrano segni di cambiamento perché non più votate a ricreare il marciume degli esordi. Esse danno un tocco tecnico al tutto, grazie a notevoli fraseggi da parte delle chitarre. L’atmosfera, in coincidenza con quelle sezioni, diventa maggiormente oscura e drammatica. Persino la voce di Chuck sembra essere notevolmente maturata del dosare perfettamente la sua potenza ed aggressività. 'Within the Mind' aggiunge nuovi elementi progressive e la sua struttura pare incredibilmente proiettata al futuro stile del gruppo. 'Spiritual Healing' riprende la pesantezza dei dischi passati con un occhio sempre al futuro, specialmente se consideriamo il lavoro svolto dalle chitarre soliste. 'Low Life' è la definitiva conferma che qualcosa stava mutando in fase di songwriting. Le chitarre e i loro fraseggi puntano tutto sull’impronta progressive e l’incedere rimane sempre in bilico tra death metal e sperimentazione. L’andamento trascinato e gli improvvisi up-tempo fanno da contorno alle urla strazianti di un grande Chuck. Con Genetic Reconstruction si tocca un nuovo apice d’intensità poiché se già il riff posto in apertura è da applausi, il refrain è qualcosa da incorniciare. Ancora una volta, come potrete appurare, molte sezioni marcano la trasformazione. A concludere il tutto, troviamo una 'Killing Spree' che non si distacca da tutto ciò che è stato fatto finora, e meno male! Le classiche sfuriate sono sempre bilanciate con la tecnica acquisita e a completare il quadro ci troviamo sempre i melodici rallentamenti. Un approccio tecnico alla ferocia di Leprosy: con questa frase è in parte sintetizzabile l'essenza di questo disco. Tutto su Spiritual Healing trasuda di una voglia di novità, di cambiamento. I Death del 1990 sono un perfetto ibrido tra il recente passato votato all’estremismo e il futuro che riserverà a Chuck tante soddisfazioni. DaRockline.it

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