THE SOUND OF PERSEVERANCE
DEATH [DEATH METAL], 1998
Tra le band madri di quel genere che porta il loro stesso nome, i Death sono stati tra gli alfieri dell'ondata di metal estremo mastodonticamente sviluppatasi negli Stati Uniti di fine anni '80 grazie soprattutto ad acts storici quali Atheist e Cynic, contemporanei alla band capitanata dal leggendario Chuck Schuldiner. 'The Sound Of Perseverance' è stato l'ultimo lavoro prodotto dal gruppo americano e, dopo i grandi capolavori 'Scream Bloody Gore', 'Symbolic' e 'Individual Tought Pattern's, questa finale release rappresenta da una parte l'atto che ufficialmente incorona Schuldiner come padrone assoluto del death tecnico americano, mentre dall'altra l'opera che spaccherà spesso e volentieri il pubblico estremo internazionale. 'The Sound Of Perseverance' è il disco più discusso della carriera dei Death e quello su cui si sono spese più parole: allontanamento dal death delle origini? Avvicinamento al più vasto pubblico hard-heavy metal? Chiusura della parabola o vetta compositiva assoluta? L'ultimo lavoro di Schuldiner ha infiammato la vasta platea metal mondiale per anni, senza aver mai effettivamente trovato un punto di incontro tra i nostalgici del primo periodo e gli ascoltatori più heavy-oriented. The Sound Of Perseverance rimane in ogni caso un mix devastante di death, thrash e di puro heavy metal: con Richard Christy alla batteria e la new entry Shannon Hamm a supportare Chuck alla chitarra, la formazione venne completamente rivoluzionata, altro aspetto che contribuisce ad introdurre il notevole distacco stilistico che separa il disco dai precedenti, immortali capolavori. Anche in questo caso però i grandi gioielli non mancano, ed è per questo che giungere ad una valutazione complessiva di TSOP risulta essere estremamente difficoltoso, soprattutto se si mette il disco in relazione con le vecchie release; ma quando canzoni come 'Scavenger Of Human Sorrow' fanno il loro ingresso sulle scene, tutto per un attimo viene azzerato, annichilito e bruciato dalla furia esecutiva ed atmosferica di cui la musica dei Death è violentemente permeata: sfuriate ritmiche, aperture melodiche da brivido, inabissamenti in un heavy death granitico ma non privo di un certo spiritualismo. 'Bite The Pain' prosegue sulle stesse coordinate, emozionando l'ascoltatore dai suoi primi, decadenti e meravigliosi respiri fino all'agghiacciante conclusione che lascia rotolare un tappeto rosso per l'intro di basso di Scott Clendenin che da il via a 'Spirit Crusher', tra i brani più tecnici e sofisticati del lotto. Sullo stesso stile ci viene presentata la successiva 'Story To Tell', leggeremente sottotono rispetto alle precedenti, al contrario della seguente 'Flesh And The Power It Holds' dove Schuldiner dà il meglio di se, sciorinando stile e ricercatezza armonica sia sotto il profilo compositivo sia sotto quello solistico chitarristico, senza mai far venir meno quell'atmosfera claustrofobica e cupa, violenza sonora al servizio della disperazione più desolante di fronte all'inesorabile squallore dell'essere. Si arriva così all'eterno capolavoro 'Voice Of The Soul,' la testimonianza più toccante, struggente e riflessiva di ciò che i Death ci hanno lasciato con la loro musica: chitarre acustiche ed elettriche si accompagnano in un atmosfera densa e stracolma di malinconia, delineata da melodie dannatamente tristi e decadenti; un capolavoro di riflessione emotiva reso attraverso un gusto compositivo come al solito fine ed equilibrato. Ma è presto per dire che l'aggressività e la violenza più profonde siano già scomparse, perchè 'To Forgive Is To Suffer', tra gli episodi più emozionanti del disco, deve ancora esporre il suo distruttivo repertorio di tecnicismo strumentale, di atmosfere profane e di innalzamenti melodici da infarto [l'assolo centrale di Schuldiner è un qualcosa che spezza in due corpo e spirito], come anche la successiva 'A Moment Of Clarity' che con la solita eleganza alterna rabbia profonda a stacchi melodici di grande impatto. Si giunge così al termine del disco con la cover della storica 'Painkiller'dei Judas Priest, canzone che, coverizzata e idolatrata in tutte le parti del mondo, ha trovato nei Death gli unici e i soli in grado di rielaborarne splendidamente l'atmosfera contorta e granitica. Così si conclude 'The Sound Of Perseverance', l'ultimo agghiacciante urlo di Chuck Schuldiner, l'ultima grande testimonianza del suo genio. Lontano dai precedenti capolavori per stile, organicità e atmosfera, The Sound Of Perseverance è un disco dall'impatto devastante, un disco cui la ricerca melodica non viene più espressa mediante il death tetro e cavernoso di Symbolic e Individual Thought Patterns, bensì attraverso la 'pulita' miscela sonora di riferimenti heavy metal che ne smussano ovviamente la portata atmosferica, arricchendone però l'impatto e il vigore sonoro stesso. All'ascoltatore va il giudizio ultimo riguardo una delle opere più discusse, amate e blasonate del metal estremo: l'unica cosa che resta, al di là del tempo che tristemente scorre, è il ricordo, mai così indelebile e impresso nella mente, di un artista unico e inimitabile che ha fatto la storia di un genere, marchiando a fuoco il cuore di un'intera generazione col suo nome. Addio Chuck.
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