SYMPHONY OF ENCHANTED LANDS

RHAPSODY [SYMPHONIC POWER METAL, 1998]
Dopo l’esorbitante successo riscontrato con il debutto Legendary Tales i nostrani Rhapsody nel 1998 tornano ad allietarci con l’uscita del secondo capitolo della Emerald Sword Saga: Symphony of Enchanted Lands. L’album in questione si distacca leggermente dall’esordio per il maggiore innesto di tastiere e orchestrazioni che tendono ad enfatizzare ancor più il sound pomposo e classicheggiante. La costante presenza di orchestrazioni, come spiegato dallo stesso Turilli, è frutto di una forte ammirazione che il chitarrista triestino nutre nei confronti di Antonio Vivaldi e dei grandi compositori classici in genere. Ciò si manifesta sin dall’intro Epicus Furor giocata su orchestrazioni varie e liriche latine. Già dal preambolo si possono estrapolare i caratteri peculiari del disco che gode di svariate armonie. L’intro lascia la scena a Emerald Sword, vero brano simbolo; veloce ed epico, ma anche un po’ pacchiano per le tematiche estremamente fantasy, si espone come il cavallo di battaglia della band. Proposto in giro per il mondo, si consolida sia per la struttura, sia per il chorus dalle sfumature epiche e trascinanti, come il pezzo più rappresentativo della band. Simile nell’armatura alla precedente Wisdom of The Kings si propone come un altro classico della band. Il duetto indimenticabile lascia spazio a Heroes Of The Lost Valley, elegante e prezioso intermezzo dall’animo ricco di orchestrazioni rinascimentali. La seguente Eternal Glory, districandosi tra le onnipresenti orchestrazioni, riesce a perfezionarsi in un brano tirato ed epico dall’atmosfera solenne. Va annoverato di diritto tra le migliori del lotto. Una piccola postilla: la canzone era già inserita nel demo che i triestini rilasciarono prima del debutto. Beyond The Gates of Infinity è un brano abbastanza complesso, le chitarre si fanno più taglienti e solo la dolce voce di Lione stempera l’atmosfera che suona più ribelle rispetto al resto del disco. Il chorus è l’apice della traccia che si avvinghia a cori e orchestrazioni brillanti. Un occhio di riguardo spetta all’assolo di Turilli nel finale. Wings of Destiny spezza il ritmo e il singer Lione si trascina in un cantato sensibile e melanconico per un brano dai contorni delicati e quasi tormentati. The Dark Tower of Abyss è l’estratto con la più alta percentuale di orchestrazioni. Dalla forma non chiaramente definita presenta una struttura altalenante che va a riordinarsi nel chorus pregno di epica teatrale, per poi articolarsi nuovamente tra assoli sbrogliati e solite evoluzioni sinfoniche. Esecuzione magistrale. Con Riding The Winds Of Eternity si torna ai ritmi frenetici delle cavalcate in apertura con l’aggiunta di uno strepitoso lavoro di tastiere da parte di Staropoli. La traccia ridonda di passaggi che trapelano emozioni fiabesche. Un album dai profili talmente fantasiosi ed epici non poteva che concludersi con la regale Symphony of Enchanted Lands. Temprata suite di tredici minuti in cui si fossilizzano le molteplici forme dell’album. Un brano di altissima qualità che amalgama la vanità della musica classica all’aggressività dell’Heavy Metal. Il successo mediatico di quest’album risulterà determinante per l’avvenire e per la carriera dei friulani che troveranno d’ora in avanti la strada sgombra di ostacoli. A voi la scelta di avventurarvi nelle Terre Incantate e lasciarsi sfiorare dai leggiadri venti di innovazione che soffiano in questa opera.

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