HEARTWORK

CARCASS [1993, TECHNICAL DEATH METAL]
Quello che i maestri del grindcore [prima] e del death metal [in seguito] Carcass sfornano nel 1993 è un album che si può tranquillamente mettere tra le dieci releases più importanti in ambito metal degli anni novanta. Questo disco è stato la via d'accesso per il death melodico e tutto il filone swedish death venutosi a creare negli ultimi anni. Riavvolgiamo i fili della storia: i temibili extreme metallers britannici, già autori di album progenitori del grind più schizofrenico ed efferato quali 'Reek Of Putrefaction' [lavoro seminale, penalizzato da una delle peggiori produzioni mai realizzate, almeno in ambito metal, comunque di forte impatto storico] e 'Symphonies Of Sickness' [che prosegue sulla falsariga del debut, migliorandone i principali difetti, compresa la produzione] avevano fatto il salto di qualità con 'Necroticism', album simbolo del death/grind a sfondo gore, è il più criptico e complesso della band, caratterizzato da brani molto lunghi e complessi. Le songs sono tutte dei classici del sempre grande four-pieces, e la grande differenza tra questo lavoro e i due precedenti della band è l'entrata in line-up di Michael Ammott, mostro della sei corde, che mostra già in quest'album le sue capacità. Terminata questa mini bio del gruppo, passiamo all'album protagonista di questa recensione, ovvero 'Heartwork', l'apice compositivo della band. In quel periodo la Earache, label con cui il gruppo aveva un contratto, si era unita alla Sony, label molto più importante. I gruppi che avevano un contratto con la Earache non persero l'occasione e cercarono di sfornare dei lavori mettendoci tutto il loro impegno, ma facendoli risultare anche più accessibili. Questo è capitato ai Carcass, che, con un connubio perfetto, intelligente e mai scontato tra melodia e sfuriate tipicamente death, hanno segnato un'epoca. L'album è caratterizzato da songs più semplici strutturalmente parlando rispetto a 'Necroticism', più d'impatto, tutte autentici capolavori. L'opener 'Buried Dreams' ci fa subito capire che strada hanno intrapreso questi ragazzi, che si dimostrano più tecnicamente preparati, soprattutto Ammott, autore di un guitar-work stupefacente: il suo solo in questa canzone è il migliore dell'album. Dicevamo, la strada intrapresa dalla band include anche un cambio radicale nel songwriting: si passa da testi puramente splatter a temi più profondi, vari, mantenendo comunque intatta la vena ironica tipica della band. La traccia seguente, 'Carnal Forge', si presenta come la più potente dell'album, caratterizzata da riff monolitici basati sul frequente uso del Mi basso. Il suo solo è bellissimo quanto veloce e potente. 'No Love Lost', traccia numero tre, scelta come singolo assieme alla title-track, è forse la meno interessante del lotto: ciò non toglie che sia una grande canzone, che farebbe il ruolo di miglior track in un qualsiasi album di death odierno. Semplicemente perfetta, invece, la titletrack: potente, veloce, aggressiva, melodica. La canzone migliore dell'album assieme ad 'Arbeicht Macht Fleisch', pezzo tiratissimo da headbanging disinibito. Si passa dunque ad 'Embodiment', roccioso mid tempo caratterizzato da un riff ritmicissimo in pieno Steer style. Schiacciando il pulsante 'forward' ci imbattiamo in 'This Mortal Coil', la più death dell'album, velocissima e molto legata alle uscite discografiche precedenti del combo inglese.'Blind Bleeding The Blind' è altra song di altissimo livello; 'Doctrinal Expletives' esibisce un drumming furioso da parte di Owen, mentre 'Death Certificate' è la perla finale, stupenda, il cui riff iniziale è stato copiato da moltissimi altri gruppi. Il lavoro svolto dai nostri è eccezionale: Jeff si rende autore di una prova vocale molto incisiva e aggressiva, pur se meno estrema che in passato; il suo lavoro di basso ricalca le linee di chitarra, ma si rivela molto puntuale e preciso. Se Steer è il compositore principale della band -una macchina da riff impeccabile: il suo stile è trascinante e d'impatto- Ammott è il fuoriclasse solista dell'act britannico, sovrumano: i suoi solos innalzano il voto generale dell'album in maniera evidente; il drumming di Owen non è tra i più tecnici mai sentiti su disco, ma le basi di batteria sono sempre azzeccatissime. Quest'album è una vera e propria gemma, capolavoro assoluto del death metal: è qui che ha inizio il percorso storico del death melodico e dalle sonorità tipicamente scandinave che tanto hanno preso il trend in questi anni.

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