SWANSONG

CARCASS [1996], MELODIC DEATH METAL
Ultimo album in studio per il leggendario combo inglese, questo 'Swansong' chiude in maniera sorprendente una brillante carriera. Una carriera contraddistinta da una progressiva evoluzione che ha portato il gruppo dal più spietato grindcore ad un death metal tanto cattivo quanto ragionato e tecnicamente avanzato. Quest'ultimo album invece esce segna un ulteriore passo avanti fuori dal contesto al quale i Carcass sono solitamente associati e, per quanto di per sè sia avvincente e sopraffino, forse fece storcere il naso ai fans più efferati degli albori. La produzione è in tutto e per tutto simile a quella del precedente 'Heartwork', anche se sicuramente maggiori sono le rifiniture, e nel complesso sentiamo un album dai suoni e dall'esecuzione impeccabile. I Carcass ci avevano abituati già da due album ad una tecnica degna di nota, quindi il punto non risiede di certo in questo; anche perchè la tecnica, quando non è fine a sè stessa, non può che arricchire qualunque tipo di produzione. Ma già ad un primo ascolto si nota come i Carcass abbiano definitivamente abbandonato qualunque apertura a ritmi tirati: le canzoni poggiano tutte su ritmiche se non lente comunque moderate, che poco hanno a che fare con ciò a cui eravamo abituati. Scordatevi pezzi simili a 'Heartwork' o 'Death Certificate', giusto per fare due esempi recenti rispetto a 'Swansong'; la furia death metal è stata sostituita da una predisposizione più heavy. Lo stesso riffing ha perso di consistenza e non gioca più su strutture d'impatto, ma piuttosto su arrangiamenti 'morbidi'. In tutto questo le vocals non hanno subito modifiche rispetto all'immediato passato: quanto ne risulta è quello che molti, a ragione, hanno definito come death'n'roll il nuovo stile proposto. L'esempio più lampante è 'Generation Hexed', che si appoggia su un riffing che di death metal non ha assolutamente nulla, mentre si avvicina inevitabilmente a una sorta di rock. Oppure si senta il ritornello di 'Keep On Rotting In The Free World': se non fosse per il cantato tipico di Jeff Walker, verrebbe da canticchiarlo per la strada dopo un paio di ascolti. Tutto ciò che aveva caratterizzato i Carcass fino ad 'Heartwork' resta in parte [qualche accenno, per esempio, compare in 'Don't Believe A Word']. Qualsiasi fan dei Carcass deve conoscere questo disco, ma con la consapevolezza che qui la band ha svoltato verso lidi fortemente melodici. Chi invece con il combo inglese non ha mai voluto aver a che fare ha qui un'occasione per avvicinarvisi.

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