GOTHIC METAL

Potrei compilare il mio report molto scolasticamente, indicando quelle che a mio parere sono state le uscite migliori e peggiori dell'annata metallica che ci stiamo lasciando alle spalle, ma ciò non renderebbe giustizia alla musica ed in particolare al genere. Il Gothic non è un genere per tutti e non basta neanche esserne appassionati; bisogna accoglierlo dentro di sé solo nei momenti giusti, quando si è sicuri di poterne godere appieno. E' una musica che per essere approcciata richiede infatti una mente, ma soprattutto un cuore, aperti: i paesaggi tenebrosi e le tematiche depressive che la contraddistinguono accompagnano l'ascoltatore attraverso un processo intimista e spirituale in grado di curare le ferite della propria anima. Il valore di un disco gothic deriva dal feeling che stringe con l'ascoltatore. Proprio per questo mi risulta difficile indicare la bontà più o meno superiore di un'uscita rispetto ad un'altra. Vi chiedo perciò di non prendere come verità assolute molti dei miei giudizi, questa vuole essere una guida per incuriosirvi e, perché no, spingervi ad approfondire. Quel che è certo è che di buchi nell'acqua evidenti ce ne sono stati eccome nel corso del 2008: dischi che, cioè, hanno completamente sottovalutato la componente fondamentale di cui sopra in favore di aperture smaccatamente commerciali sia nel sound che nell'immagine stessa del gruppo. Lacrimas Profundere, Embellish, Flowing Tears - per citarne alcuni - sono tutti ottimi esempi di questo trend, che tra l'altro starà sicuramente allargando la fan base dei sopraccitati gruppi (grazie a legioni di ragazzine sospiranti), ma che non sta facendo altro che screditare il genere. In realtà tutto ciò sarebbe ancora accettabile, dopotutto il profumo dei soldi produce del marcio in qualsiasi ambito, se non fosse per la cosa che veramente più mi preoccupa di questa annata, cioé il generale appiattimento del livello qualitativo delle uscite, anche di nomi blasonati. Prendete per esempio Night Eternal, prima vera uscita importante dell'anno, a firma Moonspell: è indubbiamente un bel disco, carico del tipico alone sulfureo e sensuale che ce li ha fatti amare, ma che difficilmente tra qualche tempo ricorderemo come tassello fondamentale della loro discografia. In questo senso potrei citare anche i Tiamat con il loro tanto atteso ritorno Amanethes, i Poisonblack dell'ex sentenziato Lahiala con A dead heavy day, gli Swallow the sun con Plague of butterflies: tutti platter dall'indubbio valore artistico e stilistico ma che di certo non lasceranno il segno. Forse è solo colpa di noi fan che vogliamo sempre di più dai nostri beniamini, ma l'impressione è che tutti questi gruppi si siano limitati a svolgere, seppur egregiamente, il loro compito e niente più. Veniamo ora alle note positive. Tra le uscite passate un po' in sordina vorrei ricordare i Before the dawn che, lasciatisi alle spalle lo scialbo Deadlight, con Soundscape of silence hanno dato vita ad un lavoro vario ed intelligente - figlio del death melodico svedese ma aperto a pesanti incursioni goth - che convince grazie alla capacità di amalgamare influenze diverse. Un ritorno sicuramente vincente è stato quello dei portoghesi Heavenwood: in barba ai tempi che corrono, con Redemption ci hanno regalato un tuffo direttamente nel magico sound dei nineties. Graditissimo è stato anche il “comeback” dei Cranes: con il loro omonimo album il gruppo di Portsmouth ci ha ricordato cosa voglia dire fare dell'ottima musica dark, eterea e glaciale, in contesti - quelli del dream pop - forse alieni alla maggior parte dei gothster più incalliti (dopotutto il gothic non è certo nato con i chitarroni heavy!). Tra i dischi a mio parere meglio riusciti, sotto tutti i punti di vista, sono in due a contendersi la corona: da una parte abbiamo i Klimt1918 di Just in case we'll never meet again, un disco in cui, abbandonate quasi completamente le velleità metalliche, il gruppo romano dipinge scenari favolosamente malinconici e decadenti nei quali perdersi è una gioia per lo spirito. E' un platter che cattura completamente dopo parecchi ascolti, io stesso inizialmente stavo per accantonarlo come peggiore episodio della loro discografia ma mi sono dovuto ricredere. Fidatevi, concedetegli svariate chance, sarà in grado di rapire anche voi. Dall'altra parte abbiamo invece Sanatorium Altrosa di Anna/Varney Cantodea e del suo progetto, ormai leggendario, Sopor Aeternus: la loro proposta consta di musica classica, barocca, medievale, persino elettronica ma sempre e inesorabilmente improntata all'umore più nero che possa esistere. Tentare di descriverli sarebbe impossibile, vanno vissuti: quella dei Sopor è infatti un'esperienza fatta non solo di musica ma anche di immagini ed iconografie decisamente sui generis. In ultimo ho volutamente lasciato i due dischi che, per ragioni diverse, hanno diviso l'audience “meritandosi” da una parte feroci critiche e dall'altra svariate approvazioni: sto parlando di Anima Noir dei Theatres Des Vampires e di Hindsight degli Anathema. Per quanto riguarda i vampiri la pietra dello scandalo è stata una decisa virata del sound verso lidi molto più elettronici mentre gli Anathema sono stati a più riprese accusati di aver prodotto un inutile best of mascherato da raffinato progetto semiacustico. Sarò ripetitivo ma per me questi due platter trasudano emozione e feeling a non finire e ciò basta e avanza: poco importa se uno suona più tastieristico oppure se quell'altro è stato fatto per onorare impegni discografici, l'emozione in un pezzo è tutto.

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