POWER METAL

Fin da bambini siamo stati abituati a ad essere valutati. La scuola, eccezion fatta per l’asilo, è una continua espressione di giudizi sul nostro “operato”. Così dovrebbe all’Università e così dovrebbe essere, ma spesso non lo è, negli ambienti lavorativi. Siamo cresciuti in una società apparentemente meritocratica. Si potrebbe allargare il raggio d’azione alla semplice scelta di un film, di un libro, di una maglia: insomma quel semplice “mi piace”, “non mi piace” col quale ci confrontiamo quotidianamente e che inevitabilmente ci porta a scegliere, a selezionare quello che a nostro giudizio è “migliore” o “peggiore”. Ed è proprio questa l’umile pretesa di questo altrettanto umile articolo. Poche righe per cercar d’essere una piccola guida all’acquisto delle migliori uscite Power del 2008. Iniziamo dalle sorprese. Senza ombra di dubbio i Saint Deamon con In Shadows Lost From The Brave hanno registrato un disco moderno e vincente dove la freschezza delle canzoni è l’arma vincente. Composizioni brevi che lasciano il segno senza stancare; pezzi che fanno centro al primo ascolto. Davvero un gran debutto! Altra opera prima che si è affacciata quest’ anno sul vasto panorama power è Captain Morgan’s Revenge degli Alestorm. Pur non spiccando per innovazione stilistica, l’album coinvolge, eccome se coinvolge. Sarete catapultati su un galeone di pirati ubriachi e puzzolenti che saccheggiano in giro per i sette mari! Una bomba di power/folk aggressivo ed accattivante. Se fino ad ora abbiamo premiato delle “new entry” nell’Olimpower metal, adesso è arrivato il momento di tributare il giusto plauso all’ alunno modello della classe, che da anni sforna dischi che sono sempre sinonimo di qualità. Parlo ovviamente di Tobias Sammet. Il genietto tedesco ha dato vita, nell’arco di pochi mesi, al terzo capitolo di Avantasia, The Scarecrow, e al nuovo album degli Edguy, Tinnitus Sanctus, per i quali una citazione era almeno doverosa. Inoltre, l’infaticabile Tobias ha messo in piedi un tour fantastico con Jorn Lande e André Matos. Rimpiangerò per sempre di non aver visto questo “tris d’assi” dal vivo: l’occasione era davvero ghiotta. È proprio di un altro veterano come André Matos che dobbiamo parlare ora. Il suo Time To Be Free brilla come una stella nel cielo sereno di una sera di (mezza) estate. L’album è davvero gradevole: ascoltare la voce di Matos è sempre un’emozione indescrivibile; un puntino tanto luminoso quanto lontano, proprio come una stella. Irraggiungibile. Altri scolaretti di tutto rispetto sono i Divinefire, che ci hanno salutato in grande stile dando alle stampe il loro ultimo disco, Farewell. Un concentrato di classico power cesellato con stile e maturità. Un canto del cigno che qualsiasi amante del power non può ignorare. Molto bene si sono comportati i Serenity con Fallen Sanctuary, disco ben congegnato, in bilico tra un power sinfonico e, allo stesso tempo, aggressivo. Grazie alla loro release possiamo dire di non aver sentito, nel 2008, la mancanza di gruppi come Kamelot e Sonata Arctica. Raccolgono lo scettro del power moderno i Firewind, che con The Premonition vanno idealmente a collocarsi sul trono che era stato per qualche anno dei Masterplan. Il disco scorre via su standard di qualità notevoli; poi il cantante, Apollo Papathanasio ha un qualcosa nella voce che mi ricorda l’onnipotente Ronnie James Dio. Per l’album migliore dell’anno non bisogna andare tanto lontano, perché è stato geograficamente partorito negli italici confini; precisamente in Piemonte, ad Alessandria. Il miglior album power dell’anno è (…rullo di tamburi…) Sweet Blood Theory dei Secret Sphere. Il concept - basato sul racconto The Vampyre (1819) di Polidori, ed ispirato ai film di Tim Burton e alle musiche di Danny Elfman - è un album in cui c’è praticamente tutto: melodia, potenza, aggressività e senso della canzone; il tutto orchestrato con la solita classe dei sei piemontesi. Dalle suggestioni elettroniche della tastiera a quelle dei bizzarri arrangiamenti orchestrali, passando per sfumature gotiche, sferzate power e delicatissime ed eteree atmosfere, questo disco sarà in grado di soddisfare ogni tipo di palato. Ne ha proprio per tutti i gusti. Acquisto obbligato per gli amanti del power a tuttotondo. Il peggio dell’anno è rappresentato da tutti quei gruppi che da anni continuano a proporci una squallida minestra riscaldata, e ahimé sono un bel po’, anzi, decisamente troppi. Impossibile, ed anche inutile citarli tutti, perciò ne ho scelto uno come emblema di ciò che non andrebbe mai fatto nel power odierno. I Revolution Renaissance di New Era, fulgido e lapalissiano esempio di quanto sia meglio stare zitti se non si ha nulla di veramente nuovo da dire. Tirando le somme, mi sento di poter dire che il 2008 sia stato un buon anno per il Power. Non ci sono stati capolavori in senso assoluto, però gli album sopra citati sono la dimostrazione che il movimento esiste ancora. Il 2009 ci riserverà le stesse soddisfazioni? Chi vivrà vedrà...

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