BORN AGAIN
BLACK SABBATH [1983], HARDROCK
Black Sabbath in crisi e rivolta:l’abbandono della coppia Dio/Appice in seguito alla disputa per il disco Live Evil ha portato il mastermind dei Black Sabbath ad interrogarsi sul futuro della band e che direzione seguire. Senza il motore ritmico [e con Geezer Butler all’ultima prova in studio con i Sabbaath prima degli anni 90] e, soprattutto, senza il vocalist che aveva portato i Black Sabbath al di fuori della secca creativa della fine degli anni ’70 i quattro inglesi erano l’equivalente di una grandissima armata senza le armi. La soluzione ritmica viene trovata nel rientrante Bill Ward, ma è il singer il vero problema e questo viene risolto facendo ubriacare fino all’incoscienza Ian Gillan dei Deep Purple e mettendolo sotto contratto. Questa, che poteva essere considerata la formazione del secolo [le capacità di screamer di Gillan unite alle tonalità plumbee di Iommi&Co], si presenta come uno dei più grossi fallimenti umani prima che musicali. L’incompatibilità fra due personalità forti come Iommi e Gillan ha causato più di una scintilla e il susseguente tour ha portato in giro un carrozzone spettacolare ma totalmente impraticabile. Ma parliamo del disco. Introdotto al pubblico da una cover art totalmente discutibile, rappresentante un bambino posseduto, che ha causato diverse polemiche sia per la mancanza di originalità sia per i colori shocking, Born Again ha un mixing a dir poco stravagante: sound cavernoso [basso iper-presente] e privo della usuale dinamica, il risultato è qualcosa di sporco, brutale, pericoloso e spesso non propriamente un piacere da ascoltare. Il disco parte subito aggressivo, con una graffiante Thrashed, resoconto di una nottata di bisbocce, per poi rallentare subito con il primo dei due filler strumentali, Stonehange. Disturbing The Priest è altrettanto graffiante e spaventosa [si senta la folle introduzione e il riffing spezzettato e molto moderno per i tempi], ma possiede una buona dose di melodia al suo interno. Il secondo filler, The Dark, lancia La canzone del disco: Zero The Hero. Traccia pesante, cadenzata, in costante monolitico mid-tempo e con Gillan che cantilena le strofe per poi finire nell’anthemico chorus. Il riff è muscolare e anche se il mixing tarpa leggermente le ali alla canzone, non ha minimamente minato la presa di questa sequenza di note. Gillan canta come sa fare, con meno urla e melodie che caratterizzeranno le sue produzioni con i Deep Purple, ma la commistione Iommi-Gillan non funziona a pieno regime. Il cantante sembra sempre un elemento estraneo. La seconda meta del disco invece parte con la ficcante Digital Bitch. La maestosa e melodica Born Again, apre il trittico finale, e le sue melodie sono quanto di più piacevole ascoltato in questo disco. La groovy Hot Line fa da pista di lancio per l’heavy-blues di Keep It Warm, in cui Gillan dispiega ottime melodie vocali su una base, a dir il vero, alquanto discreta. Born Again è l’ultimo disco con Gillan alla voce, testimonianza di un incontro/scontro fra due delle formazioni principe della stagione d’oro dell’hard rock britannico. Da questo momento in avanti Ian ritornerà in seno ai suoi Deep Purple e i Sabbath perdono leggermente la bussola con una serie di musicisti a contratto e il solo Iommi a tenere le redini del gruppo. Blackbloodysabbath.it
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