IMAGINATIONS FROM THE OTHER SIDES
BLIND GUARDIAN [1995], POWER METAL
Anno di grazia 1995; i Blind Guardian stavano facendo parlare gli appassionati del power metal già da diversi anni, avendo ormai sul groppone la bellezza di 5 album, l'uno il giusto sviluppo e progresso del precedente, un crescendo di idee innovative e di tecnica musicale pura. 'Battalions of Fear', 'Follow the Blind', 'Tales from the Twilight World', 'Somewhere far Beyond', oltre al live 'Tokyo Tales' erano serviti ad imporre al mondo un modo nuovo di concepire la musica, cementando uno zoccolo duro di fans affezionati come forse mai era accaduto, spaziando non solo tra i puri seguaci della musica metal ma anche tra tutti coloro che amavano un determinato mondo fantasy a livello artistico, letterario, culturale. I tempi della trilogia del 'Signore degli Anelli', de 'Le Cronache di Narnja' e dei tanti altri film in grado di portare, grazie alle tecniche cinematrografiche più avanzate, milioni di persone nelle sale cinematografiche erano ancora lontani, eppure i Blind Guardian riuscirono a far divenire protagonista della loro musica questo mondo. E lo fecero in modo assolutamente innovativo, cercando cioè di creare con le loro composizioni, e non soltanto con i testi, un'atmosfera il più possibile legata e riconducibile a quell'universo magico fatto di elfi, condottieri, cavalieri, ma soprattutto di onore, battaglie e mondi ancestrali popolati dalle più svariate creature. Il tutto senza cadere nel banale e nel ridicolo. Tutto questo preambolo per descrivere in che clima di attesa uscì, nel 1995, la pietra miliare del power metal targato Blind Guardian, uno di quei dieci dischi che bisogna avere per potersi definire veri amanti non solo del genere power, ma del metal e forse della musica in generale. E' un album molto più complesso dei precedenti, più melodico e moderno, con un sound estremamente 'corposo'. Con un solo balzo, grazie a nove tracce prive di ogni sbavatura e ognuna con una storia a sè pur essendo legate tutte da alcune caratteristiche peculiari, i Guardian raggiunsero in vetta all'ipotetica piramide del mondo power metal i compatrioti Helloween e Gamma Ray, per costituire un trittico che rese grande un genere fino ad allora non ancora consolidato tra i puristi dell'heavy metal. Che Hansi Kursch sia uno dei più grandi innovatori della scena metal è ormai una certezza: il singer non si limita, come molti colleghi power, a raggiungere vette improponibili con la voce, ma gioca con le corde vocali e gli intrecci con splendidi cori che ancora oggi fanno scuola per creare sonorità in perfetta sintonia con il brano, dal cantato aggressivo e oscuro al picco clean di altissima tonalità. Il tutto ben coaudivato da una produzione splendida, puntuale e presente [quella di Flemming Rasmussen agli Sweet Silence Studios di Copenaghen, Danimarca] e da tre compagni di viaggio che con i rispettivi strumenti sanno prendersi il giusto spazio e mostrare le proprie qualità, senza però mai risultare fuori posto o troppo invadenti. Rispetto ai dischi precedenti, i Blind Guardian mantengono la compattezza tellurica del sound ma sfoderano una serie di tracce più ricche di cambi di tempo e ritornelli in chorus, cimentandosi solo in alcune porzioni strutturali nei celebri attacchi frontali a briglia sciolta da orgasmo immediato: i pezzi sono più complessi e ragionati, il coinvolgimento cresce passo dopo passo e non esplode immediato, se non dinnanzi a certi riff stratosferici; le chitarre colmano la sete di acciaio con folgoranti assoli ultramelodici a perdifiato, immancabili corse in full immersion nell'armonia sonora fluida e travolgente tipica del power e, ancor prima, dell'heavy metal levigato anni or sono alla scuola degli Iron Maiden. Il sound concepito dai Bardi è stratificato e polidimensionale, poggia su intricatetrame sulle sei corde supportate da cambi di tempo imprevedibili, variazioni d'atmosfera completate da tastiere e chitarre acustiche, varie sonorità mescolate in maniera splendida e omogenea anche nell'arco della stessa traccia: così facendo, i tedeschi danno luce ad una vera opera di Heavy Metal potente, roccioso ma raffinato e suonato con una perizia tecnica magistrale. I riferimenti al mondo fantasy sono tanti e variegati, sintomo di profonda passione e conoscenza di tale letteratura da parte del buon Hansi, e variano tra Il mago di Oz, Peter Pan, Il signore degli anelli, Alice nel paese delle meraviglie, La spada nella roccia, Le cronache di Narnia e il Ciclo Bretone di Terence Hanbury White. Si parte con il botto, la title track 'Imaginations From the Other Side', che apre il disco con un alito di vento burrascoso e un tocco di tastiere cadenzato su batteria pesante e triste, che sarà una delle due campane su cui si giocherà il brano, sempre presente sul ritornello, cui si interporrà uno speed indiavolato, in cui la voce passa da dolce e pulita ad aggressiva e altissima, accompagnata come per tutta la durata del disco dagli immancabili cori di supporto. Un capolavoro del power, che trasuda epicità da ogni singola nota. Importante rimarcare l'utilizzo di sinth ed effetti in tutto l'album, un utilizzo che diverrà poi regola per molte band che a tale genere si dedicano ma fino ad allora scelta criticata poichè accusata di voler coprire i reali valori dei musicisti. 'I'm Alive' trae spunto da 'Il Ciclo di Death Gate' e presenta una struttura assolutamente più riconducibile al power teutonico, con velocità formidabile [ottimo il lavoro di tutta la band], sorprendendo l'ascoltatore soprattutto per uno stacco con cambio di tempo e timbro di voce a metà della song, ma proseguendo per il resto con brevissime pause al suono di chitarra acustica e la struttura rapidissima ma mai caotica descritta in precedenza, concludendosi su un ottimo 'asfalto' di batteria al grido' I'm Alive!'. La grandezza dell'album e di questa band si misura però non solo nello speed, ma anche e soprattutto nei lenti e nelle ballad, e 'A Past And Future Secret' lo dimostra in tutta la sua interezza. Non la classica scontata song lenta di rottura ma un brano in cui si immagina un discorso di Merlino sulla morte di Artù e sui suoi possibili sbocchi per il futuro, con l'uso solo di chitarre acustiche, sorrette ottimamente da strumenti classici e tastiere, e da un drumming improntato al tamburo da battaglia, con meravigliosi echi medievaleggianti. Dopo aver rifiatato ci si riprende dalla commozione con una scarica di adrenalina, scandita naturalmente dalla potenza devastante e teutonica della sezione batteristica, puntuale e rocciosa come poche: 'The Script For My Requiem' è la folle ricerca del Sacro Graal da parte di Lancillotto, e si trascina ad una velocità notevole fino al ritornello, in cui i cori sorreggono un cantato più cadenzato per poi rituffarsi nel vortice della velocità. Ancora una volta corposo e portentoso il lavoro del drummer, cos' come l'alternanza di ritmi, che rendono tutti i brani lunghi ma assolutamente godibili e attraenti fino alla fine. 'Mordred's Song' tratta di Mordred, un personaggio leggendario della Britannia, conosciuto all'interno del ciclo arturiano come il traditore che combatté Re Artù nella Battaglia di Camlann, dove egli fu ucciso ed Artù ferito gravemente. E' song che gioca su un intreccio di chitarra acustica e elettrica, creando maestosità in un clima quasi di malinconia, a voler rimarcare i tratti della storia del protagonista, spesso associato alla vicenda incestuosa tra Artù e Morgana quale figlio illegittimo del grande re. Pura scuola teutonica nel velocissimo brano 'Born In A Mourning Hall', brano sul fanatismo religioso, spesso definito come unico momento più accostabile ad un power consueto e dunque un po' meno fuori dalle righe. Qualità della musica sempre altissima, giocata tra cambi di ritmo e velocità. Splendido in questo senso l'assolo finale di chitarra. L'ultimo trittico si apre con 'Bright Eyes', uno dei punti più alti di tutta la carriera dei Guardian, con un ritmo più blando nella sua velocità, giocato su cori perfetti, dopo un inizio in cui la voce è comprimaria su un suono di chitarra elettrica che precipita l'ascoltatore nella disperazione, davvero tangibile, del protagonista, ancora una volta Mordred, che ragiona sull'odio provato per Artù, suo padre, e Morgana, per averlo messo al mondo e non riconosciuto poichè frutto di un amore proibito. Il brano presenta un lavoro incredibile sul cantato, che cambia decine di volte tonalità: sospirato, dolce, aggressivo. Che classe e che idee! Mai canzoni avevano caratterizzato una vicenda in maniera così nitida. Si torna a caratteri religiosi importanti su 'Another Holy War ', splendida song che narra della vita di Gesù Cristo: brano velocissimo e altamente adrenalinico, in cui poco presenti sono le tastiere e in cui le tonalità di voce tornano a livelli siderali, per un brano in cui le reali protagoniste sono le spaziali parti di chitarra e batteria. E si finisce con 'And The Story Ends', brano che al contrario del titolo prende spunto da La Storia Infinita, e che si gioca su un coro sempre presente, vagheggiante e alienante, che si sviluppa dopo un breve intro di batteria cavalleresca, che lascia poi spazio alle guitars, per quello che si può definire il finale più adatto per un capolavoro che chiunque dovrebbe potersi regalare ogni qual volta si voglia della buona musica, senza distinzione di genere o sottogenere. I Blind Guardian confezionarono nove perle di infinita bellezza creando uno di quei rarissimi dischi in cui ogni brano è all'altezza e merita attenzione e ascolto. Un capolavoro, e attenzione perchè di recensioni che finiscono in questo modo se ne vedono davvero pochissime, e un motivo ci sarà. da Heavymetal.it
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