TRIUMPH OR AGONY

RHAPSODY of FIRE [SYMPHONIC POWER METAL, 2006]
Tornano, dopo un solo anno dalla pubblicazione di ‘Live In Canada 2005: The Dark Secret’, i Rhapsody o meglio, ‘Rhapsody Of Fire’. A causa, infatti, di problemi relativi al copyright del nome ‘Rhapsody’, recentemente rivendicato dagli americani ‘The Rhapsody’, i nostri sono stati costretti a modificare leggermente il loro monicker. Tutto ciò non ha però intaccato minimamente il sound della band, ora più che mai dedita a quel ‘film score metal’ che da tempo li caratterizza. Il nuovo ‘Thriumph Or Agony’ è, di fatto, il lavoro più epico composto dal five piece capeggiato dalla coppia Turilli-Staropoli, nonché secondo capitolo della ‘Dark Secret Saga’, iniziata col precedente ‘Symphony of Enchanted Lands Pt II’. Ancora una volta il disco è stato prodotto proprio dai due guru della band, come sempre affiancati dall’onnipresente producer Sascha Paeth. I risultati di questa collaborazione ormai pluriennale, vengono esaltati al massimo dalla presenza di un’orchestra ed un coro per un totale di 70 elementi. Sebbene ‘Triumph Or Agony’ contenga tutte le caratteristiche tipiche delle produzioni recenti, si nota uno spostamento verso composizioni più lente e operistiche e trovano in esse minor spazio le sfuriate di doppia cassa tipiche del passato. Apre il disco un'intro sinfonica, prima dolce e poi progressivamente sempre più intensa, preludio alla successiva titletrack, traccia stilisticamente distante dalle bordate power solitamente poste in apertura, ma articolata, con cori da paura e un ritornello potente e maestoso. Con la successiva ‘Heart Of The Darklands’ la band fa un piccolo passo indietro verso il periodo dei primi due dischi. Il pezzo, sempre sostenuto da imponenti orchestrazioni, si mantiene su coordinate canoniche e tipiche del power-prog degli esordi. Buona anche se non certo innovativa l’apertura melodica del chorus, in cui risalta la voce potente e allo stesso tempo cristallina di Lione. ‘Old Age Of Wonders’ è il primo lento del disco ed è inoltre uno dei momenti meglio riusciti dello stesso, frutto anche dell’inserimento di vocals femminili a livello del ritornello e dell’ottima interpretazione di Fabio. Il vocalist raggiunge però il massimo dell’espressività nella ballata ‘Il Canto Del Vento’, totalmente in italiano e non a caso tutta farina del suo sacco. Il risultato è ottimo e la prova del singer è da pelle d’oca, non resta che sperare di poterla apprezzare pienamente in sede live. Ottima, forse la migliore del lotto, ‘Silent Dream’, un mid tempo molto diretto con ritornellone in crescendo orecchiabilissimo. Un altro potenziale caposaldo nelle future esibizioni on stage. La durata media dei pezzi si assesta intorno ai 4-5 minuti, le composizioni sono quindi più corte e snelle rispetto al precedente album in studio ed anche i tecnicismi chitarristici e tastieristici trovano molto meno spazio. Verrebbe da chiedersi: e la mega suite finale? Niente paura, eccola qua con i suoi 16,26 minuti di durata e suddivisa in ben cinque parti. Ad aprire questo lungo episodio un bell’arpeggio che, affiancato da archi e flauti, lascia presto la scena ad un riff in pieno Manowar style, adornato da cori ed orchestrazioni. La traccia prosegue con un bel chorus ed accelerazioni improvvise, contrapposte a parti più lente e narrate nelle quali fa capolino ancora una volta Christopher Lee (in arte Saruman de ‘Il Signore Degli Anelli’). In definitiva, siamo di fronte ad un buonissimo disco, tecnicamente ineccepibile, in linea con le migliori uscite della band e contenente diversi brani candidati a diventare dei classici. La copertina è realizzata da Jeff Easley ed è, come al solito, molto bella ed adatta alla proposta musicale. Resta solo il rammarico della quasi totale assenza di elementi innovativi e la convinzione che i Rhapsody Of Fire potrebbero, a questo punto della loro carriera, osare un po’ di più senza comunque snaturare il loro ormai inconfondibile sound. Da Metalitalia.com

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