Death. La più grande heavy metal band sorta dalla seconda metà degli anni Ottanta ad oggi, il più grande chitarrista e compositore della storia hard'n'heavy. La leggenda che si inchina alla storia, la perfezione che si imprime nei solchi di sette album disumani per potenza, tecnica, sagacia, melodia. Un'escalation zeppa di intoppi e controversie, un'avventura nel quale Chuck Schuldiner si era guadagnato un sacco di detrattori, che lo avevano pugnalato alle spalle, ma sopratutto un pubblico di fans che lo veneravano e lo amavano oltre misura. per la sua classe, il suo stile, la sua sensibilità. Eppure proprio la morte, Death, era dietro l'angolo, pronta a spegnere la più luiminosa delle comete che ha attraversato il cosmo metallico dell'ultima era. I Death sono senza alcun dubbio uno dei nomi più importanti e prestigiosi del metal estremo e non. Formati nel 1983 da Chuck Shuldiner, chitarrista e cantante, esordiscono giovanissimi nel 1987 con ‘Scream Bloody Gore’, uno dei primi esempi di quella che si definisce scuola death metal floridiana: atmosfere claustrofobiche, ritmiche thrashy devastanti, un muro infernale di devastazione sonora, urla sfiancanti, death grezzo ed ignorante nella sua forma seminale. Appena un anno dopo esce ‘Leprosy’, che continua sulla scia della brutalità del suo predecessore, pur avvalendosi di una produzione migliore, suoni più curati ed una eprizia stilistica già più marcata. Durante gli anni a venire la formazione subisce molti cambi e stravolgimenti, dando segno di come Shuldiner fosse leader assoluto della band. Nei Death si sono dunque visti musicisti dal grande talento, come James Murphy, Sean Reinert, Andy La Roque, Gene Hoglan, Steve Di Giorgio e Richard Christy. I primi segnali di variazione stilistica si ebbero nel 1990, con 'Spiritual Healing', disco nel quale le melodie, i riff e gli assoli, unitamente ai refrain vocali più catchy -pur contraddistinti ancora dal growling roccioso di sempre- portano la musica dei Death ad un livello superiore e più ricercato, capace di distinguersi e brillare rispetto alla gran parte di death metal bands. L’estro di Shuldiner ha condotto la band ad una evoluzione costante, cui è seguito un aumento di qualità spaventoso da ‘Human’ in avanti. Il death metal degli esordi è divenuto con il tempo più tecnico, curato e meno ignorante, riuscendo nella non sempre facile impresa di coniugare la perizia strumentale con la potenza e l’aggressività. 'Human', pubblicato nel 1991, è il disco più potente e violento di quelli già raffinati tecnicamente, un poderoso concentrato di riff stridenti apocalittici, ritmiche thrash dall'impatto devastante, assoli contorcenti dalla melodia sopraffina e letale, refrain vocali trascinanti nonostante la loro feroce timbrica growl. Sullo stesso livello si stabilizza il successivo 'Individual Tough Patterns', altrettanto spettacolare nel suo rasentare la perfezione stilistica, splendidamente a metà tra una violenza sonora distruttiva ed una ricercatezza melodica sopraffina, che nei guitar solos di Schuldiner tocca apici da delirio. L'evoluzione dei Death non si fossilizza e tocca in 'Symbolic', del 1995, un passaggio più melodico e ancor più curato. In dischi come 'Individual Tough Patterns' o 'Symbolic' è tangibile tutta la crudezza sonora, lirica e atmosferica abbinata ad un sound durissimo ma venato da una melodia annichilente. Uno degli aspetti più affascinanti è la passione che colpisce Shuldiner per tematiche filosofiche ed impegnate, che riguardano la vita di tutti i giorni e la sofferenza umana. Queste hanno un toccante riflesso nella musica e nei testi del gruppo americano, rendendo i lavori successivi dei capolavori di inestimabile fascino. ‘The Sound Of Perseverance’ è l’ultimo dei grandi dischi targati Death, apice di un'evoluzione sonora straripante che ha forgiato una sorta di death progressivo da pelle d'oca: in questo disco la svolta è ancor più evidente, perchè lo stile della band attinge a piene mani dall'heavy classico innervandolo di riff e melodie tipicamente di estrazione death. Anche il cantato di Schuldiner cambia, abbandonando il consueto growling a favore dello screaming. Nel 1999 esce ‘The Fragile Art Of Existence’, progetto parallelo di Chuck, con il monicker di Control Denied, con un approccio più classico, distanziandosi ulteriormente dal death degli esordi. Poco dopo purtroppo gli viene diagnosticato un tumore al cervello e da lì inizia una lunga battaglia contro questa malattia. La tenacia, la passione per la musica e la vita di Chuck si spengono però il 13 Dicembre del 2001. La morte di Shuldiner è uno shock terribile, la sua scomparsa segna la fine dei Death e la perdita di una persona eccezionale, nonché artista di immenso valore. Sempre nel 2001 vengono rilasciati due live, testimonianze dell’abilità on stage della band.
BIO: CHUCK SCHULDINER.
DEATH: LA STORIA
Come l’alito di un vento che spegne la fiamma, come la notte che scaccia la luce, come un fulmine che squarcia i nostri cieli, così la Morte s’erge a summa delle nostre esistenze, spettro eterno da temere e fuggire, specchio riflesso dei nostri dolori e dei nostri tormenti. Cingendo la falce con avido sadismo, la bieca Mietitrice accompagna passo dopo passo, indistintamente, i cammini dei buoni e dei malvagi, dei ricchi e dei poveri, dei falsi e degli onesti, trapassando con identica e perversa cronicità le carni di ognuno, senza alcuno sconto o privilegio. La vita della famiglia Schuldiner cambiò drasticamente e violentemente in un maledetto giorno del 1976, quando il primogenito Frank, di soli sedici anni, perse la vita in un terribile incidente stradale: uno strazio per tutti, ed in particolare per il minore dei tre figlioletti, Charles Michael, affettuosamente chiamato Chuck, che al tempo aveva sette anni ed era profondamente legato al suo fratellone. Gli occhi gonfi di quel bambino, le lacrime copiose che rigavano la pelle morbida del suo volto e le urla di dolore che gli fecero vedere così presto l’orrore della vita ne segnarono in maniera perenne il cuoricino, ponendo le basi di tutto quello che in seguito sarà creato dalla sua fervida genialità. Si presterà alla storia come il Creatore del death metal, riempirà le esistenze di intere generazioni di metal kids disagiati, con i suoi testi ed il suo chitarrismo torrenziale, dividerà critica e stampa nascondendo sotto un carisma da leader la fragilità e la sensibilità del suo ego; semplicemente, rivoluzionerà a sua immagine e somiglianza la musica metal estrema a cavallo tra gli anni ottanta e la decade successiva. La famiglia, composta da due insegnanti di origine ebrea da poco trasferitisi ad Altamonte Springs, un sobborgo di Orlando [Florida], aveva lasciato New York andando incontro ad un destino tremendo. Invano si cercò di confortare la piccola Bethann e, soprattutto, il piccolo Chuck: la perdita di Frank sembrava incolmabile, e solo in parte si riuscì ad arginarlo regalando al bimbo una chitarra, come ricorderà in seguito proprio mamma Jane: 'Chuck e Frank erano molto legati e per lui fu un colpo tremendo. Mio marito Malcom ed io gli regalammo una chitarra acustica e gli pagammo delle lezioni con un insegnante, nella speranza di distrarlo dalla tragedia. Con la chitarra fu amore a prima vista: dal primo giorno in cui ne ha imbracciata una, non l’ha più lasciata. Da quel momento in poi si esercitò giorno e notte, imparando tutto da solo. Possiamo tranquillamente dire che fu autodidatta. Io e suo padre fummo anche severi con lui, gli spiegammo che prima sarebbero venuti gli studi, poi la chitarra, ma non ci fu nulla da fare. Parlammo allora con gli insegnanti e capimmo che Chuck faceva sul serio, per cui decidemmo che aveva diritto di perseguire i suoi sogni. Non aveva ancora diciott’anni quando gli demmo un ultimatum: avrebbe cercato di ottenere un contratto con un’etichetta discografica entro un anno e, se in quel lasso di tempo non l’avesse ottenuto, sarebbe tornato a scuola e avrebbe terminato gli studi. Un anno dopo aveva firmato un contratto e da lì non si fermò più’. Il ragazzo aveva le idee chiare: prese un paio di lezioni di chitarra, ma si rifiutò di proseguire perché già allora rifiutava qualsiasi forma di nozione, classificazione, imposizione. Preferiva imparare da solo, il giovane Chuck, che non riusciva a riproporre i riff degli Exciter e decise allora di scriverne di suoi, creandosi tutta una serie di accordi, metodologie, sonorità. Proprio grazie ad Heavy Metal Maniac della speed band canadese si avvicinò alla musica dura ed iniziò a maturare quella passione per l’estremo, che lo porterà alla furia di band come Venom e Slayer. Quasi un esorcismo nei confronti degli spettri che lo avevano tormentato, quasi una sfida alla morte attraverso quei suoni veementi e quei testi oltraggiosi, per sfogare una rabbia ed un disgusto latente nei confronti del destino a cui siamo sottoposti. Il ragazzo si chiuse in garage, da solo, a provare e riprovare le sue scale e i suoi accordi, mentre i coetanei godevano sulla propria pelle il sole della Florida: un’altra scelta di vita che denota immediatamente uno spirito tranquillo, solitario, lontano dagli eccessi e dallo stile di vita seguito dalla massa. Un metallaro emarginato, solo con i suoi pensieri, le sue sofferenze, le sue riflessioni, che non si è mai stancato di tributare il giusto riconoscimento alla musica che è diventata prestissimo la sua vita: 'Ero e rimango un defender of the faith; i dischi dei Maiden e dei Priest non hanno eguali ed hanno segnato un’epoca. Hanno cambiato il corso della musica, e senza di loro non solo non esisterebbero i Death, ma centinaia di altri gruppi in circolazione. Insieme a Malmsteen ed Eddie Van Halen, Dave Murray e Adrian Smith sono i miei idoli. Quando sono cresciuto nei primi anni ottanta era normale comprare album degli Iron Maiden e dei Queensryche, ma anche degli Slayer, dei Metallica, tutta quella roba.. Show No Mercy, Kill'Em All, The Number Of The Beast. E' ciò da cui proviene tutta la mia ispirazione. Non uno specifico album, non una specifica band o uno stile particolare, ma proprio tutti i musicisti e gli stili. Il gusto melodico, l'intensità di Kill'Em All. Quando quest'album é uscito, era QUESTO. Allo stesso modo Show No Mercy, semplicemente non avrebbe potuto essere più veloce in quel momento. Nessuno avrebbe potuto immaginare ciò che sarebbe stato. Tutto questo è così entusiasmante. In quel periodo sono usciti alcuni dei più grandi album di musica melodica mai pubblicati: The Number of The Beast, Iron Maiden, poco dopo Piece Of Mind. Solo pietre miliari, roba incredibile'. Eppure venne un giorno in cui la solitudine ed i riff ripetuti in cantina non bastavano più: la sete di mostrare al mondo l’impeto e la prestanza che bruciava su quelle sei corde era diventata ormai sufficiente per decidere di fondare una band. Dopo una ricerca insistita, Chuck arruolò il chitarrista Frederik 'Rozz' De Lillo e il batterista Barney 'Kam' Lee, con i quali compose il primo nucleo dei Mantas, un evidente tributo agli stessi Venom, e non solo nella musica scarna, caotica, virulenta, ma nel moniker stesso, ispirato dallo pseudonimo dell’ascia del combo britannico, alias Jeff Dunn. L’intenzione, però, era diametralmente opposta rispetto all’idea di una coverband: mai e poi mai Chuck Schuldiner si sarebbe limitato ad essere un clone, e difatti iniziò da subito a scrivere musica propria e da alcune studio session nacquero i primi cinque pezzi; questi vennero rozzamente incisi in un demo denominato Death by Metal, che a conti fatti è la prima traccia concreta di un genere feroce e che sarebbe stato ribattezzato in seguito proprio death metal. Fu il garage di casa Schuldiner ad ospitare lo storico recording, dal quale uscì un dischetto successivamente spedito persino oltreoceano, al fine di far conoscere a quante più persone possibile il progetto di rabbia che covava nella mente e nel cuore di un giovane chitarrista ferito a morte. Feroce, pesante, primordiale e scarna, la musica dei Mantas poggiava sul growling vocale del batterista-cantante Kam Lee, inaudito per l’epoca, e sembrava voler abbattere ogni barriera per spingersi laddove nessuno dei più malsani musicisti thrash metal si era mai spinto. Il demo, dotato di una qualità audio assolutamente scadente, conteneva pezzi come la titletrack, Mantas, l’opener Legion of Doom, Power of Darkness [cantata da Chuck] e una versione primordiale di Evil Dead, che comparirà, in seguito, rivisitata e più curata, nel debut dei Death. “Evil” è anche il nickname con il quale molti iniziano a chiamare Chuck, per la sua indole seriosa, il suo distacco sprezzante verso la gente e la società, che lo faceva sembrare quasi un ragazzo cattivo, mentre nel più profondo della sua anima pulsavano emozioni forti ed una sensibilità spiccata. Il primo agosto 1984 fu una data da segnare in rosso per il ragazzo: i Mantas, infatti, debuttarono davanti ad un pubblico, con tanto di colore nero attorno agli occhi e sangue finto colato sui volti. Tuttavia il demo non riscosse il successo sperato e la formazione continuò a sguazzare nell’anonimato, come ricorderà in seguito proprio Chuck: 'La situazione locale era quasi impossibile. Un sacco di gente ci guardava dall'alto in basso, abbiamo ricevuto un sacco di merda dalle band della scena locale. Tutte le band provenienti da Orlando pensavano che fossimo merda pura, perché eravamo molto rumorosi allora, ma stavamo mettendo in piedi un death metal molto brutale, ed era troppo presto perché la gente lo comprendesse. Sarò il primo ad ammettere che alcuni dei nostri primi nastri non erano troppo buoni, ma non siamo mai stati una band di puro rumore, anche se la qualità sonora di alcune registrazioni potrebbe suggerire il contrario. Ripensandoci ora, credo che la maggior parte dei demo rilasciati negli anni faccia abbastanza schifo, ma nel momento in cui uscirono erano esattamente quello che i ragazzi volevano sentire'. Anche a causa di insanabili frizioni interne, i Mantas furono sciolti da Schuldiner a metà 1984, anche se il ragazzo non perse certo la grande ambizione di suonare più veloce e pesante di chiunque altro: in sé covava già le idee che avrebbero portato alla nascita di una band come i Death e il suo desiderio più grande era quello di volare in California: da San Francisco, infatti, giungevano voci di una scena fervente e di un movimento estremo del tutto rivoluzionario e il chitarrista sapeva bene che laggiù avrebbe avuto più possibilità di quante ne assicurasse la Florida in quel momento. Attendendo spasmodicamente il diciottesimo compleanno, dunque, il ragazzo ricucì i rapporti con Kam Lee e Rick Rozz e li trascinò nel retrobottega di un negozio di dischi per la registrazione del primo demo a nome Death, intitolato Reign of Terror: il propretario del negozio possedeva degli apparecchi per l’incisione di alcuni nastri e con cinque ore di lavoro e ottanta dollari i tre giovani realizzarono alle meno peggio sei tracce brutali e caotiche, dai titoli eloquenti [tra gli altri, Corpsegrinder, Witch of Hell, Slaughterhouse], che iniziarono a far girare il nuovo moniker nel circuito locale. Con grande orgoglio di Schuldiner, la band fu invitata a supportare i Nasty Savage nella data live del 30 ottobre al Ruby’s Pub di Tampa: rispolverando le vecchie Mantas ed Evil Dead e sferrando nuove brucianti cartucce come Beyhond the Unholy Grave, i tre giovani musicisti crearono scompiglio tra i presenti e il tutto fu immortalato in un nastro intitolato Live at Ruby’s Pub, che a detta di Chuck superava di gran lunga i demo precedenti. Simbolica fu la scelta di concludere lo show con la traccia Death by Metal, una dichiarazione di militanza che contribuirà a creare una nomenclatura per il genere intero. Quando capitò l’occasione di registrare in maniera più evoluta tre nuove canzoni, Chuck non si tirò indietro, nonostante sapesse che sarebbe stata l’ultima tetimonianza di quella line-up: dopo l’incisione del demo Infernal Death [che conteneva la traccia omonima, Arch Angel e la pseudo-satanica Baptized in Blood], infatti, il ragazzo chiamò un bassista del Michigan, Scott Carlson, a sostituire Rozz; il nuovo entrato, che aveva colpito Chuck con un nastro da lui stesso inviatogli, portò con se Matt Olivo, il chitarrista della sua band, i Genocide, perché era ormai diventata cosa normale dotarsi di due asce gemelle. La fusione tra Death e Genocide si compì così dopo ventiquattr’ore di guida verso la Florida da parte dei neo arruolati e fu santificata dalle prime prove in un garage umido e infuocato dalla canicola, nel quale i giovani musicisti provarono le canzoni dei Death senza mai averle sentite prima! Chuck, Scott e Matt legarono presto e divennero buoni amici, spesso ospitati dalla dolcissima madre di Schuldiner, che preparava la cena per tutti ogni sera: i genitori di Chuck non gli hanno fatto mai mancare nulla e nonostante ciò il ragazzo si era trovato un piccolo impiego in un fast-food per mantenersi la strumentazione. Eppure le cose sarebbero andate bene solo per poco tempo: Kam Lee attraversava un periodo di problemi personali ed entrò in conflitto con i compagni, che cementavano il rapporto tra loro e quasi lo esclusero, portandolo fuori dalla band: sostituirlo si rivelò impresa improba e, rassegnati, i due ragazzi del Michigan tornarono a casa, piantando in asso il povero Chuck col compito di ripartire da zero. La rassegnazione non era contemplata, però, dal giovane musicista: compiuti i diciott’anni partì alla volta della California, destinazione San Francisco, dove conobbe il batterista Eric Brecht [già nei DRI] e lo convinse ad unirsi al suo progetto; la ricerca stilistica era ora virata sulla pura velocità. Inizialmente trovarono un bassista, anch’egli chiamato Eric [resta sconosciuto il cognome], con cui fu registrato un demo di sette tracce, Back from the Dead: al fianco dei classici più efferati e consolidati, spiccava la brutale Mutilation, dal testo veramente violento e shockante. In quel periodo, Schuldiner si avvicinava per la prima volta al microfono, adottando uno stile vocale cavernicolo ed estremo. Migliorava inoltre la sua tecnica musicale, ispirata da musicisti come Kerry King, Mille Petrozza e Tom Warrior. Era il periodo d’oro del thrash ed anche il chitarrismo di Schuldiner si gettava in furibondi assoli al fulmicotone, imbizzarriti e devastanti, anche se non sarebbe stata la tendenza imperante per quello che egli stesso stava modellando come sound base dei suoi Death: ben presto, dopo un paio di date live registrate al Ruthie Inn [tra ottobre e novembre 1985], il ragazzo capì che la velocità fine a sé stessa non faceva per la sua band e, parimenti al declino imminente della scena, decise di tornare sui suoi passi. Per la sua creatura bramava un sound sicuramente veemente e assassino, ma modulato in composizioni più elaborate e ricche di cambi di tempo e cadenzamenti inscalfibili, più pesanti e marmorei delle limitate scorribande della Bay Area.
Decise dunque di accettare l’offerta dei canadesi Slaughter, che gli avevano telefonato affascinati dai suoi demo, e si trasferì a Toronto, dove la band stava registrando il debut Strappado, una sorta di thrash death scarno e ignorante. Era il gennaio 1986 e fu, a detta dello stesso Chuck, un grande errore: non si adattò mai, soffriva la scarsa dedizione al lavoro dei suoi nuovi compagni, le temperature rigide dell’inverno canadese, la mancanza di una minima progressione tecnica e la possibilità di creare qualcosa di proprio. Le telefonate di depressione al vecchio amico Olivo e i presunti messaggi vessatori dei suoi amici agli altri membri degli Slaughter [accusati senza mezzi termini di fare schifo e di non valere quanto Chuck] fecero il resto: dopo sole due settimane, il ragazzo tornò in Florida e quindi a Frisco, dove conobbe Chris Reifert, un batterista che aveva già registrato qualcosa a livello amatoriale con i Guillotine e gli Holocaust; egli aveva conosciuto i Death acquistandone i demo in un negozio di dischi e aveva ricevuto il numero di Chuck da un amico. Leggenda narra che riuscì a contattarlo poco prima che questi si recasse in una stazione radio per pubblicare un annuncio. L’incontro fu la svolta definitiva: i due ragazzi strinsero un’amicizia fortissima e, sotto forma di duo, registrarono il demo Mutilation, che attirò le attenzioni della Combat Records: appena diciannovenne, Schuldiner firmava un contratto di cinque anni, che lo ripagava di tantissimi sacrifici e significava la realizzazione del suo primo obiettivo. Il demo era il migliore tra tutti quelli prodotti fino a quel momento: vedeva lo stesso chitarrista impegnato anche col basso e conteneva la traccia omonima, Land of No Return e l’inquietante Zombie Ritual, ammorbata da un riffing catacombale e da un testo infarcito di cadaveri, macabri stupri a confine tra horror e gore ed efferatezze assortite. Era la canzone migliore mai scritta dai tempi dei Mantas e avrebbe dovuto anche essere la titletrack del nuovo disco, per il quale Chuck iniziò presto a scrivere nuovi brani. Successivamente preferì un più attraente Scream Bloody Gore, ma sempre mantenendo i piedi saldi per terra: sapeva che un album d’esordio non poteva contenere errori di sorta. Durante questa esperienza californiana, i due conobbero i ragazzi dei Sadus, una band estrema molto affine alla loro musica e con loro strinsero un’altra bella amicizia; in particolare fu il bassista Steve Di Giorgio a lasciare un segno importante, tanto che sarà egli stesso una colonna fondamentale dei Death diversi anni dopo. Il suo ricordo dell’incontro con colui che stava per diventare il padrino del death metal è significativo: 'Aveva la nostra età, noi avevamo appena terminato il liceo, per cui avevamo molto tempo libero durante il giorno. Abbiamo fatto un giro e parlato molto con Chuck, gli abbiamo chiesto dove fosse la sua band, e lui disse: 'Oh, saranno fuori da scuola tra un paio d'ore'. Rimanemmo stupiti: 'Scuola? Porca puttana! Questi ragazzi sono giovani'. Ci fece ascoltare il demo Mutilation: cazzo, non potevamo crederci. 'Questi ragazzi sono brutali!' ci dicemmo. La sua 'band' arrivò poco dopo. Era solo Chris. Come è possibile che suonino così, due soli ragazzi? Andammo a casa di Chris e ci sedemmo ai bordi del muro. Chuck suonava la chitarra attraverso un amplificatore, Chris era seduto alla batteria: suonarono un sacco di canzoni. Fummo spazzati via. Abbiamo pensato che non conoscevamo molte altre band della zona, siamo sempre stati da soli, ed ecco ora un paio di ragazzi della nostra età suonare il nostro tipo di musica. Così, abbiamo iniziato a frequentarci. Andavamo a bere una birra a volte, o a fare escursioni su una montagna. Una volta ogni tanto ci suonavamo insieme. Questo è fondamentalmente come ci siamo incontrati'. Il senso di unione tra le due band era forte, tuttavia l’entusiasmo e l’inesperienza portarono non pochi intoppi. Per esempio, i due adolescenti tornarono in Florida e registrarono alla bene e meglio le dieci tracce, composte velocemente da Schuldiner, inviandole alla Combat in forma non certo soddisfacente: difatti, la label rispedì il lavoro al mittente e chiese un record più professionale. Fu dunque doveroso un nuovo ritorno in California ed una nuova registrazione, al Grinder Music e questa volta sarà quella definitiva. Intanto i Death, ancora alla ricerca di un bassista e di un secondo chitarrista, si imbatterono in John Hand, che militerà nella band per un periodo limitatissimo ma sufficiente ad ottenere una foto sul retro copertina del debut, pur senza mai aver inciso nemmeno mezza nota per un album dei Death. L’imminente pubblicazione del tanto sospirato Scream Bloody Gore stava per segnare un momento storico come pochi altri dischi hanno saputo sancire. Eppure Chuck Schuldiner non era mai stato uno che si adagiava sugli allori e ben presto avrebbe nuovamente rigirato come un calzino la propria esistenza.
Rino Gissi, Metallized.it